I loro progetti

I loro progetti I loro progetti La ragione principale delle misere condizioni nelle quali ha sempre vissuto il popolo ^italiano consiste nell'angustia dello spazio nel quale è costretto a vivere e nella scarsa produttività di questo stesso spazio. Le briciole di territori coloniali consentitegli da coloro che per primi erano arrivati all'accaparramento de^ le più vaste e ricche regioni del mondo non valse a risolvere nè il problema dello spazio nè quello delle materie prime. La conquista dell Impero Farve in un primo momento atto capace di avviare a so8 luzione questi due assillanti e interdipendenti problemi. Ma contro di noi si coalizzarono gli egoismi di coloro che ci I volevano eternamente poveri • e aggiogati al carro della loro supremazia economica e poli- ! tJca. Use a dettar legge al mondo attraverso la loro potenza finanziaria, le plutocra- | zie internazionali non vollero riconoscerci il diritto a un'e- j spanatone adeguata ai nostri bisogni, che favorisse la nostra emancipazione, economica e ci mettesse in grado di attuare una politica indipendente conforme alle nostre più logiche e naturali aspirazioni. Poiché la natura ci aveva fatto poveri in casa nostre, a \noi non doveva essere lecito | cercare oltre i confini della patria ciò che esse avevano da tempo abbondantemente trovato. Per questo si tentò di soffocarci con le sanzioni ginevrine e ci si costrinse poi ad abbandonare la nostra operosità costruttiva per imbracciare le armi in difesa del nostro diritto. Lo strano è però che proprio ora che si crede di averci messo definitlvamete a terra ,* si è convinti di poter fare di noi ciò che meglio talenta, Bi arrivi da parte nemica al- • lo straibillante riconoscimento Jfche tutti i nostri mali deriva*'"no dal fatto che siamo in troppi a vivere in un territo■&o eccessivamente ristretto, il quale non può darci tutto ciò •;di cui abbiamo bisogno. Quejpto riconoscimento è stato sfatto recentemente da Roosevelt e da Churchill. Qualcuno ■jpotrebbe forse da ciò dedurre <òhe i due solenni patriarchi, i quali promettono, a vittoria •raggiunta, di riorganizzare il mondo in maniera che per secoli fra gli uomini regni la pace più idillica, abbiano divisato di risolvere il problema italiano in conformità, se non altro, dei più elementari dettami della giustizia. Questo qualcuno, se esiste, si affretti ..pure a rimangiarsi LI prematuro ottimismo. I plutocrati hanno, si, un piano che prevede la soluzione del problema italiano, ma questo piamo è stato studiato in funzione esclusiva degli interessi plutocratici, e se ai nostri nemici fli sviluppi e la conclusione el conflitto offrissero la possibilità di attuarlo noi ne usciremmo conciati veramente per le feste. Intanto è interessante notare che il riconoscimento dell'angustia territoriale nella quale viviamo pigiati come acciughe in un barile, coincide col riconfermato proposito di privarci di tutte le colonie. AllCTa è proprio il caso di chiederci quale sarà la nostra condizione il giorno in cui la guerra terminasse con una vittoria anglo-russo-americana. Quel giorno, poiché la - guerra avrà devastato e ri>. dotto in deserto squallore di rovine fin l'ultimo lembo del territorio nazionale, noi ci troveremo con la quasi totalità delle industrie distrutte, con i traffici paralizzati, col commercio boccheggiante, con l'agricoltura ridotta al lumicino. A un disastro di questo genere noi non avremo alcuna possibilità di far fronte: se mai potremo aggravarlo a mezzo delle lotte fratricide che continueranno a imperver sare più accanite e implacabili che mai. In quanto agli « alleati », la loro buona volontà di aiutarci la manifestano già in termini inequivocabili sia col privarci delle colonie, sia col farci sapere che amputeranno senza riguardo dal corpo vivo della Patria lembi di territorio che andranno a soddisfare le ingorde brame dei nostri vicini di de Btra e di sinistra. Come si vede, il quadro di un siffatto domani è di per sé abbastanza tragico, perchè .sia necessario calcarne le tinm per fini propagandistici. Ih. prospettiva che a.gli ita/ 88 li si presenta è semplice/ i ite quella della fame. A / Jv •) che... Oh, non temano ;aliani: non è affatto vero gli « alleati » pensino di arli dalla fame deportan. w„»l come schiavi. Si tratta di ben altro. Pur conoscendo la ferocia bestiale del nemico, la sua truce ansia di vendetta, la cupa brama del nostro sangue che gli fa correre fremiti per tutte le vene, noi siamo convinti che a un determinato momento — e precisamente Suando non rimarrà agli itaani alternativa diversa da quella di abbandonarsi supi namente alla sua volontà — egli dirà loro, sguinzagliando dalle labbra un sorriso all'idromele: « Voi oggi non avete di che sfamarvi perchè' la vostra terra non produce più nulla, e noi vi daremo da mangiare; non avete lavoro perchè qui tutto è1 affetto da paralisi, e noi vi faremo lavorare 10, 12 e se sarà necessario anche 15 ore al giornot non avete spazio perchè siete molti e la vostra terra non può contenervi tutti, e noi vi mettiamo a disposizione 11 mondo, il nostro mondo nel quale voi potrete liberamente aspirare ad essere da noi utilizzati nel modo ehe riterremo più redditizio... per l'umanità. Non c'è bisoemo di molta gente in Italia. In questa vostra splendida terra quel che soprattutto preme è di avere la massima cura delle bellezze naturali: ma a ciò Sravvede in gran parte il UOtt Dio, per cui a quei po- aFislfqgvpezvspgagtnPnPncptdpusaMiaspsuccgstlnBfsn

Persone citate: Churchill, Roosevelt

Luoghi citati: Italia