"Aveva toccato i quaranta"

"Aveva toccato i quaranta" "Aveva toccato i quaranta" Adriano avev» toccato i quarant'anni, mesto, solitario. Aveva i capelli bianchi, le mani bianche, la voce bianca; sembrava un bambino vestito di bianco, con le scarpe bianche, di corda, che gli facevano il passo bianco silenzio so. Era timido, discreto, parla va poco ; anche tra le brigate più allegre e rumorose, Adriano sa peva tacere. Sotto quel candore c'era una sofferenza antica ohe gli impediva di ridere, o'era una vecchiaia precoce che egli teneva nascosta con pudore, quasi si trattasse di un segreto malanno contagioso. Sembrava giovane, malgrado la canizie, che sul suo capo si posava come un raggio di luna. Ai primi riverberi lunari che si insinuavano nella pineta, appariva lui, bianco, come uno spettro leggero. Nessuno lo aveva mai visto alla spiaggia o in giro per il porto, di giorno. Egli era noto come un uccello notturno ; e poteva considerarlo un ozioso soltanto chi non sapeva che durante il giorno Adriano lavorava per comporre delicate melodie, che facevano a sera la letizia di varie brigate. « Quello è Adriano! » dicevano i giovanotti seduti lungo il muretto della pineta a trascorrere le ore della luna, che sono le più calde ore notturne nell'iso la. « Quello è- Adriano ! » — e cominciavano a chiamarlo. Adria no s'avvicinava col suo passo che non si udiva. Non rispondeva ai richiami; e, giunto a pochi passi, diceva con voce pallida: < Buonasera I ». « E la chitarra? » — domandava qualcuno. c A casa ». Subito veniva spedito un ragazzo a prendere la chitarra; e, giunta che fosse tra le mani di Adriano che non sapeva suonare, nè cantare, cominciavano a fiorire gli accordi, come se cadessero dalla luna. « Che volete sentire ? ». I giovanotti, che conoscevano tutte le canzoni composte da A•driano da qualche anno, gli chie devano questa .o quest'altra, e Adriano non. le ricordava. Biso guava che qualcuno Jo aiutasse col fischio o col canto, per rammentargliene qualche brano, ~o talvolta, l'intera canzone, che Adriano accennava sulla chitarra frase per frase, come per impa rarla la prima volta. Sembrava non fossero eue le parole, e neppure la musica; ma appena la memoria si avviava, ecco il suo motivo uscire dalle corde bianche, toccate dalle sue dita bianche, incerte. Le sue canzoni parevano fatte non di suoni, ma di silenzi, su cui si modulava la voce di colui che lo aiutava col canto. c Ne hai qualcuna nuova? » — domandava un amico, appena la rassegna delle vecchie composizioni era terminata.' Senza rispondere Adriano attaccava, recitando le parole scritte da lui stesso, senza darvi colore. Bisognava impossessarsi subito dei versi, perchè Adriano non ripeteva mai una seconda volta le strofe già pronunciate. Allora egli tornava l'umile accompa gnatore, che si contenta di cava re pochi accordi dallo strumento, disinteressato alla sorte dei suoi versi che subivano spesso, nel passare di bocca in bocca, le più strane alterazioni. Il giorno dopo, tutti cantavano la canzone di Adriano] che nell'isola era stato soprannominato Adriano l'Immacolata. Sul principio credetti che quel titolo gli fosse stato dato a cagiono del suo pudore e del suo candore; più tardi seppi che lo chiamavano così dal giorno che, ragazzo, partecipò ad una sacra rappresentazione recitando la parto della Vergine. Su tale argomento però Adriano non dava spiegazioni esaurienti: perchè amava parlar poco, in genere, della sua vita trascorsa. Era nota a tutti soltanto la sua avversione a recarsi in città e ad accettare inviti di'gente facoltosa; ed era conosciuto altresì da molti il suo .disprezzo verso coloro, editori dmusica é organizzatori di spettacoli, che gli offrivano lauti guadagni in compenso delle sue canzoni. Ad onta della sua dignitosa povertà, Adriano si contentava spesso di un caffè, offerto da un amico che gli era caro e rifiutala persili di discutere le proposte che (li tempo in tempo gli venivano fatte, forse perchè sapeva die la sua amara musica poteva essere sopportabile nell'isolama sgradevole ad una folla domenicale" di piccoli borghesi assetata di divertimento. Le sunote erano semi di malinconia di disperazione, che egli, non so fino a -''e punto consapevolegettava ne! cuore di quei pochraffinati gaudenti, che sentivanil bisogno di un rimprovero più elio di uiia carenza. Là, nell'isola, si diffondevano facilmentlievi epidemie d'amore, che lmusica di Adriano esasperavasino a renderle insopportabili— Fuori dell'isola, quelle composi zioni dal ritmo lento e inquictan te non. potevano che perire ; Adriano lo sapeva; e sapeva pure, suppongo, che le sue note scomponevano di mare, di cielodi pini, di luna, o meglio esse erano lo specchio sonoro, fatte iechi spente, di quella natura asurda. vrdhbccdspp Quando conobbi Adriano, aveva forse toccato appena i quarant'anni, ma ne mostrava molti di meno, ad onta dei suoi capei vmah bianchi, delle sue membra|pbianche, della sua parlata bian-i nca. Era un'innocente creatura, Igcho viveva di rinuncia e di si- sbalenzio. Poco tempo addietro rividi A- driano, eri era cambiato. Non ve:;]stiva più di bianco, come negli ' aimi in cui' l'avevo conosciuto, cma indossava un abito scuro, oportava il cappello e passeggia-|pva lungo il porto di pieno gior-icno. Si tolse il cappello nel ve-ltdernu, ed io gli manifestai il mio tstupore nel ritrovarlo in qiiei.dpanni, fuori a quellora. Mi disse semplicemente : b Denaro ! ». Lo presi a braccetto, secondo una vecchia consuetudine, ma dopo pochi passi mi fece capire che quel contatto di braccia gli ingenerava fastidio. Si fermò, distante qualche metro, e ammirandosi nel mio sguardo ottuso, mi chiese : « Sto male? ». <r No » — dissi, t Stai bene ». Egli si tolse il cappello di nuovo,e soltanto allora mi avvidi che i suoi capelli, meglio curati, per effetto di brillantina, apparivano più oscuri. Ma sembrava più vecchio, nonostante gli sforzi per apparire più giovane. Volle ad ogni costo condurmi in un bar, dove ricevè saluti deferenti ma ostili. Mi offrì un caffè, e pretese cho mangiassi un dolce, ma tutto ciò fece con gesti astiosi, con voce opaca, senza grazia, non tanto, per disobbligarsi di qualche mia passata attenzione, aarrQ- rm; d'essermi incannato Iaccorgermi a essermi ingannato |« Vuoi altro? » — mi chiese. Al|nnnntn ner riarmi una nrnva oVÌ'quanto per darmi una prova etti suo potere. Disse infatti : Ecco » — gli sorrisi, nella speranza che nel crollo dei suoi sentimenti gli fosse rimasta viva almeno la ritrosia, la discrezione lnel parlare: ma. presto dovettijmio diniego, proseguì : « Era ora di piantarla con la mia miseria t. Gli dissi che non consideravo, la sua, una povertà riprovevole, ed egli mi riprese : ■ In un mondo come questo la povertà è sempre riprovevole... La gente si stanca facilmente dei virtuosi... E poi... il primo ad essere stanco ero io. Quarant'anni di rinuncie, quarant'anni di piccole miserie ; adesso mi vendico •. « Cosa fai? » — gli chiesi, c Commercio » »r— mi rispose, senza dirmi in che cosa, ma aggiunse: et E' un'epoca adatta agli speculatori •. « E la musica? ». « E a che serve ? Si può vivere di confetti per tutta la vita? ». Cavò di tasca un portasigarette, mi offrì una sigaretta e mi disse : n Ci vediamo alla Corona d'Italia per l'ora di pranzo, sei mio ospite e non mancare ». Mi strinse la mano frettolosamente, uscì. Alla Corona d'Italia lo trovai circondato da molta gente, una tavolata di quindici persone circa. Dalla finestra si dominava un bel tratto di costa, ma io non vidi che lui, che sedeva a capo della tavola, e ogni tanto mi lanciava sguardi d'intesa, invitandomi a mangiare senza discrezione. Quando uscimmo mi disse 6enza troppi riguardi che adesso egli i offriva il pranzo a coloro cho gli |] avevano offerto appena un cafIjfè, ed era felice di avere tanti | ospiti a tavola perchè era felice lidi spendere danaro: a Non ne ho 7 ,na! guadagnato tanto in vita mia, mi sarà permesso buttarlo i via come mi pare u. La 6cra cenammo ancora insieme, e alle ululici mi accompagnò all'albergo dicendo elio .aveva a|perSo l'abitudine di fnr tardi la -i notte : ' « Ora mi alzo con'gli an, Igeli . — disse, e con una rapida - stretta di mano mi lasciò al buio. Mi voltai a guardarlo, menile attraversava il breve recinto che - :;]a luna creava o](,.0 ,a S(.R,a j, i ' pàs80 «suonava duro sul sél, ciafco (lel viale che comluce ai cail. , oen„. la 8ua andatura nvi;va -|perso Un ieg£,erPZZa che indi-icava in lui n candore dci,Vl amli -ltrascorsi nenattesa. Era divenuo to un UQmo ogcu rumorofi0) i.dalla vooe opaca. t, silenzio clie «n tempo emanava dalla sua per-]sona era caduto ; ora Adriano era |un momento di rumore nell'uni verso, e la luna gli era nemica, perchè non dava risalto ai suoi abiti oscuri, ma ne faceva un cencio d'ombra schiacciato sulla terra. Lo richiamai: n Adriano » — nella speranza che/ voltandosi, mi sorridesse bianco e felice come una volta; ma egli non rispose al mio richiamo; chiamai di nuovo: « Adriano » — ed egli si fermò. Stetto qualche minuto in silenzio, forse a guardarmi, ed ebbi paura di lui; poi disse: « Che vuoi? ». Non risposi ; e lui non riprese la sua strada. La luna trasformava il vialetto in una pista fosforescente, ed io mi illusi di vederlo, tornare a me, bianco e leggero, come nel tempo in cui attraversava la pineta nei colmi binari. Carlo Bernari

Persone citate: Biso, Carlo Bernari

Luoghi citati: Adria, Italia