Rido lini...

Rido lini... Rido lini... Ho rivisto Hidolini, maschera spettrale, ultimo pagliaccio fuggito dal circo equestre con la bombetta nera, le brache nere cavalcanti sul petto e le bretelle >■ inarcate sitila camicia bianca ; "dico spettrale anche per gli oc#clii infossati dal bistro come da ' due pugni violentemente assestati. E vero che gli occhi così conciati costituivano un trucco facciale e cinematografico comune a quell'epoca persino alle attrici. Rammentate? Occhi pesti, orlati con l'antracite, due cavità infernali in cui la sclerotica vagolava, lenta e sierosa, quanto l'albumina attorno al tuorlo. Nondimeno, così infoscati, erano gli occhi della passione, che parlavano di notti bianche, di abbracci dissennati, di languori ipnotici: carboni ardenti divenuti tizzi spenti dopo avere esalato il fuoco dell'amore e della morte. Due occhi-tipo furono appunto quelli di Asta Nielsen prima, di Pola Negri poi. Ma il pubblico, in quelle pupille carbonizzate, collocava sogni di lussuria. Ridolini se li abbuiava anche più, pel gusto della parodia. A quei tempi, parodia e caricatura erano balbettanti e perciò discrete: le folle non chiedevano per solazzarsi che un po' d'esagerazione. L'esigenza del grottesco e del deforme arrivò poi, col relativismo del così è, se vi pare, e la metafisica dei registi. Anche la satira volle una cerebralità che è una sorta di paprica dw sentinisnti umani. * * Ma adesso Ridolini non mi ha fatto più sganasciare; appena appena sorridere: un ridere con lo stirabafn. S'invecchia e invecchiando si pensa. Ed io ho pensato che Ridolini, all'anagrafe Larry Semon, nemmeno ai suoi tempi, ha avuto, in verità, il riconoscimento che meritava. Confinato nelle comiche finali, i suoi film-terremoto sconquasso uragano nei quali vorticavano persone e cose e andavano all'aria intere drogherie del West con le botti di spirito denaturato e tavole lucullianamente approntate finivano dal sesto piano all'ammezzato mentre gli invitati finivano fuori dalla finestra; quei film-maratona nei quali le carrozze correvano senza cavalli, le biciclette senza pedali e le automobili battevano il primato nella marcia-iudietro ; quei filmscemenza del two reels che per origine delle baraonde, delle cazzottature e delle volate avevano la confezione di una torta per un onomastico o i baci della moglie di un gendarme, rispondevano, alla fin fine, ad una soave e trillante ingenuità in cui fermentava, superstite, un diletto fanciullesco da «teatro dei pupi i trionfante di sarabande con manganelli, spatole e teste rotte, tutte di legno. Ma gli spettatori raffinati parteggiavano per Max Linder e abbandonavano Ridolini al volgare solluchero del pubblico da fiera. (Però, però, nelle sale buie, anche i raffinati si squacqueravano di risate). E Ridolini era intruppato nella categoria di Guillaume, detto Polidor, detto Tontolini, in quella di Fatty, di Robinet, di Gribouille: una categoria, puah, di clowiis senza divisa, di buffoni in borghese, nient'altro. Gli «artisti» del riso — giù il cappello — avevano un altro nome:• accanto a Linder si chiamavano Harold Lloyd, Charlie Chaplin, Blister Keaton, astri sorgenti o già splendenti che avevano un fulgore, ossia un «contenuto» sul quale s'affissava no i critici e gli storici del cine ma. Non si disputò, forse, per qualche anno se fosse stato Oliar lot ad imitare Linder o vice versa? * * Orbene, in quella disputa e mancato l'interlocutore che potè va esprimere, a mio avviso, l'opinione più legittima, se non !a decisiva, è mancato Ridolini. Il quale avrebbe potuto così par lare: «miei colleghi d'ombra e di schermo, bando alle ire, rappacificatevi. Non avete colpe da rinfacciarvi l'un l'altro: non vi siete copiati, nè imitati, perchè l'unico e solo che avete copiato ed imitato, eccolo qua, sono io ; l'unico e solo del quale abbiate plagiato il seguo più perspicuo, caratteristico e singolare, della vostra maschera: la mia tombale impassività. No, no, non protestate... So bene che la mia figura disarticolata e pulcinellesca, era sgraziata e miserella al cospetto della vostra e che la struttura zotica da bomberò della mia testa nulla aveva da che fare con l'eleganza estetica della vostra, ma il lumen del vostro volto, cioè lo spirito, oh, quello sì ch'era mio, mio, mio! Perchè io per primo — e sfido chiunque a negarlo — ho portato sullo schermo, supremamente stupida e immensamente esilarante la fissità statuaria dell'espressione: quella fissità, vuota e inerte della faccia che non si scomponeva nemmanco se un grattacielo mi franava addosso, nemmanco se un rogo minacciava di abbrustolirmi... ». E ancora Ridolini avrebbe po tuto aggiungere: «sì, sì, va be-. -p.jKxi.jnhisttate che però quella l ttthi ità < LuC«trtstribvctpstppssfhtden~inismstmmaRqdrmsSggnslsvUtdfstnnbazsimmertvbprfcnnstvtzrpncpcgfttscdtvtilsegAnmdsam tr»ttacchi unità n<