Un ritrattista fantastico

Un ritrattista fantastico Un ritrattista fantastico V'è, in Alberto Savinio, la parte del mito e la parte della freddura. Di questa, con il suo modo caustico e paradossale, egli dice che ha carattere sacro, che è luce subitanea proiettata sul mistero delle cose, « scoperchiatrice di altari », avversaria delle religioni. Filologica, etimologica, la freddura si presta allo scherzo, al bisenso, « gioco divino », ed anche alla scoperta della molteplicità, variata e sfumata) del pensiero umano. Il mito è poi segretamente legato al suo scrivere e inventare. Disceso dagli arsi e splendidi e dirupali paesaggi archeologici della Grecia favolosa, s'intreccia alla vita quotidiana, s'introduce nella società, passa per le vie, entra ed esce da botteghe e locande; è tra gli uomini, con aspetto buffo, tragico, grottesco, di uomo. Bravo e avventurato, e in confidenza con gli Dei, chi ne avverte la presenza, fulgida nell'ombra, demoniaca, tra le spoglie secche, vizze, che ad ogni ora si staccano dal corpo antico della terra, dalla crosta secolare delle cittì. Sicché, se il mito sparso come inadempiute intenzione, come residuo, o vagheggiamento malizioso, nell'opera di Savinio, non diventa religioso, non riesce a rapprendersi, a individuarsi e rappresenterai intero, riflesso nella propria lucidità, la colpa è forse delle freddure. Sarebbero esse, o il loro spirito latente a farlo incerto e sfocato. Il mito, in Savinio, è quel Dio Greco che Nivasio Doloemare intuisce, nella chiesetta campestre, dietro una tenda di percallina rossa, « sopra una sedia spagliata, avvolto nel pastrano inverdito dall'uso, la barba pepe e sale, l'occhio triangolare sotto il tubino logoro, stanco e sfiduciato... ». * * Molto a proposito Titta Bosa ha dunque parlato di « visiona rietà » e di ironia, attribuendo carattere metafisico a questo surrealismo, dominato dall'intelligenza; e Giusso ha scorto in quest'arte la decomposizione critica del fantasma; e Falqui ha detto che della stessa mitologia l'autore di Hcrmavhrodito « si vale per esacerbare il suo sarcasmo ». Ma a questo punto vien da domandarsi se proprio l'intelligenza sia, qui, la grande deformatrice, o se, su una percezione della realtà già deformata, e istintivamente, fantasiosamente denunciatrioe, operino poi la sottigliezza dell'ingegno e il mordente dello spirito. E non è questione mal posta od oziosa; si tratta di sapere qual è la vera natura dello scrittore, se di artista o di sofista, se di poeta o di satirico. E a noi pare ch'egli sia, soprattutto, e propriamente un artista, e che, nell'impercettibile moltiplicarsi dei fatti interiori, il gusto della deformata realtà preceda senz'altro e determini l'intellettualismo riflesso e dissociatore, e accenda e spenga quel suo mondo curioso, neo-ellenistico e burlesco, mitologico e sbugiardato, parigino, dei tempi di Apollinaire e Max Jacob, e mediterraneo, dei tempi panici e satireschi: mondo contaminato dall'arguzia, dalla beffa, dalla concettosità, e pur così bizzarramente vivo, semovente, autonomo. Il mondo, poniamo, di Nivasio ragazzino — Infanzia di Nivasio Dolce mare, editore Mondadori — e quel finire dell'Ottocento, ad Atene, e quella società balcanizzata : i più bei nomi dell'Almanacco di Gotha, gli astri della casta diplomatica, Nivasio a li riconosceva si può dire all'odore... ». Tra le maglie di una stupidità sociale meravigliosamente dilatata e immedicabile, nel segno ampio, barocco, della caricatura, appare alcunché d'altro. Se nei cieli affocati di Savinio qualche nuvola si arrotonda, o si spampana, siate sicuri ch'essa è pregna veramente di Centauri, ossia di mostri famigliari, Iddii equivoci e strani sogni. Aggressiva, disincantata, e, sia consentita la contraddizione, icastica fantasia — ma fantasia. Quella stessa che volta ad altre deformazioni della vita e della realtà, non nel burlesco ma nel cosmico e nel magico, percepisce, nella spettroscopia degli uomini della storia dello spazio, ineffabili presenze. Non male Savinio può essere detto ritrattista (e caricaturista) fantastico. * * Dal caricaturalo al cosmico è variata — nel discorso filettato, e dilacerato, di facezie, di insolenze, di novellette piccanti, di violenti strappi di suono e d'immaginazione — l'inchiesta e rappresentazione umana di Narrate, uomini, la rosila storia, editore Bompiani: da Cavallotti a Gemito, da Venizelos alla Duncan, e da costei a Stradivari a Nostradamo a Paracelso. Ritratti, dice la fascetta editoriale, con le armi, i servi, i cavalli e le cibarie... Per noi lettori c uno spasso, per lui fu un ingegnoso impegno, che quei personaggi li ha trattati come libretti d'opera : « e la nostra fatica — assevera — è consistita più che altro a metterli in musica ». La musica di Cavallotti è quella della banda municipale, iu un pomeriggio di domenica; ma la musica di Gemito si frange tra diafani richiami di una misteriosa divinità: la follia; e quella di Nostradanxo è so- a fantastico zioni spettacolari della storia e degli insuperbiti'destini individuali. E la caricatura di Savinio, diciamo meglio il suo segno eccessivo si gonfia di fantasia e nora di ottoni e striata di acutii4*' seuso proprio in rapporto e in fi dl hit ppppfunzione del vagheggiamento metafisico. Se Savinio non vedesse lo scheletro dell'uomo sotto le floride carni, il vuoto nero dello spazio dietro il lucido dei cieli squilli. A tradurla in pittura avrebbe il volto delle profezie e quello della peste... E se la musica di Isadora Duncan è uno scherzo con fuga, le ultime note g,sono lunghe come rintocchi. Non I notturni, il deserto della terra si pensi tuttavia mai a svapora-jdevastata, corsa da lampi siili atteggiamenti ; tezze od a falsi d stri e ammonitori, là ove la men t i ifi bhtti dii stri e ammonitori, là ove la men te si infinge boschetti arcadici e giochi campestri, la sua ritrattistica, mitica e grottesca, non sarebbe quello che è. Del mito — presente e tradito — partecipa, essa, come la negativa riproduce e interpreta a rovescio la figura della luce. E dal cavò d'ombra sorgono, con i trascorrenti, dispersi relitti delle favole antiche, i demoni del nulla e le ironie di una fantasiosa comicità. Francesco Bernardelli gg ; dopo aver narrato un episodio scabroso con franco linguaggio Savinio esce a parlare del terrore della verità comune a molti scrittori, e che spiega perchè a tanta nostra letteratura sa di cibo rimasticato e sprovvisto di sale ». Non è sprovvisto di sale Alberto Savinio, e per « verità » è bene intendere qualche eccesso nel pittoresco, e magari nello scatologico. Ha i particolari prendono straordinario rilievo, animazione capricciosa. Aspetti di uomo e di donna, avulsi dal continuò, dal fluido della vita, fissati in una loro minuta enormità. Rivelatrice è la ritrattistica di Savinio, se pur massiccia; così come certe sue fumose immaginazioni lasciano scorgere, tra grevi tendaggi e colonne mozze e involute architetture, i cieli profondi di un'età favolosa. Si potrebbe tuttavia osservare che la composizione è un po' statica; non tanto si svolge e accresce in racconto, quanto si moltiplica, maliziosamente, per segni e tratti sovrapposti, y'è una certa uniformità di risorse, un impiego costante di c caratteri » non solo nello stesso ritratto, ma da un ritratto all'altro, con una leggera aria di famiglia tra i personaggi più diversi. Verne e Collodi, il poeta Apollinaire e il torero Cayetano Bienvenida, il pittore Boecklin e Giuseppe Verdi. Non che ognuno non trascini con sé, ben ricono scibile, il suo destino, non che ognuno non abbia su di se la propria impronta umana; ma è anche come se tutti portassero tra le braccia, con le opere e il destino, un simulacro — una figura rettorica in cui Savinio, scrittore fantasticante e beffardo, si impenna e si scarica. Già Papini aveva avvertito molti anni fa che i tutto quello che il vento può concedere all'immobi lità » lo ai ritrova in certi a drammi > di Savinio, che seni brano a prima vista « divertimenti di un arguto mistificato re ». Drammaturgia, arguzia mi stificatrice, e la realtà, con quella sua inalberatura surrealistica acquista intante non so che ri belle intenzione espressiva. E' la sorpresa degli animali parlanti, del paiolo che si stacca dalla parete, della scopa che corre via per la stanza; nella prosa di Savinio avviene alcunché di fiabesco — le cose inerti ci vengono incontro liberate dal millenario incantesi ino che le teneva avvinte, la sai ma del mondo si rianima e bru lica, gli uomini si presentano con un'altra faccia. E' stupore misto di piacevolezza e di amena inquietudine. Qualcosa di informe e diffuso, intorno a voi, schiude le labbra, e sillaba arcane freddure, buffonate misteriose, bizzarre immagini. E un impreveduto dolore. In vedetta tra la boscag OCCHIA

Luoghi citati: Atene, Grecia