UNA LICENZA

UNA LICENZA UNA LICENZA La mulattiera aveva le pietre lisce e consunte, i tre muli salivano cauti, le some rigonfie; e salivano i tre alpini, lenti, pazienti. La conca si chiudeva, aspra, ferrigna. In alto, lontano, brontolava, il cannone. Oltrepassata la prima bàita, 6corsero i resti della seconda, diroccata fin dai primi giorni di guerra. Era all'inizio dello stretto e lungo pianoro, sempre battuto da qualche cecchino. 'L Toni alzò vereo il cielo la punta del pistocco: — Forse la se sbassa. Sulla cresta fumava una nube, lenta sfilacciandosi per le cengie più alte ; se fosse discesa li avrebbe nascosti, sarebbero tranquillamente passati per quei tratti scoperti. E scendeva, pigra, sinuosa, ancora lasciò scorgere in basso il pianoro, in alto le creste dorate dal sole ; poi tutto si oscurò in un freddo grigiore, e la mulattiera fu corno un balcone sospeso 6U quel mare di nebbia. Sordo, attutito, si destò e si spense il gracchiare di una mitragliatrice ; poi altro non si udì se non il cròscio dei torrenti, ingrossati dalle ultime piogge. Giunsero alla croce. Attorno, l'erba stenta era appena rotta da qualche lastrone. Di solito, passare per quel tratto, il più scoperto, voleva dire darsela a gambe, o restarsene appiattati per chissà quanto ; ancora '1 Toni si ricordava di quando aveva dovuto fare il morto là dietro, il muso su di una pozza che sapeva di cenere e di torba. Ala il nebbione non accennava a rompersi, il cròscio dei torrenti era sempre alto e uguale, non si presentiva un fiato di vento per tutta la valle; e quando apparve il pilone scassato della teleferica si fermarono con un lungo sospiro, era passata anche quella. L'ultima salita, ormai al coperto, li avrebbe portati dietro la forcella tenuta dalla compagnia. 'L Toni si asciugò la fronte con il rovescio di una manica, '1 liusta addentò mezzo toscano ; mentre Spezzon beveva un sorso dalla borraccia, passandosi poi un pollice sui lunghi baffi spioventi. La nebbia non scemava, 6e la respiravano soddisfatti a pieni polmoni : — El fa ben, respirar un fià de caligo. — Par de sentir odor de castagne. Spezzon non disse nulla, ma ne aspirò una più lunga sorsata, co me se volesse bersela tutta. Do po un'altra svolta della mulattiera, dinanzi a loro cominciò a stracciarsi un po' di chiarore, una fumata si impennò, si aprì uno squarcio. Videro in alto la cresta rosata dal tramonto, ebbero sul volto la brezza tagliente che scendeva dal colle e costringeva la nube sul fondo della valle. — La tien de solo, 'sta brulàssa — disse '1 Toni; e affettuosamente ripete n sta brutàssa » a quel mare grigio e ondoso, rap preso in dense spume, dal quale sorgevano gli isolotti. turriti di alcuni spuntoni, cinti dalle due dorsali come in un golfo. Il respiro delle vette si faceva più tagliente, era il respiro dei nevai e dei seracchi, con un brivido più sottile annunciava l'inverno. Il bruniccio delle rupi era livido e spento, più scura l'acqua dei torrenti, stanchi e grigi i timi e i rododendri. Sui valichi e sulle trincee, con la'prima coltre di neve, stava per scendere il letargo invernale della guerra alpina. — I le verzerà de novOj adesso. — C'ossa ì — Le license, ciò. E '1 Toni, per quella gran soddisfazione, sputò. Era proprio una soddisfazione soltanto il pensarci. Poi si volse: — Ohi ti, Spesoli : anca 'sta volta, te va dal putélo? Spezzon sorrise : — Se capisse, ciò. 'L putélo era suo figlio. Se lo era tirato eu, in Italia e in « foresteria • , di cantiere in cantiere Il paese ogni tanto mutava, ora un acquedotto, ora una ferrovia; ma la vita era sempre la stessa piccone e badile, badile e piccone ; due volte al giorno lo stesso cibo, pagato con la aretinuta» sulla paga ; e la notte, sempre dentro una baracca o sotto una tenda. — E in Merica, te si sta? No? Ne era un poco deluso, ma volle consolarsene ancora chiedendo : — E in Fransa, xe vero che le done... Spezzon tornò a scuotere il capo, con il risolino di chi la sa lunga, perché, «de quele done», non avrebbe saputo che cosa dire. — El putélo, xelo sempre a la sinquantatre? — Sempre. Il figlio era alla cinquautatree- sima compagnia, il padre alla settantadue. Caporalmaggiore il figlio, caporale il padre; e quella differenza di grado gli dava un non piccolo cruccio. — Ciò, conta de quando te si messo a raporto dal magiore. Spezzon si dette una manata al cappellaccio sghembo, facendolo scendere sulla nuca. Quello era i! suo pezzo forte, ma ora non aveva voglia di raccontarlo. A ripensarci si rabbuiò. Allora, si era subito messo a rapporto, dal eiguor maggiore ; e non ave¬ va potuto ottenere che li mandassero alla stessa compagnia, nemmeno allo stesso battaglione. 'L putélo l'avevano trattenuto a! deposito, con le reclute; e lui l'avevano subito fatto partire. Così, da quasi due anni li separavano tre vallate, ogni tanto si scrivevano una cartolina. 'L Toni ridacchiò: — Noi ga voja, de contar. 'L Rusta lo punzecchiò con il pistocco, quando quello si volse gli fece cenno di non insistere. Tutti sapevano che il caporale Spezzon non aveva mai avuto una casa, una moglie, un parente; nessuno che pensasse a lui, tranne il figlio; e se '1 putélo aveva una licenza, veniva a trascorrerla con il padre, alla settantadue; e se toccava al padre, andava a trascorrerla alla cinquantatre. Per tutti una licenza voleva dire la donna, il campo, la casa; per quei due, invece, voleva dire cambiare trincea. Almeno, se uno dei due fosso stato un po' più lontano, sul Carso, dove dicono che la guerra è tutta diversa, sarebbe stata 'na sodisfassione assaggiare anca quela ; ma, alta o bassa Carnia, era sempre Carnia l'istesso. I comandanti le due compagnie chiudevano un occhio, quando capitava loro quello strano ospite ; non potevano prenderlo «in forza», metterlo fra i a conviventi ì ; però gli davano il timbro, «visto arrivare» e «visto partire». Il figlio, quando veniva a godersi i suoi dodici giorni alla settantadue, se ne stava quasi sempre al sole, a fumare sotto un roccione, aspettando che il padre potesse raggiungerlo per qualche mezz'ora; quando invece era questi a giungere alla cinquantatre, subito voleva vedere ogni cosa, il camminamento nuovo, la scala di pietre che saliva al baracchino. Era tutto contento, che indove che stava il suo putélo si fossero fatti tanti bei lavori compagni ; e a lungo se li considerava, pensoso, come il contadino su di un'aia che non è la sua. Poi voleva rendersi utile in qualche modo, non gli piaceva starsene senza far niente. Dava una mano a rabberciare il tetto di una baracca, a scaricare fascine o balle di paglia; e se '1 putélo doveva uscire di pattuglia usciva anche lui, tanto era in licenza, e non aveva niente da fare. — Ghe piàse, a lu, star in guera, el ga fato la firma — tentò ancora di sorridere '1 Toni ; ma subito se ne pentì per una bestemmiaccia del Rusta, che volle così coprire quelle parole perché Spezzon non le sentisse. Scendeva dall'alto un confuso mormorio, rotto da colpi d'ascia e di piccone. Erano ormai sotto la forcella. Spezzon si fermò, gli si era spenta la pipa. Grave e importante trasse dal tascapane la macchina, 1111 accendisigaro che '1 putélo gli aveva portato l'ultima volta, fatto con un fondello : assai pesante, assai scomodo, ma una gran bella macchina. (Lui, per quando sarebbe andato a trovarlo, aveva in serbo tutti i fichi secchi che aveva potuto racimolare, una porcarìa che ogni tanto davano al mattino invece del caffè ; ma al putélo piacevano, e gliene avrebbe portato un sacchetto, era già quasi pieno). Si fecero un po' da un lato, il sergente furiere scendeva con la sua bisaccia. — Chi sa come che le riva, le license — sospirò '1 Toni; e s'immaginava un grosso pacco, con tanti bolli di ceralacca. — No le riva, i le ga sempre qua. — E perché, alora, i dise che le riva? — Xe l'ordine, che '1 riva — 6piegò, autorevole, Spezzon. — Quel che conta, xe che in licensa noaltri se vada — concluse '1 Rusta; e dette un'affettuosa manata alla groppa del ni ulo. Erano quasi giunti, oltrepassarono un altro pilone della teleferica, che sarebbe una gran bella invenzione se non si guastasse sempre, porcarìe e magnarle dei fornitori ; e allora l'è sempre il mulo, la telaferica la più sicura. li Toni, sempre pensando alla licenza, chiese a Spezzon se sarebbe toccata prima a lui o al figlio. Quello strinse le labbra e le palpebre, per il conto difficile: — Prima a mi, me par; '1 putélo vegnarà dopo Nadàl. Disse agli altri due di scaricare, si inerpicò verso il baracchino del comando, si schiarì la voce con un gran colpo di tosse; poi entrò chiedendo permesso, diede al capitano la grossa busta che gli avevano affidata. — Comandelo altro? — No, grazie. Pareva di buon umore; e quando il capitano è di buoi) umore l'è 'na gran bela vita. Con un altro colpo di tosse accennò a salutare, ad andarsene; ma l'altro lo richiamò: — Spezzon. Forse ce l'aveva ancora con il mulo azzoppato dell'altra settimana e pasiensa, sentiremo anca questa. — Sono arrivate le licenze. Tornò a guardarlo: — Andrai per primo. , «— Grassie,

Persone citate: Sordo

Luoghi citati: Carnia, Italia