BERTA

BERTA BERTA Al paese di BeMa le case sono addossate l'una accanto all'altra, basse, le strade larghe pochi me¬ liti, e appena fuori porta è subito la campagna : anche la staziono è distante, bisogna andarla a trovare camminando chilometri sulla via provinciale, o attraverso campi per viottole. D'estate, lungo queste scorciatoie, crescono papaveri ; c'è un pino, un querceto, mentre sulla strada maestra prima s'incontra una ferrovia, poi il cimitero coi cipressi e i salici che svettano dal basso muro che lo recinge. Quando erano ancora in vita i genitori, abitavano in un vicolo stretto e buio, le stanze senza luce : mancava l'acqua e Berta due volte al giorno si recava con i secchi alla fontana. ]1 padre lavorava a giornata dai contadini, essa non fece in tempo a conoscerlo o almeno a ricordarlo: morì impigliato negli ingranaggi di una trebbiatrice, orribilmente, che la figlia era bambina. Essa imparò quanto fosse lunga e oscura la città, dietro alla madre che nella sventura non seppe trovare di meglio che elemosinare. Così le sembrò di avere potuto scorgere il cielo per la prima volta allorchè la madre, ammalatasi, la mandò sola alla questua, ed essa invece di seguire il solito itinerario di strada in strada, si inoltrò verso la campagna. Tutto era luminoso e pulito, gli alberi verdi, la strada bianca, le case distanti l'una dall'altra, con l'oro dei pagliai. Ricordandosi che la madre l'aspettava si fece coraggio e bussò a un casolare"?" al ritorno aveva con se del pane, un fazzoletto pieno di farina. D'istinto s'era curvata ai margini dei pascoli e colto un mazzetto di papaveri e fili d'erba. Rientrò stanca perchè aveva tanto camminato, stordita dalla gran luce che, aveva goduto; nel sonno non si accorse della madre che piangeva su di lei abbracciata. La campagna divenne una quotidiana avventura; 6Ì procurò un falcetto, aveva imparato che a raccogliere sulle prode l'erba gramigna poteva poi rivenderla agli stallaggi, guadagnare; presto visse del mestiere di suo padre. Si spingeva lontana dalla città, i contadini vivevano in isole di sole e di grano, e il cielo. Passavano dei treni sopra i campi, ed era un divertimento salutare con la mano i viaggiatori affacciati ai finestrini. I contadini l'accoglievano senza sgarbo, essa era una fanciulla forte che offriva due braccia per lavorare. C'erte sere, attardatasi sul lavoro, dormiva nei capanni ; le erano fraterni nel torpore del primo sonno gli ululati dei cani, la luce bianca e azzurra della luna sulla paglia ove giaceva. Tornò a casa più raramente, era estate, e il buio della città le metteva spavento; sui prati la luce indugiava a lungo, così come le raro voci e i richiami della sera cullavano Berta, dolcemente stanca sotto il pino della ferrovia, le davano fiducia, confidenza. Di queste assenze- ricompensava la madre coi suoi guadagni. La madre piangeva, piangeva sempre, era irritante starle vicino, impossibile non sentirsi offeBa dal suo lamentarsi. Berta si prometteva di non odiarla, questa madre che non le apparteneva, tanto da lei diversa, come un'apparizione lugubre nell'ombra fonda del vicolo, della casa. Finché l'immagine della mamma, nera, nell'ombra del vicolo, fu un'idea importuna d'ogni giorno, l'incubo dei suoi sonni nei capanni. Erano passati dei mesi, e con l'estate che declinava, la campagna le offerse maggior lavoro, i contadini la salutavano al mattino: «Fermati da noi oggi, Berta, — le dicevano — abbiamo bisogno di te». Una sera che indugiava, stanca, sotto il pino, le sembrò d'improvviso di essersi liberata come da un incubo: si disse che la mamma era morta; pensò la casa vuota, il letto disfatto, la lucerna spenta sul tavolo. Correva incontro alla città, cantando, felice, e via via che si avvicinava alle prime case commossa, pietà di sè le nasceva nel cuore, liberazione. Così trovò la casa, vuota, con la lucerna spenta sul tavolo. «Mamma », chiamò, per la casa, fuori nel vicolo, e chiamando: «Mamma », pensava a una donna magra e curva che aveva indosso un vestito nero, due piccoli occhi che lacrimavano di continuoVolse i suoi passi nuovamente verso la campagna. Era una fanciulla di sedici anni, coi piednudi e la faccia bruna di sole, capelli arruffati, Quella sera non tornò al suo pino, disertò il capanno 6ulla ferrovia; sulla strada bianca di polvere, sotto lo stellato, si diresse al cimitero ; a testa bassa, con un singhiozzo frequente che. l'agitava tuttavoltandosi di tanto in tanto a rilevare l'impronta dei suoi pied- sulla polvere della strada, confuse fra i solchi dei carri, altre peste. A lungo resistette ritta in piedi, le mani appese alle sbarrdel cancello ; le grandi ombre deealici sfioravano le croci, fuochfatui guizzavano attorno alltombe : nell'infinito silenzio !a rabbrividiva il rumore lieve delle coccole che cadevano dai cipressi. Si sedè, raccolse le man- nel grembo, incominciò una pre ghiera associando nel suo pensiero i genitori defunti; non rimorso era in lei, tanto pura e assente, e stanca, da conciliarsi il sonno pregando. Nei giorni che seguirono vagabondò per la campagna, rifiutando il lavoro; l'assalì un desiderio mai interamente soddisfatto, di riposo e di sonno; come se con la morte della madre le fosse venuto a mancare il pungolo che la costringeva al lavoro, alla fatica, improvvisamente la stanchezza di sempre le si era fatta viva, invincibile nelle membra: vide la campagna come un grande orto aperto ai suoi bisogni, e la carità della gente bastevole alla sua speranza di riposo. Dapprima i contadini furono buoni con lei, le offersero ospitalità, commiscrarono il suo dolore; essa diventava ogni giorno più scontrosa, giornate intere stesa sull'erba seguiva l'andirivieni degli insetti, giocherellava con gli aghi del pino, si acconciava i capelli in fogge diverse, le piaceva sedere sull'argine tuffando le gambe nude pel torrente. Maligne voci corsero sul suo conto nella campagna, di aia in aia le fu proibito accostarsi ai casolari, le donne incontrandola per i prati le lanciavano zolle di terra, con spregio, con invettive. Essa si nutriva dei frutti rapinati nottetempo; era autunno ormai, e i contadini pernottavano ai capanni, col fucile a portata di mano, badando alle vigne colme. Con la 6era un velo lieve di nebbia scendeva sulla campagna, la notte era fredda. Berta soffriva ai piedi nudi. Dalla città la tratteneva un incubo come di morte; e il ricordo del vicolo e della sua casa nel buio profondo della città ovo non era più tornata, le accresce¬ va il tremito per un'assurda paura. Così, una notte fu un uomo ad ospitarla nel suo capanno, accesero un falò fuori del capanno, si ristorarono a quel fuoco : egli le detta un paio delle sue grosse scarpe di contadino. (Anche questo fu naturale e vero in lei, come prendere l'acqua alla fontana, raccogliere l'erba gramigna; e grave e assurdo come la sua stanchezza, il suo terrore della casa nel vicolo). Vennero i primi temporali, le brinate sempre più gelide: era essa che bussava ai capanni ove adesso gli uomini pernottavano attendendo con l'alba il passo degli uccelli. E un pomeriggio in cui era inverno, col cielo basso di nubi, e soltanto il verde del pino resisteva nella desolazione della terra, una donna le venne incontro di sorpresa dai campi, aveva in mano un falcetto, le fu addosso, la colpì. Berta aveva alzato le braccia in un gesto di difesa, il falcetto la colpì a una mano; come un frutto che si coglie sospe¬ so, essa strinse la mano rossa e indolenzita. La donna fuggiva tra i campi. Berta andò al torrente, vi tuffò la mano, l'involse in una pezzuola. La campagna tutt'intorno inospitale e bruta, con le sue creature nemiche; la città nel buio più profondo. Si allontanò dal suo pino, attese a una curva, alto sui prati, il treno che dì solito rallentava in quel punto. Rulla sera attese il suo treno; pensava a nuove campagne ove il treno l'avrebbe condotta, a uomini buoni che le accendevano i falò fuori dei capanni. La mano ferita le doleva. TI treno rallentò alla curva sui prati, essa protese la mano ferita per appendersi alla maniglia di un vagone. L'ultima immagino che ebbe del suo paese fu il quadrato dei salici e dei cipressi che recingevano il cimitero, come un'isola di silenzio nel silen- 4.„„ < zio della campagna in cui il tre- no irrompeva ripigliando la sua[corsa. Vasco Pratolini

Persone citate: Berta, Vasco Pratolini

Luoghi citati: Bema