Proietti anglosassoni di Concetto Pettinato

Proietti anglosassoni Proietti anglosassoni La speranza di comporre il dissidio tra i generali delia dissidenza francese è stata di breve durata. I profeti del degaullismo non hanno voluto lasciar passare nemmeno Si ore per portare a conoscenza del pubblico che i due partiti restano sulle loro posizioni. Presentata cosi, comunque, la conclusione non è esatta. Dei due litiganti ce n'è uno che, almeno . momentaneamente, ha avuto Val di sopra sull'altro e quest'uno è Giraud col gruppo dei generali darlanisti. Costoro non hanno ottenuto il permesso di formare un governo vero e proprio ma hanno ottenuto quello di conservare il potere di fatto che esercitano in Algeria e nel Marocco dal giorno della morte dell'ammiraglio. Il darlanismo si difende. De Gaulle invece, e con lui i suoi padroni inglesi, hanno dovuto rassegnarsi a rimandare alla fine della guerra la costituzione del governo di sinistra che sta in cima ai loro pensieri. Londra non di meno, come ammette il New York Times, è riuscita a strappare a Washington al riguardo una promessa capitale, che non manca di eloquenza, circa i propositi generali delle democrazie in caso di vittoria delle loro armi; a guerra finita gli eserciti anglo-americani occuperebbero il territorio francese metropolitano fino alla resurrezione della repubblica demo parlamentare e allo schiacciamento definitivo di qualunque velleità di riforma dell'antico regime. Battuto oggi, De Gaulle so dunque ormai che se gli alleati arrivassero a metter piede in Francia non se ne andrebbero prima di avere restaurato nei posti di comando radicali, massoni, socialisti, comunisti ed ebrei. Chautemps e Mandél, Rotschill e Geneviève Tabouis, Blum e Granier hanno ricevuto in solido una cambiale di molti zeri con la firma di Churchill e l'avallo di Roosevelt, pagabile a babbo morto. Pétaln e Lavai, viceversa, sono avvertiti di que' che li aspetta: la nuova Santa Alleanza li chiuderà al Tourmalet e riaprirà il processo di Rioni per farli sedere sul banco degli accusati al posto degli imputati di ieri. Oggi a te doman: a me, occhio per occhio, dente per dente: così va il mondo o per lo meno così andrebbe se la guerra la vincessero i Wellington delle borghesie plutocratiche inquadrate dalle Loggie dei vari riti. Stalin assiste da Kuìbiscef a tutto questo tramestio mantenendo, come dicono i francesi, de Courart le silence prudent. Una polemica è in corso nelle redazioni dei due mondi per decidere se sia stato lui a schermirsi dal partecipare ai colloqui dei capi democratici o gli alleati a non volercelo. La verità è che Roosevelt e Churchill sarebbero stati Zteiissimi di sottoporre il socio a un interrogatorio piuttosto stringente per farsi una idea di quel che bolle nella pentola del suo ben foderato cervello e che il caucasiano, al contrario, non ha mai avuto meno desiderio di adesso di sbottonarsi. Ma il vero scopo degli angloamericani consisteva nella ricerca dei modi migliori per giungere, senza averne lana, a contenere le ambizioni sovietiche entro i limiti che convengono alle borghesie plutocratiche di cui sopra. Churchill e Roosevelt stanno scoprendosi un po' per giorno un animo da farmacisti: il bolscevismo è diventato nei loro calcoli diurni e notturni come ?<uei veleni per uso esterno che o speziale scrupoloso pesa sulla bilancia di precisione dosandolo sulla punta del coltello e scuotendo questo col dito in modo che ne caschi solo quel tanto che occorre a formare la dose esatta, non un grano di meno non uno di più. Disgraziatamente Stalin non possiede un temperamento omeopatico ed è poco credibile che la politica equilibristica dei due compari risponda ai suoi segreti pensieri. Di qui la sua riluttanza a giocare a fi carte scoperte e la necessità per gli altri due di intendersi alle sue spalle. 1 progetti di costoro sulla Francia rivelano tutto un retroscena psicologico diplomatico e militare che non potrebbe essere più caratteristico. Se potessimo alzare il velo sulle recondite prospettive di aimenire che questi signori accarezzano dietro le loro nuovissime formule della « resa incondizionata dell'Asse », troveremmo probabilmente una immagine dell'Europa che non è quella di Stalin ne quella del Britanskl Soiusnik, nè tampoco quella del Daily Herald; un'Europa, oseremmo dire, sui generis, schierata sulla Vistola o, diavolo falla, sull'Oder al comando di generali inglesi e soprattutto americani. Ma nei ranghi della quale, dietro le bandiere dei vari Grandi Orienti fregiate di triangoli, occhi dell'universo e berretti frigi, assai più che inglese sentiremmo parlare tedesco, italiano, francese, romeno, magiaro, polacco, spagnuolo come nei corridoi della defunta Lega delle nazioni. « Che differenza ci sarebbe dunque dall'Europa attualet » chiederà l'onesto lettore. Nessuna. O per dir meglio una sola differenza: che quel che l'Europa attuale fa oggi nel proprio interesse lo farebbe domani nell'interesse delle plutocrazie anglo-americane, e invece di farlo attirandosi gl'insulti eie maledizioni delle folle di Londra e di New York, lo farebbe sentendosi festosamente piovere sulla testa, insieme con le granate sovietiche, i fogli strappati dagli elenchi telefonici dell'anno prima come a Broaduxiy durante i cortei di gran gala. L'Europa proletaria trasformata in squadra I volante del Ku Klux Klan: ti sogno riposto di Churchill e di Roosevelt non è probabilmente altro che questo, e non et pare aia tale dal dissuaderci dal persistere a fare i fatti «ostri da soli e, prima di tutto, dal difendere con le unghie e coi denti, eia pure moltiplicando i sacrifici, quel lembo d'Africa dove accampano ancora i nostri eser- . Concetto Pettinato