VITA ARTIGIANA DEL '500

VITA ARTIGIANA DEL '500 VITA ARTIGIANA DEL '500 Ricordanze di Bartolomeo calderaio storico senza saperlo Sèi saette sulla cupola di 5. Maria del Fio // di S |mort„ intorno al 1530. l'artigiano| ìcostante, passò dall'antica libertà Le ricordanze, cioè il diarto dei | casi suoi e del suo tempo, che un 1 calderaio fiorentino del primo Cin- quecento scrisse, con poca lettera-1 tura ma con molta schiettezza, ha ! una certa importanza documenta-] ria per la storia. Nato nel 1480 e ■ . .. ..... l. ebbe a registrare gli .i uno dei perioTli più dram- cronista eventi di uno dei periodi più dram-; malici della stona di Firenze e!d'Italia: quello in cui la città, più |r.cca che forte, più intelligente che comunale alla signoria, prima larvata e. poi scoperta, dei Medici, e tutta l'Italia, senza rendersene ben conto, alla dipendenza degli stranieri. Il Masi, che ha lasciato il diario interrotto al 1526, alla morte di Giovanni delle Bande Nere, speranza perduta per le armi italiane, forse spari anche lui nell'assedio del 1530, ultima sven tura e ultima gloria di Firenze re- pubblicana. 6 Di fronte a Palazzo Strozzi Il calderaio, che stava a bottega con il padre e coi fratelli di fronte al sorgente palazzo Strozzi, aveva assistito a giornate veramente storiche. Aveva dodici anni quando morì, troppo presto, Lorenzo il Magnifico. Ricordando più tardi quei giorni, 11 Masi registra che scoppiò un temporale tremendo e sei saette tutte insieme percossero la cupola del Duomo facendo rovinare molti marmi. Il diarista, che raccoglie le impressioni del suo popolo, riferisce che quel diavoleto fu attribuito a uno spirito che Lorenzo teneva incatenato per magia in un suo anel- da il nemico che Insidia (Foto Kozooeto). iiiiiMiiiiiiniiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiimi Dice Swedenborg (Regnimi animale pag. 247) i Stile pgche «le anime conoscono per mezzo di una intuizione permanente del presente e del passato e senza l'ausilio degli organi dei sensi tutto ciò che avviene sulla terra e nei cielo, e possono comunicare per mezzo del linguaggio degli angeli che in una sola idea esprime ciò che nel linguaggio terrestre richiederebbe migliaia di parole e di idee materiali *. In parole povere il linguaggio degli angeli — e delle anime — è la soluzione del problema dello stile. E poiché ogni forma della vita spirituale non è se non la pensata immagine di quello stato di perfezione che noi quaggiù sospiriamo ma non possiamo attuare, diremo che al linguaggio degli angeli, cioè allo stile Tacito tra gli scrittori si avvicina; e più ancora ci si avvicina Bernardo Danazatl che con meno parole di lui ha detto le stesse cose; e più ancora ci avviciniamo noi che tante cose abbiamo da dire ben più ineffabili e moltisense, e cerchiamo dirle quasi senza parole. Alberto Savinio eli Carlo Vili, ré di Franclii. e la lo : vicino a morire, si era rotto l'incantesimo e scatenato lo spi rito. Con I suoi occhi il Masi potè vedere il bruciamento in piazza della Signoria di fra' Gerolamo Savonarola, l'ingresso baldanzoso' a, .. . ■- sua frettolosa partenza sotto la minaccia delle campane di Pier Capponi: vide la cacciata dei Me- dici e il loro ritorno, le congiure degli ostinati (In quella del 1512 fra i compromessi fa anche lui il m'naccia delle rampane m * .ci Capponi: vide la cacciata dei Me- die. e il loro ritorno, le congiure ' le congiure i tumulti e le impre- cozionf; ma anche le feste e Il.e- grezze cittadine per l'elezione di due Medici al Papato, Leone X e Clemente VII. Come fiorentino, si „,_,. _v,„ „_,i„ „,.„ „„! _«i{ stnte che gode dei successi poli- tici della casata norentina. anchej se qua e là c'è come il sommesso Annn «nn..uui:n„ »«f;n.. ■ rimpianto della repubblica antica. E siccome la politica di Firenze sempre più dipendeva da quella delle grandi Potenze Europee cosi 1 artigiano registra anche gli ay- venimenti di fuorivia. Arrivavano, ■ anche senza giornali nè radio, le notizie e 1 fiorentini speculavano: quali riflessi potevano avere sul loro uestino. Leghe di poce prò- ducevano guerre e te guerre spo- stavano i membri delle leghe; per' vedete di far andare d'accordo le Potenze cristiane, il Papa predicava il rimedio della Crociata. Buone o cattive per Firenze la battaglia di Ravenna o quella di Pavia, che vide la rotta dei francesi ? Tiensi buona nuova », que st'ultima. nota il cronista popola-, no, che sta a sentire i commenti delle piazze e delle botteghe. Del resto il Masi si astiene dal parteggiare e pronunciarsi. Distingue però, tra i Medici, i buoni dai cattivi. Di Lorenzo du-]ca d'Urbino dirà che mori con po-j ca grazia cioè senza compianto;! ma quando morirono giovanissi-! mi, a pochi giorni l'uno dall'altro, 1 Giuliano duca di Nemours e sualmoglie Filiberta di Savoia, par di|raccogliere, nelle sue, le parole;commosse delle popolane fiorentine: « Parevano due agnoli di Pa radiso », e popolane fiorentio due agnoli di Pa « A uno pane , e a uno vino » ,e a uno vino », ' Cosi, senza smettere di fare il calderaio, senza la più lontana'idea di essere uno storico, Barto-j lomeo di Bernardo Masi ha con- ; tribuito alla storiografia italiana.!Ma le « Ricordanze » sono, for-| se, anche più interessanti dove re-1 gistrano i semplici casi della vita j privata del Masi e della sua fami- : glia. Nella sua oscura esistenza, j simile a quella di molti altri ar- tigiani fiorentini, si vede riflessa ! la vita di un ceto, con le sue tra-1 dizioni costumanze sentimenti. Gli artigiani, classe sociale modesta e popolana, non proletaria, con la j sua dignità civire morale e reli-|giosa. Una vita di corporazione| che prendeva il figlio dell'artigia- no fanciullo e lo teneva fino alla; ;marrani che l re di SnWnn ond passò _ passò _. Iti ali'Arte dei chiavaioli. Arte mino re ma, come tutte le Arti, con il suo Gonfalone e i suoi Consoli, del ,. , ■ _ Tirli e' U" gIOr"°' farlÌ Tirli lBaLÌ,oanlì|r,VeÌ MaS'' rHBartolomeo cresceva, era in ac- s^VnpttTa "be'» : Ti .?r rla?°"??a; I il t ^VnpttTa be» : Ti ..__?_r r._la.^?°."??a; I il terreno per fabbricarci pTi ..__?_r r._.^?.??; Icompra il terreno per fabbricarci la sua casa (lo comprò da Filippino Lippi, pittore, artigiano anche lui nella distribuzione profes- sionale di allora). La fabbrica; ci va a stare con la moglie Caterina e i fin-li che inno <H? tre monriii e c,u^femmine0SOta?aàcon iSro"" uno pane e a uno vino », cioè pa- gando la,sua ..quota, anche uno!zio. fratello della madre, ma a un certo momento se ne andò. S'indovina uno screzio in famiglia. Caterina era morta e il vedovo non aveva aspettato due mesi a riprender moglie, Maddalena. Bartolomeo aveva allora appena quindici anni, ma da un paio d'anni era già nella bottega paterna a tenere i conti. Forse quello star seduto tra gli scartafacci, mentre i garzoni picchiavano sul rame, gli dette la voglia di scrivere un diario. Quella vita dipendente durò vent'anni prima che 11 padre emancipasse Bartolomeo e suo fratello maggiore Piero, aggregandoli, come soci, alla ditta. Allora soltanto, a trentacinque anni, gli amancipati, se volevano restare nella casa paterna, ave- Equipaggiamento d'un soldato ungherese a 35 gradi sotto zero IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIII E' morta l'ultima figlia del generale medicano Miramòn Roma, 30 gennaio. Si è spenta in un ricovero di suore la signorina Miramòn, l'ultima figlia del famoso generale messicano Mignel, fucilato a Queretaro. La vedova, con i figli, dopo varie vicende si ritirò in As- disi e "qui "sTspensej'nèiia 'tombaessa volle che fosse deposta in uncofano la divista del marito cri- vellata dai colpi della fatale ese- dizione. Venuta a cessare la pensione che la famiglia riceveva dal Mes- sico, la signorina Miramòn fu co-stretta per vivere a. dare lezioni di lingue otraniere. Da Assisi emi- grò a Roma dove per molti anni visse oscura e dimenticata in grandi ristrettezze. Ultima dellasua famiglia, la morte liberatrice la coglieva ieri presso una Casareligiosa. Sèi saette sulla cupola di 5. Maria del Fiore - // rogo di Savonarola - La cacciata . dei Medici - La peste a Firenze ,. ... „„,.,. vano diritto a una camera propria KOn "«bili propri!. Bartolomeo do- vev*/r0v'a,-cl.s,fb?r5,'1oao^?le„C°J? matrigna e ! fratellastr, perchè ci ™™se. Invece il fratello mino- r^^lcolo'1?he.:J^fefvla,T"e' ratiere p.u insofferente andò a , . ma't.rl^ ?„ ,„'r/u fSftl inPmtnn ci rimase. Invece il fratello mino Yfntura.; 6 ^^Tc'e^nTgrandi distrazioni . p.invBnnf,.i"tra ras* e botte, g|r L f °Jail°t'' l„ra ™sfri?, ,!?,,„; fa,loMa,,nP;innf Tnrneesilon rleMe nelle funzioni e processioni delle „nmnft™ip renPi0se che abbonda VXT aSFiren7pRicorda di emer ^"««JttfV. itili «ShISkp si iscritto in sei o sette di queste ., in a,,eiia ,11 San Ep. n°deptt^ Biancao di San Paolo dei £^frìSÌaMonteuliveto e via d^cf,n^° L.easPre di una compa- ; non gl.iimpediaCe di entrare fn *n.a,tra8 Nel fonda anch(. una nuova dell'Aquilino. Ristretta a „ ^dii ^embrii ma con gl, statuti callisrafati in un bel libro di pergamena miniato a oro e con ' bef San Giovannl evangelista sulla coperta. Qualche viaggetto nei giorni di festa Indizi certamente di fervore religioso, ma codeste compagnie non escludevano, sotto la prote zione di questo o quel Santo, una parte ricreativa. Erano, per i membri, anche una ragione di ritrovo, quasi circoli. Spesso il nuovo aggregato doveva pagare una cena agli altri e ogni anno, nella festa del Patrono si desina va jn compagnia, lietamente, a. ventidue anni un giovanotto come lui non era mai uscito dal contado fiorentino. Ed ecco la ricordanza di una bella gita, fatta COn altri tre giovani artigiani, ai- la campagna d'un amico. Sono già sulla via del ritorno quando uno dice: — Oggi e San Vittorio e non si sta quasi a bottega —. Voltate le spalle a Firenze i quat tro amici si spingono, sempre a piedi, fino a Siena. Ritornano per Volterra, ma qui uno dei gitanti si stacca perchè a Volterra ha dei parenti e gii secca essere ri conosciuto. Evidentemente si era fatto uno strappo al dovere di star fermi a bottega. Ma Bartolomeo, a giudicare dal gusto che mette a registrare i suoi viaggetti, doveva avere la vo glia di girare. Fino a Loreto an dò una volta per grazia ricevuta, Anche il morigerato Bartolomeo aveva preso il brutto « male delle bolle francesi », che era apparso in Italia con la venuta dì Car i0 Vili. Il Masi ci informa- « Di cesi che questo è di quel male Che ebbe Santo Giobbo nelle sue fatiche; e dicesi che questo male l'arrecò in Italia una quantità di marrani che 'l re di SnWnn ond¬ _ passò _. Italia anche lui ». E descrive co me fu coperto di pustole. « Che Dio ne guardi ciascuna creatura », ..^ gLiaiu. viaai.uua ti calura ma lui miracolosamente guarì &" Wf^^i^ i miracolosamente guarì &" Wof^^coi.ai^o un barcone no e<r<rUtn da minttro Su^saffi^ass * Venezia: in buona compagnia andò h li d V pgia andò anche lui a veder Venezia e per Ferrara e Bologna ritornò tutto contento a Firenze. Cosi fece anche il viaggio di Roma per il SùWi™ de !#2S EmTn £ 5wrln ™ n „on«l,^fm . pellegrini ma il pelltgrinag ^Mri'rjfe turistico." DJ?".fft"'1 n'fi I}™LSS^ sfm" ^^^»^^»^ tega. Nella famiglia del Masi si erano avuti casi di vocazione improvvisa. Una sera — ricorda — uno dei fratelli del secondo letto — la seconda moglie di Bernardo aggiunse ai primi cinque figli altri otto — Matteo, quindicenne, non tornò a cena. S'immagina la apprensione. Ma venne un monaco a scusare l'assente: con altri due giovanetti Matteo si era fatto novizio in convento e diventò Don Luciano. Un anno dopo la scena si ripetè per l'altro fratello Romolo che invece di tornare a cena, spariva in convento. Forse è indizio di tendenza religiosa anche il fatto che nè Bartolomeo nè Piero, i due fratelli maggiori, pensarono a prender moglie. E si a^^f™^1 d.ovevano Piacere unfsnecS- n^renL»^ ^ta la„3F%™^Ll'l'V?"5 a batte-?"°l„dei parenti amici. Pa-dre no, ma padrino moltissime volte. « Svizzoli e lanzighenetti del Duca d'Urbino Cosi passava una modesta vita regolare, senza ambizioni superanti la propria sfera, senza vuoti d'anima. Una laboriosa quietudine personale nella città inquieta. Bartolomeo bada al rame che si batte e ai conti del negozio. Ma partecipa alla vita che si agita per le vie di Firenze e del mondo, raccogliendo le notizie, registrandole per sua ricordanza. Ci sono anche anni di peste e anni di carestia, ma passano: riprendono gli affari e corre sempre moneta po' pe volta diminuiranno la prosperità di Firenze. Si costruiscono edifìci e si stringono patti con l'idea che durino per l'eternità. Quando Lorenzo de' Medici, nipote di Leone X, riesce a impadronirsi di Urbino, si pattuisce che il ducato resterà al suoi discendenti per seicento anni e poi, mancando i discendenti, passerà alla signoria di Firenze. Altra cosa data per eterna, nel 1516. Vero è che, nemmeno un anno dopo, lo spodestato Eruca Francesco Maria della Rovere si riprendeva Urbino, e Firenze temette di vedere nel suo contado i soldati dell'Urbinate: vide in città, ospiti sospetti, gli «Svizzoli e lanzighenetti» assol!dati dal Duca pericolante, i Qualche giorno la bottega del calderaio restava chiusa, magari P«" resta pubblica: ma in questo caso si poteva riaprire pagando il « bullettino », una tassa. Piace la vorare tutu i giorni. Nelle mode-sto ricordanze dell'artigiano Masi si sente un'assiduità di lavoro, una persistenza particolare bene incardinata a tutte le persistenze che garantiscono ancora la vita , economica e morale, se non più quella politica, dell'antica città, , I Panfilo buona. Non si ha l'impressione di un mondo travagliato da mu-lamenti profondi che un po' per