" L'ALTARE del tempio dell'arte,,

" L'ALTARE del tempio dell'arte,, " L'ALTARE del tempio dell'arte,, I. |tIl noto scrittore Alessan-iPdro Kuprin che ha avuto u-llria vita molto avventurosa e che anche sotto la sferza de! destino non ha mai perduto il coraggio e la serenità dello spirito, trovandosi una volta in una brutta cittaduzza della Piccola Russia, privo di mezzi per colpa d'un amico, ebbe l'ocasicne di conoscere la vita di dolori, di fame e di umiliazioni degli artisti tnon da semplice osservatore, ma per aver preso parte personale alla loro vita. Cercherò di rendere alcune vicende del suo racconto con quella ironia pacata e triste colla quale l'ho sentito raccontare. . . . Ben presto ebbi delle idee chiare su tutta la compagnia. Confesso che prima di iniziare la mia involontaria carriera teatrale non avevo una grande opinione delle compagnie di provincia, ma in grazia del nostro Ostrowsky avevo in mente dei tipi di gente un po' rozza esteriormente, ma di animo aperto e delicato, un po' istrioni, ma a modo loro devoti all'arte e al sentimento di solidarietà... Ed ecco che invece dovevo constatare che sulia scena regnavano solo la finzione e la sfacciatassrìne. Tutta gente senza cuore, infida, invidiosa, incapace di apprezzare ia bellezza e na potenza della creazione artistica, insomma gente bassa e vile. Per di più persone di una ignoranza fenomenale, indifferenti a tutto, finte, mendaci, fredde e servili davanti ai potenti o ai mecenati. Certe tradizioni del nostro teatro 6Ì conservano immutate. Così ci fu un certo Mitrofanov-Koslowsky, che prima di entrare in scena, si faceva il segno della croce. Ebbene anche i miei compagni facevano lo stesso, ma di soppiatto cercando di non farsi scorgere, per non parere superstiziosi o originali. Uno di tali prostitutori dell'arte, una volta dette delle busse al sarto e al parrucchiere, ed ecco che anche questa diventò un'usanza. Io ebbi occasione di vedere Lara-Larsky dimenarsi sul pai coscenico come un ossesso, gridando con voce roca : — Dove è qupsto sarto? Gli voglio fare la pelle! E dopo aver picchiato il sarto, con la paura di una adeguata risposta, seguitava n berciare: - — Tenetemi, tenetemi, se no faccio un massacro ! ila poi bisognava sentire con quale sicumera parlavano della osantità» dell'arte e del ndecoro» della scena. Ricordo una chiara mattinata di giugno ; la prova non era ancora cominciata e sul palcoscenico c'era buio e fresco. I primi ad arrivare errino stati Lara-Lariky e la sua momentanea moglie, la Medviedieva. C'erano in platea signorine e studenti. LaraLarsky passeggiava su e giù con aria pensierosa come se stesse studiando qualche cosa di serio. Ad un tratto sua moglie gli disse: — Fammi il piacere, Sascia, rifischiami il motivo dei a Pagliacci e che abbiamo sentito ieri. Quello si ferma sui due piedi. La guarda con aria di sorpresa, e sbirciando ia platea, risponde con tono enfatico e voce baritonale: — Fischiare? Sulla 9cena? Sei tu che dici di queste cose? La scena e l'altare del tempio dell'arte al quale noi consacriamo il meglio di noi, e tu vuoj che io fischietti... Ma, ma... E intanto in quel medesimo tempio i camerini deLe attrici erano visitati da ufficiali di cavalleria e da ricchi fannulloni, come certi altri luoghi che sì dicono tollerati. E tutto questo avveniva senza tante precauzioni. Spesso si vedeva il chiosco illuminato e vi si udivano voci fem- OnsfsdCGppdClsbEgvcpdvin«Bmqmspsaamettssputlrccsdscrlpbgvotiddldssdpsiblug■minili, e tintinnar di speroni e toccare di calici, mentre il facente funzione ^i marito faceva la sentinella passeggiando presso l'ingresso. Il cameriere che arrivava con un vassoio levato in alto l'urtava e sii diceva senza complimenti: — Lasciatemi passare. — Poi anche lui era invitato, e andava a fare il buffone, a mee-colare la birra con '.'aceto, e a raccontare qualche aneddoto piccante su^li ebrei. Ma in quanto ad art* tutti ne parlavano con orgoglio. Timofeiev Sumsky teneva spesso lezione sulle movenze classiche, che si andavano dimenticando. — Si è perduto lo stile della tragedia c!as.*:ea, — diceva in tono lamentoso. — Ecco rome una vota entrava in scena l'artista. - E Timofeiev si drizzava suKa persona, levava la destra puntan do l'indice, « si avviava ien tamente a gran passi verso lP01"1"- ~ Eccc que11° <*e llceya l! portamento classico, Otrgi invece si cacciano le ma ni in tasca e si fila verso casa. Proprio così. Qualche volta venivano fuori delle novità. Lara-Larsky, per esempio, raccontava dì avere fatto la parte di Clestakov nell'i Ispettore» di Gogol : — No, vedete, la parte del podestà io la rendo così: Il podestà osserva che la stanza dell'albergo è un po' buia. Certo, rispondo io, a voler leggere qualche cosa, per esempio, di Gorki, è impossibile ; è oscuuuro, osctiuuro... E mi sono sempre toccati degli applausi! * * Le rappresentazioni venivano preparate con una velocità da treno diretto. Per i piccoli drammi e le commedie bastava una sola prova; per la «Morte di Ivan il Terribile» e il «Mondo nuovo » ne occorsero due ; « Ismaele», dramma del sig. Bucliarin, richiese tre prove, ma solo perchè c'erano una quarantina di personaggi muti, che furono presi fra i soldati della guarnigione e i pompieri. E quella serata fu piuttosto ricca di incidenti. C'era nella compagnia un giovanotto di nome Romanov di alta statura e di bellissimo aspetto a cui venivano affidate le. parti secondarie che richiamavano fiato e imponenza, ma il quale per sua disgrazia era affetto da forte miopia, tanto che portava grosse lenti speciali, e sulla scena, tolti gli occhiali, andava sempre a sbattere contro qualche cosa, rovesciando colonne e vasi, inciampando e cadendo per terra.. Una volta, in un'altra città, facendo la parte del «Cavaliere verde» nella «Principessa lontana» era ruzzolato contro la riba.ta con la sua corazza di latta facendo un rumore da grosso samovar. Ma nella « Morte di Ivan il Terribile» superò se stesso. Egli irruppe nella casa di Sciuìsky dove erano radunati i cospiratori con tale impeto che rovesciò la panca sulla quale sedevano i boiardi mandandoli tutti a gambe all'aria. Anche i boiardi erano divertenti. Erano tutti giovani occupati nella fabbrica del tabacco. Io li accompagnavo in scena, e per quanto io sia di piccola statura, il più alto di essi mi arrivava alle spalle. Una metà di questi boiardi vestiva un costume caucasico, e l'altra dei caftan! presi a prestito dalla cantoria dell'arcivescovado. Quando il pubblico vide apparire in scena quel gruppo di faceie infantili con quelle finte barbe nere, gli occhi ingenui e le mosse impacciate ci fu un unanime movimento di alle- gria' Nina Romanowskl (Continua)

Persone citate: Gogol, Kuprin, Mitrofanov, Nina Romanowskl, Romanov, Spesso

Luoghi citati: Altare, Piccola Russia