Signorini a Riomaggiore

Signorini a Riomaggiore Signorini a Riomaggiore Davvero ci par di vederli, nel vivo racconto che rimpianto di tempi e d'affetti fa anche più caldo, quei tre glovinottl entusiastici che dal sommo del monte s'affacciano sul mare abbagliante di sole estivo — un libero mare, finalmente, un aperto selvaggio mare profondissimo, mugghiante. « Sotto a noi, a milleduegento metri, a' piedi del monte che scendeva a picco nel mare, la punta del Cavo; di lai movendo a ponente verso Genova, la punta del Mesco; e in questa vasta insenatura, in cinque piccoli, golfi, cinque paesi, le Cinque Terre. Sotto ai nostri piedi, come una polvere bianchiccia tra 11 verde delle vigne, chiuse in una stretta gola di monti, le case del capoluogo di questi cinque paesi, Riomaggiore; poi, al di là del monte, Manarola; poi, sopra una vasta aggia, Corniglia; dopo, al di là dì altri monti, Vernazza; ultimo, ben schierato sulla spiaggia, tra molti boschi di ulivi e di aranci, ai piedi del Mesco, Monterosso ». (E sentite come questo susseguirsi di parole rlpeLute. monti spiaggia paesi, cresce l'immagine della vastità, la luce, direi, del panorama) . La gioia gli balza nel petto, a quel tre; che son tre artisti. Quell'immensa coppa d'azzurro, quella sconfinata distesa cangiante ed eterna, vogliono voracemente goderla, fisicamente possederla, con la golosità dei venticinque anni. E dal Santuario di Montenero divallano su Riomaggiore per dirupi torridi tra pergolati bassi di vigne cariche di grappoli enormi d'uva bianca, seguono il Rio < bordeggiato allora, più che da case, da orride spelonche », e da « quel preci- Slzio di volte e di scale puzzolen» escono infine alla marina. < E là si ebbe il risveglio 11 più voluttuoso di tutti i nostri sensi ». Binomio inscindibile Cosi, con questa ingenuità di spiriti e freschezza d'impressioni, Telemaco Signorini, venendo dalla Spezia nel 1860 con due amici dei quali tace i nomi ma che sappiamo dal Cecloni esser stati Cristiano Bantl e Vincenzo Cabianca prendeva il primo contatto con il luogo che più tardi, e per tanti anni, doveva ispirargli — superata ogni asprezza polemica — le cose sue forse più schiette e mature, il discorso plttordco più limpido e pacato: quello che il Soma' rè chiamò il canto d'addio dell'aiUsta giunto ormai al termine sereno della sua esperienza. Signorini e Riomaggiore: un binomio inscindibile, che ci fa venire in mente quanto Giacosa scriveva a proposito d'Ernesto Rayper a Rivara: « Queste alleanze di nomi sono una musica, un'eco agreste, e quando si ricordano al tramonto, . in un .gruppo d'amici che freschezze argentine brillano e ridono d'Improvviso alla fantal, che festività di verzura e d'azzurro, che lontananze, che armonie! ». Era il tempo, infatti, che gli artisti ancor credevano nella natura, fonte unica d'ispirazioni, con lei comunicavano, in lei si riconoscevano, per lei i ricordi si facevan realtà sentimentale che accompa gna la vita, appunto come una musica. ( Nè deve stupire, nel Signorini e nei suoi due amici pittori, tanta felicità quasi infantile per quello spazio purissimo spalancatosi di colpo' a gli occhi e a l'anima. Cosi avveniva, intorno si '60, nell'aura ancora Intatta della macchia; non altrimenti guardavano di volta in volta 1 loro motivi i Macchiaiuoli, e li vedevano e rendevano con rinnovato candore da Primitivi; e In ciò fu la loro grandezza, la possibilità di ringiovanire alle sorgenti stesse (vera Fontaine de Jouvence) dell'ispirazione secoli e secoli di troppa esperienza ideale e manuale. Perchè proprio quegli artisti che nella rivoluzionaria saletta del « Caffè Michelangelo » fra urla tempestose demolivano ogni sera la Madonna della Seggiola e la Gerusalemme Liberata, scagliandosi in nome dell'arte nuova contro « ... » barbagianni — che calunniano il ver nel realismo »; proprio quegli inventori inesauribili di burle atroci (celebri sopra tutte quelle del Trtcca, caricaturista magnifico), burle che finivano in un terremoto di risate da far telefonisti esce durante il com per andare a cercare un guasto (.Foto Atlantic). ristare sotto le finestre i fiorentini rincasanti a notte alta per la deserta Via Cavour; proprio quegli scapigliati che rinunziando a ogni lusinga di successo avevan chiamato intorno a sè 1 più vivi Ingegni artistici d'Italia, e senza un soldo in tasca eran disposti — com'ebbe poi a scrivere il Signorini — ad « accettare ridendo le più grandi abnegazioni»; proprio costoro si mostravan poi nella pratica poco più che dei fanciulli. Il « caffè Michelangelo » Narrava nel '67 il Signorini nella sua storia — a puntate nel Gazzettino delle arfi del disegno — che le prime emigrazioni politiche a Firenze di giovani artisti dalla Lombardia e dal Veneto dovevano molto Influire a cambiare il carattere delle riunioni al « Caffè Michelangiolo ». Fu allora che « vedendo questi giovani, che per la prima volta visitavano il nostro paese, ammirare cose che non avevano rimarcate sin allora... Incominciammo... delle escursioni nei dintorni, poi a uscire di Toscana e ultimamente d'Italia ». E avvenne cosi il famoso viaggio di Seratìno De Tivoli (col Morelli e l'Alt amura da Napoli) all'Esposi zione di Parigi nel '55. Avvenne, nel '56, il non meno famoso viaggio a Venezia del Signorini con Vito D'Ancona, impresa che parve-da argonauti ai fantasiosi frequentatori del Caffè, i quali tutta notte passeggiarono per Firenze in attesa dell'alba, e al grido di < Viva i viaggiatori! » andarono a svegliare ì due audaci, li Issarono sull'imperiale della diligenza per Bologna, e li accompagnarono di corsa per un bel tratto con un getto di fiori. Avvenne poi la scoperta di un mare più libero e sonòro di quel fra Viareggio e Livorno, da parte del Signorini a Rio- maggiore. Tut ito, testo e disegni del bellissimo libro che va appunto sotto 11 titolo Riomaggiore (e le Monnier — col ripubblicare adesso quel manoscritto uscito trentaquattro anni-fa in modestissimo opuscolo di'limitate copie senza illustrazioni — ne ha fatto, accompagnandolo con 163 perfette riproduzioni di disegni inediti, un'edizione estremamente gustosa la quale, fin per l'architettura della copertina, è come un tuffo delizioso in pieno Ottocento); tutto, di questa cordiale testimonianza di affetto del Signorini per il più pittoresco paese delle Cinque Terre, reca infatti l'impronta' e quasi il ricordo del primitivo stupore di tal « scoperta ». Ed è, questo, elemento ideale di cui conviene tener conto per comprendere il carattere, l'Immediatezza, la poesia delle due scritture: quella delle parole e quella dei segni. Le 99 discussioni artistiche, I Caricaturisti e caricaturati al Caffè « afic/ie/angiolo », quest'amoroso diario di ripetuti soggiorni dail'81 fin quasi alla morte, pochi saggi ed articoli (storicamente Importantissimi) di critica e di polemica, sono il lieve bagaglio col quale Telemaco Signorini compi II suo viaggio letterario ottocentesco. Svaghi, più che altro, per lui; amabile dilettantismo (tolti gli scritti d'arte) che univa però alla toscana arguzia e all'italiano buon senso quella limpidezza di idee e di sentimenti, quell'equlli brio morale, quell'onestà intellettuale di cui Ferdinando Martini — sintesi di un gusto, d'uno stile, di una cultura — ci lasciò il più chiaro e persuasivo paradigma. Dilettantismo di scrittore che tuttavia, ad insaputa del pittore, s'affida a cosi legittime basi artistiche, che dopo mezzo secolo un lettore dal giudizio fine come Pietro Paneràzi prepara la ristampa dei Caricaturisti. Anzi, di Riomaggiore è persin stato detto che il nerbo della prosa talora prevale sulla notazione grafica. E' andare un po' troppo in là nella simpatia per il Signorini letterato. Il quale è spesso, si, scrittore deliziosamente vivo quando ti pone innanzi, evidentissimi, Maestro Anselmo e la vecchia Gibblna, il legnaiuolo Finetti e il cameriere Andreinelon, la bella figgia Catò e il povero figliuolo tisico di Lulgin; ma quando poi, sul suo album di disegnatore, e padrone del suol mezzi come pochi altri pittori ottocenteschi, schizza le testoline dell'Angelina e della Carmelina, o il profilo spavaldo di Batl de Ferrie, o il pittoresco disordine della terrazza di Pinolin Pecunia, non potrebbe mai scivolare, nemmeno di proposito, nella corrività di certa sua scrittura, anche delle pagine più azzeccate. mg Ritrarre il vero qual'è Prosa e disegni, ad ogni modo, si completano Incantevolmente. Da queste donne che, profilate sui fogli, cuciono o cianciano dando la poppa a gl'infanti, sedute sulle scalee lerce dello scosceso Riomaggiore, esce certamente quell'altra che nell' 81 — durante il primo soggiorno del Signorini nel paesuccto delle Cinque Terre, ventun anno dopo la sua « scoperta » — fa trasecolare l'artista. « Pure con tutta questa abbondanza d'ac- ?ua, mai avevo visto fino allora àcce più sporche e mani più nere di quelle. MI ricordo d'una donna che colla sua conca In testa e la sua bimba per la mano : — Dipinza sta foritela, mi disse. — Volentieri, è molto bellina... ma ha 11 viso troppo sporco —. E la mamma, che aveva l'acqua in testa, guardò la bimba, poi si sputò in mano e con quello lavò il musino alia piccina... Fuggii inorridito! ». E queste ragazzine serie e assorte, con un che di malinconico fra l'ombra del ciglio e quella del lab bro, son ben quelle che, intorno al la- fonte, « col secchio in testa aspettano sedute o in piedi, in pose bellissime » : parole in cui senti vibrar netta l'osservazione pittorica, la pronta attenzione a tutto ciò che può servire al quadro o all'idea del futuro quadro; o più semplicemente soddisfa 11 bisogno di documentarsi, proprio d'ogni artista. Ma dell'artista, ripetiamo, che nel « vero » trovava Inesauribile ricchezza di soggetti, di sensazioni, di invenzioni figurative. Come cercava egli allora, instancabilmente', appassionatamente, chiarezza di visione! Con quanta tenacia affinava il suo stile per giungere a un'espressione limpida, compiutamente leggibile! In pittura come in letteratura. Fattori o Degas come Manzoni o Flaubert. Queste diecine e diecine di disegni signorinlanl, rapidi ma accuratis-' simi, sintetici eppur completi di ogni particolare utile a meglio definire, attestano soprattutto una; cosa: la volontà di capire e di far; capire, sempre di più, sempre piùi a fondo, il carattere, l'aura, la vi-! ta di Riomaggiore. Non che l'ambiente od il costume di Riomaggiore poco o molto importasse come soggetto esteriore, come occasione rappresentativa, Importava come contenuto ideale di quel determinato mondo che Signorini aveva eletto à tema pittorico, con tutte le sue variazioni, le sue modulazioni, la sua umanità umile e la sua configurazione paesistica. Si sfogliano le tavole, a caso, ed ecco che da ciascuna balza quel preciso intento d'interpretare, secondo una sensazione, la verità inconfondibile di un luogo, la tipologia dei suoi abitatori. Mirabile scuola di concretezza, acuta, asciutta, eloquente, questo mazzo di disegni. Par che su di essi rimbalzi l'eco delle parole scelte da Adriano Cecloni per compendiare il programma del primi Macchiaiuoli : < Ingenuità, verità e individualità. Ritrarre il vero quale è, e ciascuno alla sua maniera ». Un rammarico Programma, senza dubbio, che aveva del limiti, ala nella sua formula che nella sua attuazione, per coloro cui le.all un po' corte impedivano il volo goethlano dalla verità alla poesia. E fra questi era anche l'onesto e sincerlssimo Signorini. Lo riconosceva egli atesso, con modestia Intelligente, rammaricandosi di non aver saputo « riprodurre nella sua sterminata massa e nel suoi prodigiosi dettagli », durante i soggiorni dell'età matura, .quel vasto mare che a venticinque anni Riomaggiore gli aveva rivelato. Ed ammirava, fh- vidiandolo, « l'ingegno grande di Bocklln... quando sapientemente dipinge e rende l'apoteosi del mare, coi suoi natanti e mostruosi tritoni, colle sue procaci e glutinose sirene... Mentre io, proprio io, non seppi mai farci nulla di buono, paralizzandomi nell'ammirazione, impiegando solo le mie forze a far quello che troppo ho fatto di stradine, di casupole, di barchet- tlne, di macchiette ». E' 11 lamento di ogni terrestre Callbano quando ode trasvolare nel cielo il canto azzurro dell'invisibile Ariele. E però, In quel « troppo fatto » di cose piccine, minute, in quella ricerca insistita di tante e varie verità nelle quali si disperdeva la verità unica della fantasia, e si diluiva l'astrazione di cui sola è capace, non l'occhio, ma la mente dell'uomo — in quel lamento, insomma, cosi schietto e malinconico, era anche un poco la critica dell'estetica macchiaiuola, e di tutta quanta la religione del « vero ». Restava, intatto, Il lato umano degli affetti, del sentimenti, della gioia goduta, della nostalgia. E partendo, l'ultima volta, da Riomaggiore in un terso mattino di settembre, e salutandolo ancora, alto e ridente nel soie, prima che il treno s'immergesse nel buio della galleria del Canneto, Telemaco Signorini — uomo dell'Ottocento si sentiva oppresso come dal ri¬ | morso «di non avere abbastanza amato una cosa cara... perduta!...». Marziano Bernardi LIBRI RICEVUTI LiJi.^SLhT feW/^&Irusso scegliere per questo suo i-onuu. cu iTipogruila Commerciale Piacentiuà) la, rasa e la famiglia, di un prete. Breve romanzo, ma aerrato nel racconto, rivo nelle ligure, chiaro ed efficace nelle descrizioni. 11 prete è semplice e ingenuo: 1 nipoti che gli vivono Intorno gli hanno meo la vita complicata e difficile. Gigliola, una nino. te. ruggita dal convento spinta da una, gran voglia di vivere di godere, di ; avere ablu e lussi; Renato, pwoipo- madre, amareggiata e invano affauJnata a conquistare un certa sicure*- ; za economica; sono personaggi .che par-'luno, ai muovono, vivono insomma con mia Intensità drammatica che avvili- ce. t gli avvenimenti di cui sono at-tori o vittime hanno sempre tono e calore accesi, si che la lettura e d.ljprincipio alla (tue piacevole e iute- ressante. fìnni itila PattiUggì mia naaiO ri 883,8 ore iti. Programma «a - (Onde );ielri 883,8 iiì.3 - 388,8 - 420.8 - 589,8). (circa): Orchestra della canzone ■ 13,ti Dischi di musica operistica - 11.10 (circa): Canzoni e melodie - 17.35: Concerto - 19,40: Musiche vocali da camera - ->.l,:i0: Musica sintonica - 81.40: Sinfonia X. 1 In Do Maggiore op. 81 di Beethoven - 28,10: « Felicità e Fortuna » un atto di L. Gigli - 23 (clrca)-23,30 : Programma « B {Onde metri 221,1 • 830,8 - 215,5 - 401.8 - 559.7). - Ore 18: Concerto Kempf! dalla li Accademia S. Cecilia di Roma • 20.10: Orchestra classica - 31: ■ I.a caccia al cinghialo- un alto di I.. tgollnl - 21.5,'i: b* canzoni che preferite - 82,20: Musiche per orchestra. ore iti.to