La morte di Angelo Appiotti di Angelo Appiotti

La morte di Angelo Appiotti La morte di Angelo Appiotti Le condoglianze del Duce - Un telegramma del Ministro Mezzasoma La sera del 29 è mancato In una clinica della nostra città, ove era stato ricoverato alcune, ore prima, il redattore de' « La Stampa » dottor Angelo Appiottl, presidente della « Satet » e già direttore del nostro giornale. Il decesso, quasi improvviso, è seguito a paralisi cardiaca sopravvenuta in seguito a inaiifficiìenza miocardica. Appiatti è morto! La parola tragica eppure fra tanti lutti quasi consueta, ci sembra impossibile di doverla usare per lui; per lui che amava tanto la vita, ed era così impulsivo, veemente, generoso. Quando si perde una persona cara si dovrebbe poter rimar nere in silenzio, senza parlare Eppure tocca a uno di noi; a uno di questa grande famiglia alla quale lui pure apparteneva, scrivere qualche cosa: ricordare la sua vita, il suo lavoro, le sue speranze, le sue illusioni, rivederlo insomma vivo, mentre la terribile verità della sita morte ci riempie di angoscia. Abbiamo tirato fuori, con mani trepidanti, il suo curriculum: e la sua vita così piena, così ricca, così tumultuosa, è oggi ridotta tutta qui, in poche parole terribilmente tragiche nella loro semplicità: nato a Rivoli il 4 marzo del 1904, legionario fiumano a quattordici anni, squadrista, giornalista di punta, redattore del « Corriere Subalpino » e del « Maglio y>, condirettore de « TI Nazionale » appena ventiquattrenne, redattore della « Sentinella d'Italia »; poi redattore de La Stampa, /o»idatore e direttore di « Autarchia », direttore del nostro giornale e infine presidente della « Satet ». Anche chiamato a così alto incarico il nostro giornale non aveva voluto abbandonarlo, e con la semplicità del suo carattere, lasciato il posto di direttore, era rimasto tra noi ?uale redattore. AUora con urti noi non aveva dovuto cambiare, non aveva dovuto scendere nessun gradino, perchè non era cambiato prima, non era montato in cattedra quando etra stata nominato direttore: semplice, cordiale, buono con tutu. Ci sembra che la nota dominante del suo carattere fu proprie la generosa bontà che non lo abbandonò mai, anche quando Jte vicende della vita e U temperamento risoluto lo portarono ad atteggiamenti di intransigenza e di estremismo. Intransigente era quanto alle idee, ma non con gli uomini. Se mai, se con una persona fu intransigente, fu con sè stesso; chiese a sè ed ada vita tutto quanto era possibile chiedere, con un impeto che non poterà non renderlo caro anche agli avversari, appena lo guardassero con un po' di umanità. Il suo stile era il più chiaro idlaslvsmnMvmrvas indizio del suo temperamento di uomo. I lettori ricorderanno lp sue prose che tendevano alla semplicità sino allo spasimo, anche a costo di rive, larlo; e tale quasi disperata volontà di essere semplice, sempre più semplice, effettivamente talvolta forse rivelò, nelle pagine meno riuscite. Ma dove la vena lo soccorreva, allora la pagina si affermava chiara, nitida, esemplare; ripensiamo ai suoi « servizi» sulla nostra aviazione, a quel Decameroncino che ebbe subito tanti meritati riconoscimenti; ai « servizi » dall'Africa, nei quali la sua sensibilità di scrittore seppe rendere con plastica evidenza un mondo scoperto con gioia quasi voluttuosa; nè vogliamo dimenticare, in un cenno sia pure rapido e sommario, % suoi articoli dalla Spagna, ai tempi della guerra civile, articoli che lo avevano posto in prima fila tra i grandi t'inviati» del nostro Paese. Troppo recente è la sua ai-, ti/vità quale direttore perchè occorra qui ricordarla. Aveva preso possesso della carica nel settembre del '48, in un momento particolarmente critico della nostra vita nazione le; ed oggi che è scomparso uomini di opposte tendenze e di opposte idealità possono tutti, nel ricordarlo, riconoscere che non era né comodo né facile assumere allora un posto cosi di pericolo. Presidente della Satet, aaWto si prodigò ' nel nuoix> lavoro, nonostante i tempi sfavorevoli al fiorire di una grande attività editoriale; ed , aveva in mente grandi idee, grandi disegni, che toccherà ad altri realizzare. Perchè lui non c'è più. Pensiamo i soliti mutivi di conforto, e non ci sentiamo confortati. Era troppo giovane, per morire; gli restava ancora qualcosa da dire, nella vita, e soprattutto — quando avesse finalmente ritrovato un sereno raccoglimento, al termine di questo travagliato periodo — qualcosa da scrivere. E invece se ne va, se ne va via per sempre, lo portano al Camposanto proprio mentre cade l'ultimo foglio del calendario appeso al muro. E tu, caro Appio, questo anno fatale ti eri messo a viverlo, come sempre, con tanta foga di rinnovamento e di vita. Ma siamo in tanti a sentirci angosciati, a stringerci intorno a tua moglie e alla tua bambina-, che il dolore — così vasto, cosi profondo, così sincero — è forse un po' più sopportabile.

Persone citate: Duce, Mezzasoma

Luoghi citati: Africa, Camposanto, Italia, Rivoli, Spagna