I curiosi giudizi di Ortensio Laudo di Antonio Antonucci

I curiosi giudizi di Ortensio Laudo NELL'ITALIA DEL CINQUECENTO I curiosi giudizi di Ortensio Laudo Ortensio Landò, trovandosi a Forci, amenissima villa vicino a Lucca, in compagnia onesta, colta e amante del bel parlare, portò 11 discorso sulla diflsimiglianza degli uomini e ne derivarono le Forcianac Quaestiones, pubblicate poi a Napoli nel 1536. Da esse si può ricavare un quadro curioso della diversa indole, nonché de: gusti e costumi diversi, nelle varie province d'Italia. Dico « curioso * ma non saprei fino a quale punto corrispondente a verità assoluta. L'autore tradisce troppo facilmente antipatie e simpatie, sicché taluni suoi giudizi altro valore non hanno se non quello archeologico di riesumazione. E ciò va inteso solamente per quelli cattivi. Quanto agli altri, anche se spinti all'iperbole, non possono generare che compiacimento. Così Lucca, ci appare come la città perfetta. Ivi, piazze e strade « sono lanto polite » che ti ci puoi aggirare anche a « piedi nudi ». Colà « non havvi chi tenda agguati al pudore delle donne, chi sper. giuri, chi rubi, chi in gozzoviglie le paterne sostanze consumi ». Ma Lucca è la città dell'anfitrione del Landò. Il suo giudizio non è per caso influenzato dalla cortigianeria? Non importa. Evviva Lucca, e passiamo al resto. Studio, mercatura e milizia Primo campo. Lo studio. Quanti gusti diversi nella bella penisola: i Milanesi preferiscono la giurisprudenza, i Fiorentini la filosofia, i Calabresi le «greche lettere », mentre le divine si localizzano |a Lucca e quelle amene a Ve rona. Vicenza preferisce la filosofia morale e Bologna le ?)iaie))!0iic7ie discipline; i Veneziani la musica, Siena l'arguzia, Perugia il diritto pontificio, Mantova la lingua ebraica, Pavia la bugie dei sofisti La medicina sceglieva Ferra-!_ *? ra Padova e Salerno. Roma, niente. Non se ne parla. Secondo campo: la mercatura. In primo piano, Lucca, aliena d'avidità, « non manca mai di parola». Avidi invece ed avveduti nel non fare la più piccola perdita sono i Fiorentini, superati in avidità dai Ganovesi (più. avidi di tutti). Essi, « per far guadagno, si recono in paesi deserti e lontanissimi », elogio quanto mai lusinghiero. I Genovesi mercatano anche a credito, mentre i Veneziani vogliono « pronto contante ». I Milanesi sono « di si ammirabile onoratezza e tanta lealtà che se cadono in gualche sinistra vicenda, com'è proprio del commercio, amano meglio morire che mancare alla parola ». Terzo campo: la Milizia. Qui troviamo: valorosi i Perugini, precipitosi i Calabresi, forti ma senza considerazione i Romagnoli, tutti gli strattagemmi conoscono i Napoletani, soro crudeli i Ferraresi e i Piacentini, fortunati i Sienesi e feroci i Romani. Amano meglio i Mantovani combattere a cavallo che a piedi; coraggiosi sono i Bolognesi ma poco obbedienti; intrepidi sono i Milanesi via apportano più danno a sè che ai nemici. Nella guerra marittima, i Genovesi non la cedono a nessuno, nelle terrestri poi sono quasi timide pecorelle; appena sentono lo strepito.dei bellici strumenti, subito si spaventano, nè sunno più che facciano; i Cremonesi i5i.^J«n i,.n0 o-n a,^«.ldispongono bene gli accampamenti, i Napoletani meglio di tutti assaltano; spettacolo sorprendente è vedere quei di Forlì... I Lodigiani insorgono con grande ira. I Padovani e i Veronesi stan bene a cavallo. I Pavesi non si dàn mai alla fu» ga. Quei di Fermo sono mirabili nel lanciar dardi e manovrar di lance e di aste. Se ai Vicentini non arride la fortu- jia «accendono l'animo con la speranza di vendetta ». Quei di Prato, e ancora di più gli abitanti del monte Poliziano, « devastano le campagne, distruggono le città e apportano incendi ». E' chiaro che l'autore ce l'ha con Prato, ma anche con Pescia e i Collonesi, nonché la « rimanente feccia della Toscana », tutta gente che viola le vedove, rapisce le vergini ed ogni cosa « empie di iorina ». Ottimi sono invece i Fiorentini, specialmente come esploratori. Dissimili sono anche i vari paesi nel fornire i mezzi di guerra: Venezia dà denaro, perchè ne abbonda;- i Ferraresi danno polveri e artiglierie, i Milanesi elmi, i Napoletani cavalli, i Piacentini carri, i Parmigiani scudi; Cremona fornisce tende, Serravalle di Treviso spade, Pavia lance, Viterbo speroni, Pistoia « ottimi pugnali *. Lodi vettovaglie, Vicenza e Bologna sono invece famose per armi che fanno ferite circolari, « le più micidia» di tutte ». Ma, in fatto di micidialità, anche Milano e Napoli forniscono arnesi «dannosi in guerra ». Il mangiare e il linguaggio Quarto campo: il mangiare. Napoli consuma più zucchero che pane, e si nutre volentieri di cavoli. Parchi sono i Fiorentini e di « gran politezza »; di « nessuna politezza » ma parchissimi sono i Genovesi; ama Lucca certe pere dette tiberine, mentre Mantova si pasce di « fayiuoli ordinari ». Poco noti so'no i gusti dei Ferraresi perchè « raramente ammettono forestieri alle loro ìiiense »; i Veneziani non usano molto companatico, i Milanesi sono ghiotti e fan largo consumo di spezie, od altro specifico atto a stuzzicar l'appetito; i Vicentini mangiano splendidamente e i Veronesi con grande magnificenza; lauti, i Sienesi; Pavia consuma volentieri lattughe cipolle e aeli a Rimini piacciono le oche, ai Piceni i fichi e la carne di porco; 1 Trevisani « appetiscono» rane e gamberi. I Perugini preferiscono il pesce alla carne, purché sia del loro lasro o delle proprie acque in renere, mentre sprezzano ogni altro. I Lodigiani mangiano molto ma con scarso condimento, i Tortonesi e i Novarési preferiscono i cibi acn. Quanto ai cibi piemontesi, esei « mitono di francesume ». 6 Quinte campo: i) lin|^KP°c~-™*i« -molti derisi 1 Mila t Sonc^Oe, raolti. derisi enne pv»i= C11 atessi Ma- niente in terra, nonché quella |di_ starsene in casa come poletani burlano molto i Calabresi, e i Calabresi i Pugliesi,' e i Pugliesi quelli di Otranto. I Romani poi burlano tutti questi, e i Toscani burlano i Romani. Ma i Toscani, quantunque parlino meglio di tutti gli altri, non possono però evitare di essere tenuti ridicoli, e talvolta si beffeggiano tra loro. Lenti sono i Veneziani « e nulla havvi di più sconcio (!) della loro pronuncia ». Ridicolo è il parlare dei Genovesi, né si potrebbe esporlo per iscritto... pieni di noia e jattanza i Napoletani... balbuzienti i Comaschi... masticano le parole i Piceni... i Pugliesi nel parlar par che mandino sassate... i Piemontesi recano incredibile molestia... Decisamente, il Lancio non ama il Piemonte. Quinto campo: i consigli. C'è poco di buono, eccettuato Milano che si avvantaggia dei consigli altrui, mentre Napoli li rifiuta tutti, I Lucani « usano molto studio nell'ingannare chi va a chieder loro consi glio *; i Calabresi « sono di ot timo consiglio ma a fine di nuocere »... I consigli e l'amore Sesto campo: l'amore. I Mi lanesi bramano la carne ma hanno a schifo la pinguedine. Preferiscono le donne di statura alta, e siccome non ama no con molta ostinatezza, sono i meno gelosi. I Mantovani preferiscono le donzelle che ballino bene, mentre i Fioren tini cercano in esse verecondia, assenza di loquacità, l'abitudine a guardare modesta- chiocciole. I Napoletani vanno «in traccia delle fumose immagini », quanto dire — suppongo — che cedano molto a1la fantasia, sicché facilmente incontrano « la perdizione ». I Veneziani sono libidinosi e, più che tutti, incostanti; ani ! rnosi. i Perugini cercano la I f>nnrll/lu77a Hftì si et ni l n irli s\n candidezza dei denti e gli occhi azzurrini; i Calabresi vogliono la « candidezza della carne, unita al rubicondo >; : Vicentini si appagano dell'eleganza.. Grandi amatori soro i Genovesi, e nulla lasciano di intentato per conquistare la loro bella ma, se si vedono dispregiati piangono h lungo. Il ioro ideale: grosse braccia, facce rubiconde, petti massicci. I Bolognesi adorano le loro donne con fedeltà singolare, senza tuttavia esserne "gelosi, mentre i Piacentini se sono presi dal male della gelosia, 'osto le scannano e, per ló stesso motivo, i Romani sono capaci di gettarle nell'ampio Tci-eie. Invece, i Crotonesi, se delusi, vengono presi da tanta malinconia che, il più delle volte si uccidono. I Pistole si, « quantunque faziosissimi e intenti alle stragi domestiche », non aborriscono dalle donne, purché rubiconde, dal!e mani oblunghe, dalle brac eia sottili e dal ventre ben tatto; che non siano né troppo ciarliere né affatto mute, e, soprattutto che non appartengono a fazioni avverse, nel quaì caso, le fuggono « come peste ». Ma per aver donne, Disogna loro piacere, intento che ì Napoletani raggiungono pavoneggiandosi a cavallo, i Milanesi con sontuosi banchetti, i Mantovani con rampogne, i Perugini con minacce e bestemmie, i Veneziani con « la loro ridicola magnificenza e la ioro vanagloriai i Bolognesi icon regali i Fiorentini con lcanzoni, 1 Sienesi con finte lagrime, i Vicentini con la perpetua insistenza, i Veronesi con le riverenze, i Roman; con i giuochi, i Cremonesi con le chiacchiere, e gli Are tini con le facezie. Come sono rjuestf? donne ? E come son queste do::::? Ottime le Lucchesi, rinomai' P«'pudicizia ed espertissim Dell'allestire pranzi; delicatissime le Fiorentine « ed as.^a: esperte nel persuadere :■; f?.condissime di lingua, le Pistoiesi «: spesso a' mariti fanno mille curiosi imbrogli; traditrici le Comasche; facili alle lagTime e ai sosniri le Bolognesi; le Ferraresi « spogliano, smozzicano, lacci ano i loro riiariti >, mentre le Modenesi son d'ingenua e corrente natura; avare, dure e difficili appaiono le Parmigiane e le Fiorentine; rideranno le Pavesi se qualcuno terra, la borsa piena di denaro, altrimenti faranno mostra di una santissima castità; tra le Milanesi ce ne sono pochissime la cui pudicizia si possa vincere a peso d'oro: cupide sono le Piemontesi, ma quelle di Vercelli amano con indifferenza stranieri e connazionali, quelle di Tortona e Novara, « molto intelligenti » non lasciano godere i loro amplessi se non agli uomini «ornati di virtù». E qui facciam punto, ben che la chiacchierata prosegua con tanto interesse, si da svolgersi nel più profondo silenzio «nessuno che tossisca, che sputi, che russi ». Antonio Antonucci