Donne al Fiorenzuola di Francesco Bernardelli

Donne al Fiorenzuola Donne al Fiorenzuola La novellistica italiana del | Cinquecento non ha buona ama: sotto l'aspettò della norale e del cost lime, e anhe dell'arte. Stanchezza in-jtent-iva, imitazione, sjiesso iràroccamehte farcita, dei prandi modelli antichi, un bhe di retorico ed enfiato irella ricerca del meraviglio-ito, scrittura tutta letteraria, li trasandata, convenzionali-1 dmo di caratteri e situazioni; 'cpmnfuesto, per l'arte, si c detto ripetuto. E poi lo sboccao, l'osceno, il licenzioso, che ffende la nostra sensibilità, he turba il nostro gusto. Riette le dieci Rovelle di Auolo Firenzuola, che l'ediore Bompiani ha ristampao sciogliendole dall'intreccio Idi Eagiotiainetitì e aggiunendovi la fluidissima, verissima, amabilissima prosa ella Prilliti veste tir' Discori, degli annuali, questo posiamo dire, che spirito della crittura, vivacità squisitamente popolaresca, eleganza, ono tuttavia tanto argute ma« lagvcladPdDledrt«tnel moto, nello spicco, nellajimusicalità, quanto piacevoli. ! tI Ragionamenti, che nel vo-! tumetto del Cento novelle. di|tBompiani non si leggono, e- ; vponevano — dedicati a Ma-jcria Caterina Cibo, Duchessa »di Camerino — l'immagina- (ria occasione di quel facile j lnovellare. Madonna Gostan- gza Amaretta, venuta da Ro-|ama a Firenze, nel 1523. è lnvitata da un suo parente, ! se platonico amante. Celso, pche rappresenta la figura e ; il sentimento dello scrittore,1 nn una fastosa villa nella vai- metta di Pozzolatico, non lun- ngi dalla città, una di quelle mvalli che fanno scorrere chia- ; are fresche acque, e s'ombreg- qgiano di boschi leggiadri e di aselvctte, e declinano per pra- ticelli soavissimi, e mormo-ìsrano ai venti leggeri, e ri-1 rsuonano di canti pastorali, in vfita la letteratura europea tarcadica e rinascimentale. | Con Madonna Gostanza sonoj™invitate altre due gentildon- dne-, e due amici di Celso. Tut-1 vti insieme trascorrono la pri-1 rma giornata sotto l'imperio di Gostanza, nominata Uejna, din svaghi dilettosi, in erudi- j ti conversari, componendo,canzoni petrarchesche, dispu- [tando di linguistica e di a-|mor platonico. Ma verso se- !ra. - « in piccante contrasto, 'ccine fu scritto, con le puris- ' sime teorie » - si racconta- no novelle scollacciate. Poi la tessitura dei Ragionameli- ti è interrotta. ' | „ , iit;;- Orbene che le Novelle sia-;..... , no hcenziosette, e anche peg- s1 5 igio, non ve dubbio, ne ce, ° ' , ,, , ì. ne pare adatta la lettura se' 1 , . , ., . non a chi sa ma bene il vi- kver del mondo; e le donne, Ule care creature che tanta i . ,. . ,, ,. , ! grazia di sincera o affettata: -, • .•■ 'civiltà, e il romanticismo, e il sentimentalismo mi'eoloo-i-! u senunieiuaiismo psicologi |so0 te^&ftSsTJso i secoli, ai spirituali in iteniiom, vi appaiono tutte lascive ingorde, pronte al piacer loro, astute rapidissi-, me e furtive a cogliere 1 oc- lcasione senza guardar più in la.. Un scio fatto, quel fat-1 to dell amore che si compia- j ce e soddisfa, le attrae e le fa svelte, caparbie, audaci. Lavinia, giovane maritata a j „u« ',„ati„:uomo -\eccnio, cne, rimasta i 60la una Sera, si tira a dor-'mir seco la servetta Lucia imi »ecu io, »inc(w j,ui,i<i, e ben presto scopre che co- stei è maschio, e il »nmo o come, e lo stupor grande, e la gran- de festa, non potrei wito n-;dire; Laldomine, che favo- : risce gli amori della padro- na, e cade in equivoci pia- cevoh e diversi, tin po' spie- eia e aspretta, ma che si ram- , ■ ,! . ', moibidisce tutta non appena crede di stringere il nodo del- l'avventura; la Tonia, mon- tanara brunotta, tarchiata e ritonda, « che la pareva una mezza colonna di marmo sta- ta. sotto terra parecchi au- ili », capace di straccare nel ballo cento uomini, e ferocis- sima e turpe in una sua veti- detta amorosa; il singolare ma elementare rimedio alla tentazione trovato da Suor Appellagia ; la camicia cucita della Sabatina, e l'amorosa zuffa che ne segue con Menicuccio (pagina icastica, e perciò in certo modo di facile effetto, e tuttavia di una scioltezza brutale e vispa davvero sorprendente sulla trama assai spesso decorativa della prosa del Firenzuola): tutte queste lascivie e brutture e sconcezze sono per noi repulsive, ci urtano, ci allontanano. Eppure, eppure, in fondo, a leggere, pur nasce con l'immediata ripugnanza, un certo, come dire? un nulla di sorridente e connivente malizia. A ritrovare la nostra severa dignità sarebbe presto fatto dichiarare e credere che lo stile gentilissimo, la fredda e ornata indiffe renza della prosa del mona- co vallombrosano — fu ino-naco il Firenzuola ma non era evidentemente affai' suo, e nel 1526 fu dispensato daivoli —, ci mettano in unospeciale stato intellettuale disincantato e tutto letterario. Ma ad essere sinceri non è precisamente così, Il Firenzuola era un innae ih-llr Donne, ove si vorebbe dare la misura e proorzione e definizione della ella donna. Ma la sua amoevolezza, quell'intenerimeiio e struggimento, perenne eto garbato, di fronte alla onna, si manifesta ovuupie. E' lui che dedica la Pri¬ o-rato della bellezza femmiile. Si sa. Sono suoi i due mosi Discorsi delle Br/lcz- Dpa veste iìt' Discorsi degli nimali allo donne pratesi, alle quali quando io, come cerva che posta fu in luoo di Ifigenia, mi offerissi in ttima e olocausto in sul earo altare, non arci pagato millesima parte del mio ebito ». Per le donne di rato, alle quali sono pur edicati e. ispirati i discorsi elle, Bellezze, ha un deboe particolarissimo; a Prato, opo lunga malattia, aveva ecuperato la smarrita sanià, e da quelle donne aveva ricevuti tanti comodi, tan piaceri, tanti benefici, che o me ne tengo per soddisfato ». Sicché, a un certo pnno, si sente in dovere di rrietere un pochino le mani aanti : « E però, Pratesi miei ai'i> se io guardo talor quete vostre donne un pochet° troppo attentamente, non abbiate per male... ». A chi '1 osserva che all'età sua ed lla sua professione spelteebbe far opere più gravi e evere, risponde che degli ioeriti e dei maligni e degli gnoranti non gliene importa ulla, Tolta così di mezzo malignità e ipocrisia, esclala a 1111 tratto con esaltante mossa leggiadra: « parlisi dunque della bellezza fra uattro bellissime donne arltamente» . E l'amor platonico è divinislnia cosai e 11 Firenzuola :ie aglona c°" più ° meno ciettuola grulleria; ma intano le donne vere, vive, soflo|» sott° gli occhi: «che voi " ™' guardare io, voi amare, dl vo1 parlare, di voi Senere> vo1 servire e voi adoaIf '• , P,assa nelle pagine polite, declamate lievemente, un brivido rappreso di voluttà, 0, meglio che di voluttà, di «morosa finezza. Le braccia hanno « ad esser? piene di ,11 naturai succo, il quale dia °.ro "na cerra vivezza e fresclwraa che generino una sodezza> cll« se Sh aggravi su ,11 d,to' clie la .ca,'ne si avvalh e 31 imbianchi nella parte oppressa tutta a un tratto: ma in guisa che su- -, ri -i _P-, , Dito levato il dito, la carne • , , , tomi al luogo suo, e la man , ? vi ertezza sparisca, e dia luogo _ r_. i , • r all incarnato che torni ». Le k.^ f gon be]] quando soll schiette, dilicate, e , ° ' i .... ; j che un pochetto si vadano ..-i-'. „„„„ ,„ „• „ assottigliando verso la cima, -D . „,,,.„,. . I)oco: .cne appena »J v.eGKia sensibilmente. L'vui- rliip hanno da cwer chiare gnie naiino aa esser ciliare, ddnlevpadsmPrlInCarpmIlddi sm:islacmgldccalasvdmcculltllradlr.j ^ hTt° ft comp ba]asc, ]ega(., In rose|llcarnate C0I1 la° foglia del fior rli melagrana... ». (Chi rha insegnate a D'Annunzio te C(JS£?) Insolnma Fjren. zuola amava le do)lne vera. t non cqme tanti dico. e gono invece dei • o]i bruti. ]e amava assaporane do,p £ u COi.,fe ]o splen. j,,,.„ ,i„iia ararmi V un, dl"e della graziai & un a cer(0 g]notto », o un non or. . ,,\ ,.„i0 ar>ti;i;„a ! • Il l ■ v1Ma re . pnittosto « chiamasi gra- I perciocch'ella fa grata, '• • l , • ■ • • ' ' Ic;0^ caraj colei in cui risplen- de> _ „, qUÌj sotvo l'idealiz- zatore> ]>uomo SP„s„a- ]e e affettuoso, per cui quel- ]a grazia ncm è uu'ast,-azio- ^ ma u„ fiore co]t<3 pj{, v0]_ te E alla domla jdea]e va „w«iata nei Discorsi nren- gneggiata nei discutisi, jjilii- deudo n bp]lo ull p0' da que. sta ,m po- c]a quP]ia colne fe-ce Zeusi nel dipingere Eie-na) s; sostituisce nel caldo dello scrivere l'immagine non perfetta, ma viva, e di quel]a e di questa: « Una cornposta leggiadria, una vagliezza ghiotta, uno attrattivo onesto, lascivo, severo, dolce h€ da,.j, Selvaggia, con quel ia pietosa crudeltà... ». Ècco, alcunché di questa leggiadria e lascivia e crudeltà, e l'amoroso vagheggiamento dello scrittore raggiungono anche, leggermente, le donne, appena appena segnate, delle Sortile. Sono donne tutte natura, chiuse nello stretto limite dell'avida sensualità ; e le loro arguzie e malizie hanno un che di riottoso e felino e beffardo: un che di cieco, ila appunto perchè così elementari, istintive, lo scrittore le comprende nella loro lussuriosa e dolce naturalità. Le comprende per la tenace espenenza. E con quel gusto vivido e spregiudicato riesce, pur così crude e voraci e ignude, a cospargerle di una cotal sensitiva vaghezza. Certo non è, questo, senti mento tenero o romantico; ma è forse quel tanto di mor bido che nasce, a un certo punto, dalla sensualità stes sa, e che nella donna fa riconoscere una creatura che sa prendere e donare, che condivide i capricci demonia ij! dell'istinto e della vita. Francesco Bernardelli

Persone citate: D'annunzio, Donne, Duchessa, Pratesi, Suor Appellagia

Luoghi citati: Camerino, Firenze, Ma-jcria Caterina Cibo, Prato