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LA LA Non occorre dire perchè questo racconto rifiuti una illustrazione, benché l'editore mi prometta in. una lettera di affidarlo ad un ottimo «carboncino*. Anzi io pregherò che si astenga dal far lavorare un artista attorno alle mie. parole ; io stesso, immaginandomi capace di figurare altrimenti che con le lettere dell'alfabeto questa storia, non sarei capace di rappresentarla all'occhio del lettore. Le cose della guerra non sono poi, per se; illustrabili. E' necessaria una buona dose di inveterata retorica per dar corpo grafico ad un assalto o a un combattimento aereo, a una battaglia navale o all'istante di un siluramento. Ho sentito pronunciar da taluno, reduce da uno.di questi drammi, giudizi incredibilmente severi sulla cinematografia, dico cinematografia, autentica di esso. A quanto pare taluni istanti (poiché non si tratta che di istanti, al più di pochi minuti) appartengono al chiuso regno del mistero e come tali gli uomini non possono e non debbono levare lo sguardo su di essi. La guerra, va bene, è un fenomeno meramente umano che gli uomini provocano e alimentano; ma fino a un certo punto. E questo si capisce poiché in guerra gli uomini oltre che trasportare le armi e le munizioni, aprire trincee, costruire fortificazioni, avanzare traverso strade, deserti, mari, steppe, occupare o perdere città e paesi, combattono « muoiono. Quest'ultima circostanza, il morire, già non per tiene più al solo dominio umano e sconfina nel divino. E qui diventa subito inaccessibile ai sensi comuni (la vista, l'udito, eccetera) si avvolge in veli impenetrabili, si dissolve così e si dimentica. (Anche il nascere è una azione umana ai confini delle facoltà divine. Così non è concesso ricordarsi del «momento■ 'della nascita e lo etesso travaglio materno, tutto fisico, una volta compiuto diventa un ricordo privo di volto, e perciò inerte). Ora per tornare al nostro discorso ritengo questo breve episodio di guerra irrappresentabile. Pure esso non si svolge in uno di quei tali drammaticissimi istanti detti più sopra (assalto, siluramento, battaglia navale, eccetera), così fuori della pesante e volgare percettibilitg. Esso anzi quasi non suppone un'azione, un dinamismo se non per ciò che costituisce il suo antefatto, se così può dirsi il cumulo delle coincidenze tutte superficiali e quasi' di natura esclusivamente verbale che concretano- l'episodio stesso. Si potrebbe anche non parlare di episodio ma di- una concordanza di apparenze che di ventano ad un certo istante dramma, anche questo privo di azione e di parole. Voi direte: «Ma caro signore, perché allora vi è venuto in men te di raccontarci proprio questa inafferrabile storia che non storia e neppure un episodio, ma solo una parvenza di questo e di quella e non avete scelto, delle guerre traversate e viste, qual che cosa di più concreto e rap presentabile; che parli non solo alla fantasia nostra'di lettori ma anche a quella di un buon disc gnatore (non metafisico e surrealista, Dio guardi!) e gli suggerisca una bella figurina, in mo do da farci assaporare meglio il fatto da voi narrato?i. Io ri sponderò: «Non è così; non i così. La guerra é terribilmente uguale a se stessa. Si dice ch'essa sia bella, appunto perchè, si' mite ad un fenomeno naturale, nel suo eterno ripetersi rinnova ogni volta in forma grandiosa lo spettacolo della lotta, della vit tori», della morte. Tuttavia nel liambito di questo ciclo tutto avviene con una monotonia tra CmlaqhgdsicaauratednstpgngdehsecleErmpnlelddt1lomssdploeisatpmmidcBabtssgrsqscendente. L'uomo è troppo piccolo nella Guerra, esso scompare entro le sue dimensioni, diventa un puntino difficile a districarsi come quelle stelline della .Via Lattea. E più il tempo passa e l'uomo progredisce nell'ingegno della guerra, allargandone il respiro e prolungandone la durata, più questo puntino ch'è lui stesso si perde nella massa. (Potrebbe Omero cantare una guerra dei nostri tempi?) Inoltre: l'uomo s'è incallito alle guerre,, sembra non ne soffra più. Io ho visto fenomeni di adattamento incori cepibili a mente fredda. Ho visto vivere i soldati dentro Bardia, li ho visti nelle ridotte del la Marmarica, lungo la pista del deserto tra Sollum e Bug Bug nella Sirtica ; > ho visto i lavora tori civili vivere in piena sabbia lungo il reticolato di Giarabub ho visto gli artiglieri aocampat nel «serir» sotto il ghibli invernale; ho visto le fanterie final che dormire nelle trincee ghiaccio della Cardia, per nomi narvi soltanto qualche sinonimo dell'inferno. Gli uomini, tutta via non mostravano di passarse la' gran che male, anzi vi s'acconciavano zitti e pazienti come, per esempio, quello stradino del passo Halfaya che s'era fatta una casa verticale contro il veti te desertico e le pallottole ingle si in una buca profonda ove en trava tutto e di notte vi andava a dormire infilato come un palo, la testa coperta da un telo da tenda e una lanterna rossa con cudlftsteCttrsgtgsMqzvmcezesclsods

Persone citate: Cardia

Luoghi citati: Giarabub, Sirtica