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tiiiM| Si capisce dopo [ 77 tiiiM| Si capisce dopo [ 77 |lt 111M111 {: r I n 11UI ! 11 [[ 1111M1111111111 r M11 II IM1111 II fi I rtt 111 tiIl male l'aveva colto a tradì-1smento ed era stato così violento, Gcosì fiero che quasi egli non s'era saccorto di esser stato trasportato d'urgenza in una clinica e sottoposto immediatamente ad una operazione chirurgica. Tutto era etato come in un sogno improvviso, pauroso, fulmineo, impossibile da evitare. Dopo, però, aveva assaporato, nel rilassamento della convalescenza, uu indicibile riposo. — M'ero stancato troppo, mam ma, non ne potevo più... La madre sedeva accanto al letto. Era una magra vecchina vestita di nero, con gli occhi rossi nel viso di cera, che fece ripetutamente di si. Certo, s'era stancato troppo, non ne poteva più. —Tu scherzi, un fardello simile sulle mie povere spalle 1 Impossibile ch'io potessi reggere. — Sì. Gustavo, era un fardello troppo grave per te. — Soprattutto dopo la vita che avevo sempre condotto prima. Ti ricordi, mamma? La madre accennò di sì, che ricordava. E intanto si asciugava gli occhi con un fazzolettino listato a lutto e inghiottiva con precauzione la saliva come se si trattasse di qralcosa di molto amaro. — Noi due soli, mamma, per anni e anni... Una vita ideale... Giuro che non ho mai invidiato il mio povero fratello Osvaldo che 6: era sposato, che aveva dei figli... Mai!... Noi stavamo così bene soli nella nostra piccola casa, tra le nostre vecchie cose, con le nostre care abitudini. Chi avrebbe detto che Osvaldo sarebbo mancato così all'improvviso?... — Ah, sì, Gustavo, chi l'avrebbe detto? —E che avrebbe lasciato tanti pasticci sulle mie spalle? — Povero Osvaldo... — Povero Osvaldo finche vuoi, ina non è lecito vivere così come ha fatto lui, senza giudizio, senza ordine e morire lasciando gli altri nei guai... — Non immaginava di morire, credeva di riuscire a riparare.... — Già, tu l'hai sempre compatito ! La vecchina si limitò a scuotere il capo e a portare più in fretta il fazzoletto agli occhi, no, non voleva disgustare questo modello di figliolo, per l'altro che era sempre stato più imprudente, più leggero, ma il fatto che il poveretto era morto e che ormai non si poteva più rimproverare in nessun modo, rendeva ogni rimprovero inutile. — Io non dico che l'abbia fat to apposta a morire e a lasciare moglie e figli sulle braccia a noi, comunque credo di essermi sfibrato in una lotta superiore alle mie forze. E i debiti da pagare e i conti da soddisfare... E' stato giusto che io ci abbia rimessi tut ti quei quattrini? La madre scosse energicamento/il capo: oh, no, non era stato gjusto ! — E poi non dico, Bianca non e una cattiva donna, ma così apatica, così incapace di iniziativa, così negata a farsi coraggio, a rimediare! Buona a piangere, questo sì, e ad appoggiarsi a me. Tutti son capaci di far così. Doveva, che so, industriarsi, vedere di pesare il meno possibile addosso a noi. Sapere almeno allevare bene i bambini, perchè devi puro ammetterlo, mamma, i suoi figli sono assai maleducati... La madre fece, con la manina inguantata di nero e armata di fazzoletto, un gesto vago. — Sai, i bambini... — Come, i bambini? Ce ne sono di bravi, di silenziosi, di educati... Ma quei due... Non dico Maria Pia, che è buona d'indole,, ma Giorgio... Che carattere, che tipo... Impossibile per nn> sopportarli, impossibile ! — Lo so... — Umile e dolente la madre gli dava ragione in tutto. Placato, egli stette un poco in silenzio, -gustando la pace di quella linda e lucida cameretta di clinica poi, indolentemente, avo gliatamente, si decise a doman dare: — E adesso, cosa fanno? La madre attorcigliò il fazzoletto attorno al piccolo pugno, poi disse con un sospiro: — Sai Bianca se n'è andata coi bambini. _ s Il viso di lui si rischiarò in un ridente stupore. — Questa è bella!... E dove mai? — Da suo fratello... Si è decisa a un tratto a scrivergli, a chiedergli ospitalità... — Giusto! Doveva farlo fin da principio... — Sai, non ci andava tanto vo-. lentieri con la cognata. E poi ci sono altri ragazzi... Non credo Che li abbiano accolti con entusiasmo... — L'entusiasmo non occorre... Un po' per uno, che diamine a sobbarcarsi quel peso... Si, un po' per uno. Bianca ha capito che tu eri troppo angustiato dalla sua presenza e da quella dei bambini... Povera figliuola, era così mortificata. — Bene, bene, così torneremo a far 1?- vita di prima noi due, manimetta cara. Sei contenta? — Oh, sì... — L'idea di trovare la' casa Sgombra mi farà guarir più pre alo, vedrai. La nostra quietéTTr ofcnostro silenzio !... i>|juiete, silenzio. La casa, ades- ntovrqrfvggqpmasdvdnstpspscs [ ti 1111111 lt 11 r 11111M1 »l 11 II M1M M1M111111M11 II < Il ! M111 11 < 177 so, ne era piena. Nel rientrare Gustavo trasse un respirone di sollievo Questa sì che è di nuovo la nostra casa ! Si aggirò cauto, un po' sospettoso, cercando le tracce degli ospiti molesti; possibile che non ve ne fossero? Certo che ve n'erano. Quei taglietti sulla tavola, quei piccoli scarabocchi sulle pareti prima immacolate lo fecero fremere. — Che vandali, buon Dio, che vandali ! Ma ora è finita... Era. finita. Ora che la 6alute gli era tornata del tutto poteva gustare appieno il ritorno alla quiete familiare. Tutto era come prima. Lui nel suo studio, la mamma nella saletta da pranzo a scalzettare, a cucire, la vecchia servente in cucina, anche lei addestrata da anni a tacere e a lavorare a testa china... Lui andò direttamente a interpellarla. — Ebbene, sei contenta?... Finita la vitaccia anche per te. Ora stiamo in pace, vero? La donna non rispose. Perchè tutti tacevano così? Anche troppo tacevano. La mamma poi, nel suo cantuccio della saletta da pranzo, un cantuccio che a lui prima era sempre sembrato più allegro di qualunque spettacolo (quell'albero davanti alla finestra, cos'era di piacevole, di dolce all'occhio!...) sembrava una statua senza vita, eolo si vedevano le sue ma,line muoversi, ma lentamente, come se qualcosa avesse spezzato la loro energia. Certo, pensò Gustavo, la morte di Osvaldo l'aveva ferita fin nelle radici, ma col tempo... Il tempo... Gli parve di sentirlo camminare il tempo nella sua casa silenziosa. Camminava senza far rumore, ma camminava. Guardandosi nello specchio, egli si vide il capo grigio. Come aveva fatto presto il suo capo a perdere lo splendore della giovinezza. E anche il suo viso... Nel silenzio della casa, ogni giorno, un filo grigio di più, una ruga di più. Chiuse gli occhi, si stese comodamente nella sua poltrona. Su, avanti, godesse il benessere della sua ca6a muta. Non c'eran più bambini a seccarlo, non c'era più una giovane donna che aprendo timidamente la porta gli dicesse con voce supplichevole: — So di disturbarti, Gustavo, ma vorresti essere tanto buono da aiutarmi anche questa volta? Stando così a occhi chiusi la vedeva benissimo Bianca, con quel suo viso dolce e infantile, quegli occhi mansueti, supplici, chiari, occhi che chiedevano continuamente scusa... Certo, lei dei pa- ~I difetti di Omobono~

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