Quando la flotta del lavoro navigava sul Mare Nostro

Quando la flotta del lavoro navigava sul Mare Nostro LA GUERRA CHE NOI PREFERIVAMO Quando la flotta del lavoro navigava sul Mare Nostro a e è Il SS ottobre 1938 salpava da Genova una magnifica flotta diretta verso i porti della Libia, ed altre navi vi si aggiungevano poi a Napoli e a Siracusa. Erano sedici piroscafi scortati da due unità da guerra, il Malocello e il Pessagno. Quell'imponente complesso di navi, con in testa il Vulcania (una delle più belle di quella stupenda marina mercantile che il Fascismo aveva creato e verso la quale vanno oggi le nostalgie perfino dei rinunciatari dell'Italia invasa) recava a bordo B0.000 italiani che andavano oltre il mare a crearsi nuove possibilità di vita e di prosperità. Non erano più gli emigranti d'un tempo, che partivano alla ventura, laceri, sperduti in un mondo indifferente ed ostile, tristi messaggeri d'una Patria che non aveva da sfamarli e una volta lontani li negligeva. Era oggi un vero esercito rurale, inquadrato da una magnifica organizzazione e accompagnato dalle premure e dall'affetto della Patria risorta che il mondo stimava o temeva, un esercito che sapeva di trovare nella nuova terra che l'attendeva, una ca sa e un terreno dove lavorare all'ombra protettrice della propria bandiera. Era la prima volta nella storia che un'intera Armata del lavoro si spostava dal suolo patrio verso lidi d'oltremare ; mai nella storia si era avuto ndtpdnpdtlo spettacolo di tanti scafi vhe[ e a a a navigavano maestosi stendendo sul mare come una sola catena lunga SO chilometri e non per scopi bellici di offesa o di difesa, ma per un'alta 7?iissione di civiltà destinata a dare pane e lavoro a tante migliaia di persone e a redimere una terra lontana che da tanti secoli era immersa nel letargo dell'abbandono. Mentre questa flotta d'eccezione, verso la quale erano concentrati gli sguardi del mondo, solcava il Mare Nostrum (non ci sentiamo di chiamarlo diversamente) apparve all'orizzonte l'incrociatore Trieste con a bordo il Duce, davanti al quale sfilarono le navi, dalle cui tolde si levavano altissime manifestazioni che non esprimevano soltanto entusiasmo, ma anche gratitudine e orgoglio. Chi ebbe la ventura di vivere quei momenti là sulla liquida distesa .del Tirreno non li dimenticherà mai più, come non li hanno .dimenticati i forti contadini che in quel radioso mattino acclamavano il costruttore della nuova Italia il cui volto era veramente imperiale. I 20.000 lavoratori trovarono sulla Quarta Sponda accoglienze altrettanto calorose quanto il commiato che avevano avuto dalla Madre Pa. Ma; ma trovarono, soprattutto, tra lo squallore della terra che andavano a feconare, una casa nuova, bian- [chissima, sistemata e arredata ctcsdBls o l a e i a e e a e con ogni cura e accorgimento. L'organizzazione era stata così perfetta (vi aveva presieduto di persona quel grande realizzatole ch'era Italo Balbo, vero proconsole dell'Italia moderna) che, oltre a tante cose minute e pur necessarie, v'era la scorta di viveri e d'acqua, in modo che la massaia poteva immediatamente preparare il desco per la famiglia, regolarmente numerosa. E l'anno successivo, quando, alla stessa data, una nuova flotta pacifica approdò sulle coste libiche recando la seconda ondata dell'esercito lavoratore .già buona parte dei terreni aveva subito una radicale trasforma* zione a4. opera dei primi 20 'mila. Ogni contadino, sapendo che la terra che coltivava doveva un giorno diventava sua, aveva messo tanto impegno nel valorizzarla,, che veri miracoli erano stati realizzati. Era uno sforzo veramente colossale quello cns l'Italia stava- comtpiendo laggiù. Basti soltanto ricordare cho sul Gebel cirenm'.co era in avanzata costruzione, all'inizio del conflitto, un gigantesco acquedotto di circa 200 Km., paragonabile per grandiosità ai quello pugliese, per dare acqua a 50.000 abitanti italiani di quella regione che ne era tanto scarsa e che, nel 1939 era in azione nel Misuratine l'impianto forse pnii grande d'Europa per la trivellazione di pozzi artesiani, dai quali zampillava l'acqua da 400 mefrt di profondità, per fecondare i centri agricoli di Crispi, Gioda e Garibaldi. In soli due anni erano sorti lungo la fascia costiera ben 23 villaggi pei nostri rurali. E la propaganda nemica, spco'&lmente inglese, che si affannava a sobillare i musulmani insinuando che ad essi erano state tolte in Libia le terre, fu sonoramente battuta dalla realtà perchè te terre non erano state lotte a nessuno in quanto erano incolte, e per gli arabi furono invece costruiti numerosi 'Hit-aggi agricoli e pastorali, con loro grandissima soddisfazione. Tutto ciò non andava assolutamente a fagiolo all'In. ghUterra, ta quale vedeva nella nostra colonizzazione, non sfruttatrice come la sua, ma a sfondo nettamente sociale e civilizzatore, un pericolo, perchè i musulmani da lei brutalmente dominati avevano davanti agli occhi un esempio che li induceva a scuotere il giogo. Le fiancate dei piroscafi che sei anni fa salvavano da Genova e aagli altri porti erano percorse da striscioni che recavano un'immensa scritta: Questa è la guerra che noi preferiamo Quella guerra incruenta, contro la natura ;he con noi era stata così avara dei suoi tesori, la combattevamo sempre più intensamente sui fronti della Madre- Patria, della Libia e dell'Africa Orientale Italiana. Magnifiche l'ittorie avevamo già ottenute, e in primo luogo quella delle due grandi migrazioni di rurali sulla Quarta Sponda. Ma non erano che le. prime: ben altre ne avremmo riapriate in seguito, soprattutto nell'Impero, aie stava diventando tutto un cantiere di opere per la valorizzazione agricola, mineraria e industriale, se la pace, che Mussolini difese strenwimente fino all'ultimo, fosse stata mantenuta nel mondo, i-um. mo invece trascinati nella guerra cruenta che, negl'attimo dei nastri nemici che la provocarono, doveva privarci dei benefici assicuratici da quella che preferivamo. L'Italvi cotti avemmo deciso i signori anglosasso. ni — doveva esistere soltanto in funzione di serva aetì padroni del mondo; altrimenti bisognava distruggerla. Ma l'Italia, nonostante il tradimento, nonostante la tremenda situazione di oggi, non sarà distrutta. Per virtù dei suoi figli migliori decisi Ut battersi con esasperata fcie e con la forza della disperazione, risorgerà e tornerà sulle vie maestre sulle quali era stata avviata per un ventennio. G. Z. Ornare

Persone citate: Crispi, Duce, Gioda, Italo Balbo, Mussolini, Pessagno