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1 LA ST - 3 La leggenda e le avventure di Ulenspiegel e di Lamme Goedzak — di cui esce ora una nuova traduzione italiana, di Carlo Bernardi, nella collana dei «Grandi scrittori stranieri » dell'i/tet — è un libro che fu accolto in Italia con grande simpatia, quando, all'inizio della guerra del 1914, Umberto Fracchia lo presentò fra i t Classici del ridere ». Veramente, non si può dire che fosse (ciò che non fu mai, con tutto il suo diffuso colore, e clamore, di festa popolare fiamminga) un libro allegro; e piacque, invece, per certe risonanze drammatiche, per un commovente richiamo alle sorti di un paese oppresso, ed uno spirito di eroismo e di epopea, che solleva il Tomanzo alla dignità di un poema. Il suo autore, Carlo de Coster, aveva vagheggiato, in pieno Ottocento, una nuova letteratura nazionale belga, evocando in lingua francese le tradizioni della Fiandra, e aveva tolto lo spunto per la sua opera maggiore da una vecchia leggenda d'origine tedesca, ch'era stata tradotta in varie lingue, fra cui il francese e l'olandese. La parola leggenda ha qui un valore intermedio, e più vicino al suo significato primitivo. Per noi, essa denota una creazione fantastica, sulla base più o meno solida di una lontana realtà ; anzi, la fantasia vi soverchia e dissolve un qualsiasi «dato» reale. Ma in.principio «leggenda» era il racconto «da leggere»: miracoli, vite di Santi, ingenui esempi di edificazione (come nella celebre Leggenda aurea) ; e quell'ingenuità, che si rivolgeva ad un lettore non meno semplice e credulo, accoglieva facilmente molti elementi immaginari. Di qui si diparte il nuovo senso della parola, che prevalse e si arricchì, come espressione di poesia, nell'età romantica. A mezza via, e diciamo all'alba del Rinascimento, accanto alle leggende sacre e morali, ne sorgono altre, destinate ugualmente ad un pubblico umile e semplice, che hanno un tono giocondo, e degli eroi maliziosi, arguti, beffardi. Le grandi figure del Rabelais trassero un primo impulso da questa vena popolare, un po' fantastica e un po' satirica; ed un libretto del genere, un Volktbtich alto-tedesco (di cui la più antica edizione che si conosca è del 1515) illustra le prodezze di Tyll Eulenspiegel, ch'è una sorta di buffone contadinesco, un fannullone pieno di spirito, lepido, astuto, tessitore di burle e di frodi ingegnose... Il Coster riprese il nome ed il tipo, che gli arrise come schiettamente fiammingo; gli radunò intorno una visione tumultuosa e sensuale (dove persino le poppe che allattano somigliano ad ampolle e caraffe gioiose), l'avvivò . di facezie, l'avvolse d'uno strepito di tamburi, di viole, di flauti e di pifferi, esaltando la sanità del vivere grasso e rablesiano (e s'intende quale fosse il suo maestro di stile). Ma Ulenspiegel non è soltanto una creatura gagliarda e spiritosa ; è fin dalle sue gesta puerili un simbolo della sua terra e del suo popolo, in un'ora di minaccia e di pericolo. Mentr'egli nasce nella povera casa di un carbonaio, e lo salutano i bianco spini dalle siepi, e le rondini, e il sole rosso, in una corte sontuosa e cupa viene al mondo un principino pallido e frigido, che sarà un giorno Filippo II. 1 due fanciulli crescono lontani, come due forze opposte; l'uno all'aria e alla luce, monello estroso, impetuoso, con l'anima schiusa ad ogni buon sentimento, e gli occhi aperti ad ogni bellezza (c'è un tratto d'infinita grazia: d'un giorno che, giovinetto, stava sonando la cornamusa, appoggiato al muro di una capanna: e gli appare una gentildonna bellissi ma, ed egli sgrana gli occhi, rapito in estasi, e non risponde alle parola che gli rivolgono, e continua a suonare, come se la musica fosse una cosa sola con quel nuovo fascino) ; l'altro, il principe, rannicchiato nell'ombra dei castelli, dove per suo diletto bru eia le scimmie:, mentre i roghi s'accendono per la distesa del regno, e non v'è scampo ne pietà per i miseri. E Claes, il buon padre di U lenspiegel, innocente d'eresia, < puro d'ogni altra colpa, perisce egli pure tra le fiamme: la sven tura sgomina tutto il gruppo fa miliare, bonario e sereno, quasi idillico, che ci aveva avvinti all'inizio del racconto : coi genitori di Ulenspiegel, e Noie, ch'è il suo amore, e diverrà la sua compagna (« Ulenspiegel lo spirito e Nele, il cuore della madre Fiandra»), e Katheline, che viene accusata di stregoneria, e impazzisce, e crede di essere una strega davvero... Tutto questo forma lo trama del «primo libro» di Ulentpiegel, ch'è il più vivace ed organico, il più vigoroso. A partire dal secondo, Ulenspiegel avanza come il vendicatore, e la sua storia si mescola e si confonde con quella dell'insurrezione delle Fiandre: lo vediamo nella congiura e nella guerra, presso Guglielmo d'Orange, il Taciturno, e nel Brabante, ad Haarlem, a Gand, a Fleesinga, coi Pezzenti del mare. Qui la leggenda si fa epica, e gli interpreti più recenti, a cui si unisce con accento generoso il Bernardi, levano a cielo la favola del Coster. I primi critici, alla pubblicazione del libro, si erano mostrati più severi. E a me non sembra che la Leggenda regga veramente, e sino al fine, a quell'altezza di poesia. Vi si distinguono, in certo modo, il proposito, il disegno del libro, e proprio come su un disegno, e trattato di per sè, il colorito, rhe non sempre, nè in tutto l'adempie. E' troppo evidente la dosatura e'la distribubuzione dei singoli temi, nei loro rapporti e nel loro contrasto: la foga rablesiana, l'impeto irrefrenabile di un naturalismo dovizioso, la sete di libertà; e di contro, la freddezza e la ferocia del tiranno, la cupida e crudele oppressione, le persecuzioni, i supplizi. iLamme Goedzak, che il narratore associa ad un certo punto alle peregrinazioni di Ulenspiegel, fu più volte paragonato a Sancio Panza; ma in realtà non lo ricorda se non per la sua corpulenza, così pigra e ridicola di fronte alla magra., volpina, nervosa agilità di Ulenspiegel. Il tipo di Lamme è una condensazione burlesca della ghiottoneria, della voracità, alla maniera fiamminga, e la sua perpetua ricerca della moglie (della sua moglie perduta) è un tema ricorrente per variare e rinfrescare il corso della narrazione, ormai dominato, sopraffatto dagli eventi storici generali. E nella stretta degli eventi, sempre più vasti e poderosi, il povero Ulenspiegel, che si annunziava in figura d'ispiratore, di animatore della storia, si da attorno come può — ora guardiamo essenzialmente al personaggio artistico —, è lesto, vigile, ardito, ma non riesce a schivare in tutto la parte, o la apparenza, della mosca cocchiera: ch'è il gran pericolo dei personaggi d'invenzione nei romanzi storici ! T/opera del Coster risente del periodo letterario in cui fu concepita: mentre splendeva all'orizzonte, se pure al tramonto, l'astro di Victor Hugo ; non solo per la Leggenda dei fendi, ch'era apparsa come il fiore dell'epira moderna, ma per tutti i modi. di un'arte immaginosa, che — nel romanzo come nel dramma — si compiaceva dell'enfasi e de! grottesco, e per uno spirito umanitario, forse illuso, ma sincero e benefico: e in questo spirito, i lettori che hanno ammirato il racconto della'giovinezza di Ulenspiegel rimangono fedeli a tutto il libro e ne tengono viva ancor oggi la fama e la fortuna. Ferdinando Neri Califfi, Pascià, Poeti, Emiri e parenti del Profeta — Tu dici che talvolta le ocuse sono più gravi del fatto che le provoca; non ci credo — disse Harun el Rascid al ministro Giaafar Al , Harmaki. E il ministro: — Giorno \ verrà in cui ne darò la prova al- : l'Emiro dei credenti. II giorno venne all'Indomani. Il Califfo saliva per le scale del palazzo; Giaafar lo segui silenzioso e d'improvviso lo prese per la cintura, mettendosi a carezzarlo con l'altra mano. — Che fai, Giaafar? — esclamò Harun el Rascid furibondo. — Non : ti vergogni ? , — Perdonatemi, principe: via vevo scambiato per vostra moglie ! Zobeida. I — Che scusa è questa? Non ti I accorgi ch'è più grave della man ! canza? :. j tenda? \ — Benissimo, sopra un tappeto ' molto soffice. \ —Eia cena? \ — Squisita ed abbondante. Ha item ha fatto sgozzare apposta ;una cammella, me ne ha offerto ■ lui stesso i pezzi migliori, mi ha I versato da bere e s'è occupato an che del mio cavallo. Ho lasciato | ia sua casa riconoscente e soddl lafatto. — Straniero, Hatem son lo, e sai mio onore tu non partirai se! ;prlma non avrai visto realizzarsi' ,quanto hai descritto. Ma perchè hai mentito? ! SpeUn lezza ciò chprimacausa nella urinarnotte ! Giaafar s'inchinò: — Appunto. ' Ed era quello che bisognava^duno ' strare all'Emiro dei credenti. . Harun el Rascid rise, raccontòjquali t tutto a Zobeida — che era la sua | uca d ! moglie prediletta — e cosi gli ara- ' I bi ebbero un proverbio di più, il > quale ai veneti piacque tanto che 1° tradussero: Peso el tassel del buso, I * * j Hatem de Tay, generosiasP.no ! ; uomo, teneva corte bandita. Alcu-' ini ne approfittavano e ogni tanto j reagiva a modo suo. Una volta ri \ fiutò ospitalità a un beduino che \ viaggiava solo nel deserto, la j sciandolo digiuno all'aria aperta. \ Quando all'alba il beduino si fu ì rimesso a cavallo triste e deluso, \ Hatem Tay si travesti, montò a ! cavallo anche lui e lo raggiunse: — Oh. forestiero — gli fece — ieri chi ti ha dato ospitalità? L'altro rispose pronto: — Il generoso Hatem Tay. Hai dormito bene sotto la sua \ ; Reni. dolori la veGen. cate inAutor. IDEABBS"L'ACASpeciper Via M. Rag FAPiazz, — Oh, Hatem! — sospirò 11 be duino. — Tutti gli arabi cantano VCO.le tue lodi e affermano che sei il i più ospitale dei nomadi e il. più. Igeneroso degli uomini. Se lo ten-1 a Pre IP___. .. » .. ---a. . ... ! |)[ FOSCASSE Fabtassi di provare il contrario, non !mi crederebbe nessuno e sarei ì trattato da bugiardo. Cosi ho preferito mentire per salvare non ; la tua reputazione, ma la mia. i „,, ,. * * _. ! Gli amici adulatori ripetevano \cbe al mondo non potesse esistere ! cuore più nobile di queKo di Ha :tem- In foresta vicino all'ac campamento, la brigata incontrò un giorno un povero diavolo che raccoglieva legna secca, Hatem ||", chiese: «Ma perchè non vai daI^ ricco Hatem, ^che ti darebbe (clbo e quattrini?». L'uomo si asciugò 11 sudore e con calma rasn,ae6"™*zione gli rispose: «Chi può .guadagnarsi il pane lavorando jnon tleve vivere della carità del prossimo ». * * i Al Mandi, terzo Califfo abassi <je, malcontento della condotta e ,delle amicizie del figlio ed erede Al Hadi, ordinò al capo della po- DivPronLA SPiSTUDIOCESSIOMUTTORINO lizia Abdallah Ibn Abdel Malek di j sorvegliare 1 compagni di Al Ha.di e all'occorrenza di bastonarli ;addirtttura. Invano l'erede inter veniva: il capo della polizia non l'ascoltava. E quando nell'anno -785 d. C. Al Mahdi mori, il nuovo ! Califfo lo mandò a chiamare e gli j tenne questo discorso: \ — Abdallah, tu mi hai sempre i disobbedito, Abdallah, e hai tor |turato i miei compagni, perciò vai punito in maniera esemplare. [ Pur credendosi perduto, Abdal'lah Ibn Abdel Malek gli rispose: — Se tu mi dessi un ordine e uno idei tuoi Agli mi chiedesse di non i eseguirio, mi vorresti vedere ub bldire a te o a tuo figlio? ! — A me, si capisce. ! — E cosi era quando tuo padre I Iera re e tu l'erede. • Al Hadi gli diede ragione, lo 'confermò nell'alta carica e l'indo-1 mani andò in casa di Abdallah ! GUGIUSEGPorticANTICAmmCessioSTOCAYABUper mangiare con lui e per conoscerne 1 figli. I — Ora che ho mangiato 11 tuo ! pane ed il tuo saie sotto il tuo tetto — gli disse poi — io sono saero per te come tu lo sei per me e per 1 miei amici. Ti manderò1 oggi quattrocento mule cariche di danaro: disponi dei danaro come1 se fosse tuo, ma tienimi le mule1 nelle scuderie perchè forse ne! avrò bisogno nei miei viaggi. * * Gli arabi, che amano la satira ancora oggi e pubblicano giornali ^Ham" LaALESVia RRA8CIBAGNVendiRIRTUFFICU. H^^Li0^ ?lÙ , ^^ertenti , JlMMINI raccontò di degli europei, diedero al loro mondo poeti che Irritarono perfino1 Maometto, il quale nel Corano li; vitupera. Ma Al Aziz, quinto Ca-: liffo fatimita, salito sul trono del ! Cairo dopo quasi quattro secoli1 dalla morte di Maometto, amò i ! letterati e gli artisti, sicché un; , poeta ebbe coraggio di trattare '. ; piuttosto male due ministri, chej Ichiesero al Califfo di dare un; ; esempio, arrestando il colpevole. : Al Aziz volle leggere la satira ei j s'accorse che il poeta s'era burlato anche di lui: «io gli perdono — ! esclamò — e siccome no parteci-| ipato all'offesa, desidero che voi | partecipiate al perdono ». Nel Libano regnò per più di mezzo secolo, sino al 1840, l'Emi-! i ro Bechir, della dinastia dei Che- : I hab, che perde II trono per essersi ribellato alla Turchia assieme! |a Maometto Ali d'Egitto ed aver jcombattuto con Ibrahim pascià in' i Siria e in Anatolia. Fino a quan'do tenne il potere, fu soldato coraggioso e severo giudice, affrontò i forti e protesse i deboli, e per II suo paese si viaggiava in sicurezza completa. Un ufficiale, per adularlo, gli Corso ModPiazVEDistrrassitVTOMamè la Run mo,. i ziale ,n= >^LtL ^=rana dispenc^he camSvÌ tuttk soV ^a|abb,a Sulle avevi chiesta ■D,u,Ì?X .1™ de Sonni'- «no_a onsndo i? ™V£ldwent ~*fi?U sl d? n°0| »e f„mj!f^If^™ t" di noi- io non!flmo/ti avrò mai paura ». — Ma la donna ti aveva dettoPre'qualche cosa per incoraggiarti al^6"i farle domande? — chiese l'Emiro. — No — rispose l'ufficiale. — Ah, insolente villanzone, e ! con che diritto ti permetti d'In-1 : terrogare una donna che attra.versa nottetempo una foresta, senza che ti sia stata rivolta la 'parola? Forse l'hai spaventata; ! meriti quindi un castigo. ! E l'ufficiale s'ebbe dieci bastol nate. AN□r. E.MALVia fiaOrDott. MALATC<">o '!>■>;/ ititi H</t{ f Aspirina, :. ■ !■• . ni rada v&lfrà '• Un soldato ungherese armato di fucile mitragliatore sul fronte russo. (Foto Varsàny). Per utilizzare meglio i materiali Zeta STAMPA - Mercoledì 3 Febbraio 1943 - A Anno XXI 1 À

Luoghi citati: Anatolia, Cairo, Egitto, Haarlem, Italia, Libano, Siria, Turchia