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i LA STAMPA - Giovedì 14 Gennaio 1943 - Anno XXI -3 20 novembre (Torino). — A .scuola durante l'appello la ragazza C. s'era alzata in piedi dal auo banco di fondo, in alto sulla pRrete « nel ' silenzio dell'aula emergeva dalla pelliccia fulva il suo volto di ragazza felice. (Fino a quel giorno la guerra era stata qualcosa di grave e distante, un *■ temporale che costringesse dentro casa col caminetto acceso e il tepóre della casa è degli affetti, guardando dalla finestra la distruzione dell'orto sul quale'Ja pioggia e il vento si accanivano, addolorati del glicine troncato, dell'aiuola divelta, ma caldi nel corpo, sicuri). La ragazza C. disse che le alunne B. e G. erano partite, accennò a un ironico sorriso, come da adolescenti per gioco recitavamo una buffa commedia. Io dissi: «Sfollate.i, e l'aula su questa mia parola fu percorsa in ogni banco, su ogni volto, da un'allegra ironia. Anche la ragazza che si chiamava Luce non rispose all'appello. La sera precedente avevamo subito il primo bombardamento, calpestavamo i vetri sparsi per le strade, incapaci d'immaginare qualcosa che preludesse alla sciagura. Era un pomeriggio d'autunno, uscendo dalla scuola i ragazzi s'incamminavano verso un corso vicino a vedere la casa diroccata dall'incursione della notte : le strade erano disseminate di ve tri, e nel fervore che animava gli uomini intenti ad aggiustare le serrande, i supporti e le imposte v'era implicito il sentimento di un fatto accaduto e irripetibile. La vecchina delle caldarroste all'angolo di via San Tomaso ripeteva la sua protesta contro la pessima annata dei marroni; e tutto, per l'immigrato éh'io ero, si prestava alla sorpresa. Dall'altezza di via Napione il Po era un fiume largo e misterioso che richiamava la vita delle metropoli d'Europa esalando nebbia e aromi di foglie macerate. Nella friggitoria ov'eravame capitati in più persone d'attorno alla teglia della i farinata genovese », una donna che aveva in testa una pezzuola di colore rassicurava due anziani operai invitandoli a credere nell'assistenza della Consolata. Costorp venivano dalla periferia, e nelle loro parole ricorrevano nomi di strade colpite, riuscivano a fermare la nostra attenzione su fatti più precisi che non la bomba del corso vicino, il solo segno dell'incursione che il centro della città •''"^cBssej ed erano costoro uomini che.-"sono, iW berretto e un liso soHiitHHiij|iyi4iief dolevano delle óre di ***,wWÌvoro perdute, mangiavano la farinata con dita grosse e rosse, parlando, in dialetto. C'era, nel loro atteggiamento, una serietà più grande di loro, come se l'umanità intera parlasse attraverso le loro bocche prevedendo» sterminio, ore di lavoro perdute, famiglie imbarcate sulle biciclette verso la campagna sulla sera. Dall'attenzione del mondo a cui la loro presenza'mi aveva richiamato, distinguevo ora per le strade un intenso muoversi di creature, e veicoli improvvisati, masserizie, traversare le strade. Ma i tram scampanavano lo stesso sul loro passaggio, e non un segno sui volti, di sconforto o di offesa. Ogni tanto le vetrine dei negozi apparivano vuote, lo sguardo agevolmente vi trapassava: per questo camminavamo sui vetri, do spostamento d'aria della bomba», dicevamo. E invano ci spingevamo, verso quella strada, tutte le vie traversali erano bloccate intorno alla casa colpita, come un lazzeretto, percui era facile distrarsi alla vetrina illesa del vicino salsamentiere che esponeva polli arrosto e maionese. Andai in un caffè; le persene che mi erano vicine, amiche fra loro, si auguravano a vicenda tranquilla la prossima notte. TJscendo era già sera sulle strade e queste, di mano in mano che le traversavo per raggiungere l'osteria, sempre più spopolate. Resistevano nel fioco chiarore le edicole dei giornali come sentinelle perdute. Al di là delle porte oscurate dei bar e dei ristoranti ogni cittadino sembrava covare nella sua tranquilla presenza un proposito. Le tettoie del mercato di Porta Palazzo stagliate contro un velo finissimo di nebbia, nella luce lunare che si faceva vieppiù forte dal cielo rompendo la caligine, spoglie e deserte, mi dettero fisicamente allora il senso del dolore che calava sulla città e sugli uomini. I tram passavano al largo più forte scampanando. Ad essere montato su uno di essi, verso Borgata Vittoria, avrei potuto recarmi al cinema-varietà che mi era familiare. Un lungo e vasto locale, squallido, di pareti chiazzate d'umidità, ove si esibivano i «numeri» più stravaganti c pietosi. Fuori, sarebbe stata molle la massicciata, e l'avvallamento di corso Napoli mi avrebbe fatto evocare fantastici miraggi: quella sola macchia azzurra di luce ridosso alle case e la strada che scende scende nel buio e s'inoltra nel fiume percui ogni essere che vi scompare ha la sembianza dell'iniziato; dentro, nello squallido stanzone, il fachiro mascherato avrebbe comniuto diligentemente i risaputi eepn e misteriosi «sperimenti, gracile e freddolosa la canzonettista ripeteva forse in quell'istante: iNon è vero, rwn è vero...*, all'infinito. (Una sera che ci colse uno dei soliti allarmi senza conseguenze, la «tdicitrice» apparve nel ricovero sorprendentemente impellicciata e col cerone sul viso, fra là rispettosa vogliosità dei presenti). Ora, all'imbocco di via Garibaldi, una brigata di' giovanotti e ragazze parla del Sestriere e della neve: d'un tratto uno di costoro simula l'ululato della sirena provocando fra i compagni un festoso subisso di grida. Mi accorgo che lo scherzo è diretto verso un carro carico di mobili che il cavallo, normanno trascina a passo cadenzato, e delle forme umane lo attorniano: splende sulla cima del carro il bianco di una catinella, piazza Statuto arretra nel buio. L'osteria è luminosa e fumigante, la bella padrona toscana grida le porzioni con un'urgenza che non le è propria nella voce, e la radio a tutto volume accentua nell'ambiente l'eccitamento consueto. . Ormai la città è deserta, tanto stretta nel suo silenzio da sembrare abbandonata, il semaforo ài quadrivio di via XX Settembre occhieggia giallo, nel cielo la luce lunare si fa più tersa ancora, sul tondo pianeta sfrusciano rare nubi ceneree e celesti. Nell'osteria presto efollatasi la bella padrona toscana ci saluta stanca, sedendosi a un tavolo con le braccia conserte. Dai portici di via Viotti il grattacielo, in quella luce e in quell'ora, s'innalza spropositatamente. Rari sono ora i passanti, lenti e loquaci come in una passeggiata, qualcuno di schiude le portiere di un cinema elegante e vi entra facendosi schermo agli occhi con la mano per la troppa luce. La città emerge dal silenzio con le sagome quadrate delle case, e sul fondo delle pietre e del pavé la luce lunare precisa ogni detrito ed ogni ruga: se mi volgo, piazza Castello è un fondale com patto da melodramma. Questo silenzio è la cosa meravigliosa. I tocchi dei quarti < della mezza, dalle chiese di piazza S. Carlo, mettono a nudo la solitudine che ci circonda; ma è il calore umano che percepiamo indistintamente dietro ai muri a darci fiducia e saggezza sufficienti, in un'attesa distratta e struggente. E ci appare preciso allora il senso di quest'attesa, percui la città non e più disertata e regalmente sola con noi pochi superstiti per le strade: l'ululo della sirena d'allarme riempie ogni strada, ogni pietra, un suo no non ancora udito e intensamente scongiurato: un «vento nell'imminenza del quale tutto è immoto per le vie, e tutto ferve e si sgrana consueto al di là dei muri come per dimenticarlo. (Nella sua casa la ragazza C. ingannerà al pianoforte quest'ora, crederà ancora in un gioco diventato noioso che la costringe alla veglia). Rientriamo. La nostra camera ci assistè con le cose di sempre disposte al solito modo, accendiamo tutte le luci, sfuggiamo all'incanto; se qualcosa d'incerto sussiste dentro di noi basta un'inezia a fugarlo, basta lo scroscio del rubinetto ove ci laviamo le mani. (I due anziani operai perderanno altre ore del loro lavoro?). Mia moglie raccoglie un paio di dadi da un cestello e ci mettiamo a giocare, in un'attesa diventata cordiale. Vasco Pratolìni i ti OTrB-deH'altjro mondo, l'anno L'anno monteverdiano alla Scala zar* al PadiaoUl ed agli alti funzionaci Minimo 10 panili- ver annunzio. Aumento 1,80% pei lama svila PuhlilU cita t 3% ver lai-.mila tulienlrala* i8) offerte" o impiego e 01 lavoro L s (ftr parola. impiccata cercasi provetta, contabilita, pigne operai, pratiche sindacali, meglio stenodattilografa. Scrivere referenza cassetta 15 B, Unione Pubblicità Italiana, Torino. 10577 impiegato pratico manodopera preferibilmente ragioniere cercasi da importante azienda torinese, libero subito. Inutile offrirai senza requisiti e indicazione posti occupati. Offerte a rassetta Ti L, Unione Pubblicità Italiana, Torino. 50579 importante Società cerca veloce stenmiottilogrnfa perfetta conoscenza francese cognizioni spagnola;- scrivere Indicando precedenti, eia, pretese, studi, referenze. Cassetta :.1 F, Unione Pubblicità Italiane, Torino. 30:47 mettifoglio pcdnline assumonst. 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Persone citate: Ambrosino, Clerico, Feller, Keller, Micci, Vasco Pratolìni