GROTTESCO E TRAGICO di una dichiarazione di guerra

GROTTESCO E TRAGICO di una dichiarazione di guerra GROTTESCO E TRAGICO di una dichiarazione di guerra Ancora una mostruosità, resa ufficiale per bocca delSottosegretario agli esteri del Governo Bonomi: « L'Italia si considera in guerra con il Giappone e lotterà a fianco degli aJleati fino all'ultimo ». L'Italia di Vittorio Emanuele, l'Italia « eroica » che un anno fa si è consegnata al nemico per non battersi in difesa delle proprie contrade e della propria gente, parte adesso in guerresca fierezza a conquistare i mari e le terre dell'Estremo Oriente! In pronta obbedienza agli ordini di Roosevelt e di Churchill, sarà inviata nel Pacifico l'intera flotta della capitolazione con i propri equipaggi al comando di ufficiali inglesi; e sarà inoltre approntato un contingente di 500 mila soldati italiani da inquadrare in un esercito internazionale per l'impiego nelle operazioni contro il Giappone. Nel f rat-tempo il territorio della Penisola è a ferro e fuoco e nel¬ l'Italia invasa il popolo è straziato dagli stenti e dalla fame. C'è da restare interdetti. Non sappiamo bene con qua. li occhi guardare a questa estrema impudenza dei governanti dell'Italia invasa, non sappiamo bene se ridere della buffonata patente, o se lpiangere per la tragica beffa ]di cui il nostro popolo conti- i l o e l n e e a n i , e e n n r nua ad essere vittima, o se bestemmiare per i>l modo osceno con cui si fa scempio del nostro ultimo prestigio nazionale, quasi che l'Italia sia un cencio da buttare di lordura in lordura. Non abbiamo nulla in comune con chi ha fatto e fa mercato dell'onore e del sangue della Patria, ma tuttavia non possiamo non pensare con terrore a ciò che si cura domani, in giro per il mondo, dell'Italia e degli ItaJiani, quando la storia avrà dato il consuntivo del nostro stile nazionale nel corso di questa guerra. La storia va per sommi capi. Essa potrà anche discriminare fra chi ha tradito e chi è stato tradito, potrà anche tener conto dell'onestà rivendicata in ogni ora i .da una minoranza di Italiani, -! potrà anche registrare il ¬ è a . . a a, e e n o ri o o, oa a a a ei e le cerlle de oacit- oni tio e ahe lt naro sti aln e in te adi a si e. to nolol elte la do o si bte s uon ca ro e ote t » eer trionfo della nostra causa, ma non c'è dubbio che graverà con amaro giudizio sulla nostra natura e sulla nostra maturità di popolo. Avremo un bel dire che la colpa è del re> e di Badoglio, di Bonomi e di Croce, ma sarà l'onore d'Italia implicato, saranno gli Italiani a subirne le conseguenze umilianti. Questa è la nostra tristezza, che si esacerba nell' impotenza di fronte ad ogni nuova infamia con cui si vuole insozzare il nome sacro d'Italia. L'Italia aveva liberamente e solennemente concluso dei trattati che portavano il nome di Patto anticomintern, Patto d'acciaio, Tripartito. Per dovere di fedeltà e per diritto di vita era scesa in guerra fra strepiti di entusiasmo popolare. E la guerra fu poi condotta in modo stracco per il tradimento che già minava l'efficienza bellica della Nazione. Alla fine maturò il tradimento aperto con la pugnalata alle spalle dell'alleato e con la resa a discrezione. Poteva bastare. C'era di che colmare di vergogna parecchie generazioni di Italiani. Invece non bastava. Occorreva portare l'onta patria a raffinatezze impensate, e cioè legarsi subito di alleanza con il nemico di ieri, quello stesso contro cui tanta giovinezza d'Italia aveva versato il suo sangue, e in ogni casa le lagrime erano ancora, calde. Occorreva fare il superlativo del verbo tradire, dichiarando [guerra alla Germania, alleata del giorno prima. Occorreva infine giungere al parossismo del grottesco e del tragico dichiarando guerra al Giappone. L'immoralità è flagrante e getta fin da oggi luci sinistre sulla dignità della nostra Nazione, anche se si tratta di una condotta imputabile ad un governo imbelle. Vien da pensare che vi sia molta più fierezza nazionale nel Paese degli Ottentotti! Guerra al Giappone. In nome di quali ideali, di quali interessi territoriali o economici, di quali vitali rivendicazioni, di quali contrasti, di quaie giustificazione storica?' LTn anno fa l'Italia, aggredita e minacciata nella sua indipendenza, deponeva le armi perchè « esausta », perchè incapace a difendere il proprio territorio, che veniva ceduto vigliaccamente all' invasore; adesso, a pochi mesi di distanza, quella stessa Italia si prepara a dare un copioso tributo di sangue alla grandezza e alla gloria dei padroni del Pacifico e del Mediterraneo. Quale farsa pietosa, quale sconcia detrazione di ogni onore nazionale! Noi per fortuna siamo sull'altra riva, qui dove la parola fedeltà e la parola onore hanno ancora un senso, qui dove non si usa far mercato di carne da cannone, dove si lavora a salvare l'Italia non con i tradimenti o la compravendita dell'onestà e delle coscienze, ma con il combattimento a viso aperto. E non importa se ogni sogno di vittoria dovesse crollare, pur che sia salva la vittoria del nostro spirito nell'onore rimasto puro ed integro. Non vi è benessere nè oro che paghino la faccia pulita I della propria Patria, e noi rin! graziamo Iddio di non essere | fra quegli Italiani che la Patria hanno mille volte prostituita. E questa serenità ci basta per accettare a testa alta qualunque sorte ci riserbi l'avvenire. Nel considerare l'immorale traffico degli uomini e delle si ì navi che il governo di Bono- mi si appresta a cedere agli anglo-americani per la guerra nel Pacifico, il nostro pensiero corre ancora una volta alla bella flotta d'Italia e ai suoi magnifici equipaggi che erano I degni di un destino meno in' tamante. Pensiamo alle navi e ai marinai estraniati dal loro mare, inviati in esilio coì me mercenari, a combattere una guerra straniera, a ser; vire una bandiera odiata, mentre la Patria dolora per I tanto ferite. Addio MediterI raneo, campo di tante gesta | onorevoli, di tanti silenziosi il: eroismi, tomba di mille e mila- !le compagni caduti, oggi rinti: dotto a bivacco del nemico per tre anni combattuto. Triste avventura. Ma non resta deserto il nostro mare. Un tricolore ancora sventola, luminoso e libero, sugli scafi ardimentosi. E marinai di gran fegato restano a buona guardia. Con poca prora per l'insidia vasta. La Marina italiana è viva! Ed è :'.alla nostra parte. Andrea Pais er e co au

Persone citate: Andrea Pais, Badoglio, Bonomi, Churchill, Roosevelt