La previdenza agli artigiani

La previdenza agli artigiani Politica sociale della Repubblica La previdenza agli artigiani Si è detto da taluno che era i ozioso e anacronistico forza-1 a ù a re la psicologia degli artigiani ! alla previdenza — la quale suppone una concezione idealistica della vita — e che questo appariva un eccesso di zelo, nel franamento del costume e dei princlpll morali. Ma erano sofismi, sfilacciature dlsfattiste, zeppe frastornanti. Fors'anche un residuo della concezione liberale della vita sociale, per cui l'individuo è il regolatore di se stesso e lo Stato una semplice proiezione dell'individuo, nonché di quell'altra concezione per cui il sindacato è una sopravvivenza classista, ed ogni iniziativa per potenziarlo, direttamente o indirettamente, risulta pleonastica o inattuale. Il problema previdenziale è sempre stato un problemabase per gli artigiani i quali, e particolarmente in questo attuale periodo, hanno appoggiato le loro richieste alle seguenti considerazioni: 1) che gli artigiani sono sottoposti agli stessi rischi dei dipendenti, in quanto essi partecipano all'intero ciclo lavorativo; 2) che le possibilità economiche e la vita stessa delle aziende sono esclusivamente condizionate alla capacità di lavoro dell'artigiano e che pertanto il sopravvenire d'una malattia o di un infortunio colpisce alla radice, oltreché il reddito dell'artigiano, la funzionalità dell'azienda; 3) che la struttura della azienda artigiana a profitto limitato impedisce l'accumulazione di adeguate riserve, con le quali far fronte alle possibili crisi aziendali; situazione analoga a quella del piccolo agricoltore, al quale, peraltro, rimane quella ricchezza virtuale ed eterna che è la terra 4) che la Repubblica Sociale volendo eliminare il pauperismo, vizio millenario della società, non può tollerare che gli artigiani rimangano esposti alle asprezze ed ai rischi della miseria, con danno emergente per l'economia nazionale; 5) che la collettività, e quindi lo Stato, intervenendo con forme assicurative obbligatorie, creerebbero per gli artigiani e per i loro familiari una situazione di tranquillità, che si risolverebbe — in definitiva — a vantaggio della collettività e dello Stato medesimo, costretti anche oggi a intervenire a favore degli artigiani indigenti o incapaci al lavoro nonché dei loro familiari, con provvidenze omeopatiche e saltuarie, in ogni caso aleatorie. Ragioni puramente formali hanno eluso fin qui la soluzione del problema: l'artigiano — si diceva — quale datore di lavoro non poteva beneficiare delle provvidenze largamente accordate ai lavoratori. Mentre si trattava di stabilire la reale posizione degli artigiani nella vita sociale, di misurarne le possibilità, di classificarne i bisogni. Il Governo della Repubblica ha fatto giustizia di queste pregiudiziali formalistiche e, su proposta del Ministro Tarchi, con recente decreto legislativo del Duce — in corso di pubblicazione sulla K Gazzetta Ufficiale » — ha esteso obbligatoriamente agli artigiani l'assistenza e previdenza sociale e precisamente: a) l'assicurazione per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti; bj l'assicurazione per la tubercolosi; c) l'assicurazione per la nuzialità e la natalità; d) l'assicurazione per gli infortuni sul lavoro e le ma lattie professionali; e) l'assistenza di malattia; f) gli assegni familiari. Ciò non è soltanto un riconoscimento degli inderogabili bisogni degli artigiani, ma è rigorósamente consequenziale. In una società dal. la quale siano eliminate le punte di lusso e di inerzia, e tutto sia o debba essere rigorosamente organizzato e ricondotto ai fini sociali, la previdenza cessa di essere un correttivo della miseria, uno strumento di equilibrio occasionale a uso del meno abbiente ma, come già 11 pensiero mussoliniano aveva àhti* clpato oltre e contro la concezione filantropica della democrazia, una persistenza del valori sociali nell' individuo, una forma di solidarietà organica e sistematica, dalla quale nessuno, che lavori nella società, possa essere escluso. Se il lavoro è l'unica dimensione della vita sociale e se lo stesso capitale — non più monopolista — può produrre un reddito in quanto sia lavoro, il problema della previdenza, qualunque sia ti meccanismo per attuarlo, diventa totalitario. Sotto questo profilo, la interruzione forzata del lavoro non respinge alcun liavoratore ai margini ed a carico della società. D'altra parte, la previdenza — nella Repubblica Sociale — non rappresenta la gratitudine della società espressa in pillole caritative. In altre parole, non ci può essere soluzione di continuità nel rapporto lavoro-reddito. La solidarietà non è un attributo spiritualmente vago ed economicamente indefinito, ma si attua attraverso la proporzionalità dei valori e delle funzioni lavorative. La tesi degli artigiani si ingranava, quindi, naturalmente nella concezione repubblicana della vita sociale e il problema della previdrnza diventava un momento del ce sistema ». Siamo giunti cosi al provvedimento legislativo, col quale il Governo della Repubblica Sociale Italiana, accogliendo i voti degli artigiani, ha voiuto consacrare la legittimità funzionale di una categoria, che, oltreché rap- presentare uh fattore essen-/ ziale della vita economici^ del paese, per l'oggi e" per bdomani, è sempre stata uirlr leva primaria di ordine e patriottismo. E' ovvio e Jgv tuitivo che il provvedixnaW4dovrà essere attuato nei termini che lo. rendano quanto più aderente ai bisogni degli artigiani. In questo sensoi\a gradualità della sua applt^iV zione appare realisticamente opportuna e necessaria. L'onere della previdenza, d'altra parte, dovrà essere convenientemente ripartito — come diremo altra volta — in modo che il provvedimento risulti commisurato con le possibilità degli artigiani, i quali potranno godere finalmente delle forme assicurative nei termini dettati dalla logica, dalla giustizia e dalla realtà nonché in base ad una concreta tangibile solidarietà d'alto valore soprattutto morale. Vogliamo anche sottolìneare un evento chs, per noi, ha un'importanza fondamentale: il provvedimento consacra l'ingresso degli artigiani nel campo del lavoro. Una forza di ordine, un elemento coesivo della vita sociale si innestano nella massa lavoratrice protagonista, arricchendo i quadri e il tessuto dello Stato e della società rapubblicana. Mario Urbinati

Persone citate: Duce, Mario Urbinati, Tarchi