Il milanese Radice

Il milanese RadiceIl milanese Radice Lo scrittore Radice — il quale, come lui dice, ha la disgrazia di chiamarsi Raul — è°i. più milanese degli scrittori italiani. Soltanto uno sciocco, naturalmente, potrà pensare ch'io dica questo per canzonarlo. Moti' è ch'egli scriva alla milanese. E' che milanesi, milanesissimi sono la mente e il cuore suoi. La quale cosa non è agevolmente dimostrabile, in quanto i caraltcri«salii.'nti, evidenti della mia città oggi appaiono perduti, soprattutto nelle scritture dei libri, e rintracciarli non è facile. Tuttavia un o anibrosianismo «ancora esiste: un diffuso spirito ben' divrrso da quello che gli imbecilli immaginano basandosi sul panettone, sulla Inganega e sulla, faccia di Meneghino; uno spirito effuso, insieme, dalla terra brumosa e dalle pietre lavorate, dal Duomo gotico e dalle leggi romane: l'osco, pensoso, pietoso, eppure desto, agguerrito, vitale (oli, se i nostri critici capissero, una volte, questa concordia discorde tra pessimismo ed energia che forma da secoli il nostro stile!) ; tino spirito che bisogna saper intendere, ma non da un libro o da un quadro o da un'architettura soltanto; uno spirito ch'io nello stesso tempo in Manzoni e in Rovani, nel l'orla e nel Dossi, nello staffile di Ambrogio o nella ferula di Parini, nella magia di Gerolamo C'ardano e in quella del pittore Conconi, nella mestizia degli angeli dui Borgognone e nella tristezza degli orfani di De Marchi, nel passatismo di Tessa e nel futurismo di Clarinetti. In tal senso Radice, fra noi pochi custodi della tradizione milanese, è il più milanese di tutti, forso sembrandolo il meno, in quanto nessuno, come ljii, compendia indicibilmente quelle tante anime diverse. Noi tutti ormai, bisogna dirlo, ci siamo allontanati dal Duomo. Calzini viaggia, Pettinato emigra, Ramperti divaga, Brnuafci è nell'antiquaria, Radius nell'astrazione, Buzzi nelle nuvole. Quanto ad Ada Negri, non è milanese ma lombarda; e quanto agli altri, da Angioletti in giù, non esistono; oppure, come Liliali, non esistono più. Soltanto Radico è rimasto nella sua, nella nostra città. E non soltanto con lo spirito. Reduce dalla Russia dove si "irà latto due volte onore, come giornalista e come soldato — non ha mai voluto sfollare. E restando a Milano s'è preso, dal primo all'ultimo, tutti i bombardamenti che l'hanno colpita; Tanto la città materna gli appartiene, corpo e cuore, che nei giorni in cui il nemico la ferisce egli rimane ad assisterla come un figlio. Leggo, rileggo il suo ultimo volume di racconti. C'è il tono dimesso di chi parla sottovoce. C'è la ritrosia di chi ama le strade appartate e le osservazioni solitarie. E tuttavia — ecco la concordia discorde — scatta ogni tanto da quell'umiltà una gagliardia, persino una violenza appassionata che vi obbliga a rammentare come la stessa insurrezione virulenta si ritrovi, a tratti, non dico in un Dossi polemico o in un Brunati aggressivo, ma financo in imo scrittore cristiano come il Manzoni o serafico come il De Marchi. Un racconto di Radice potrà darvi tutte le sorprese : magari, fra tanta bontà, anche un po' di cattiveria. Novelle come Un po' di dolore — la sola del libro che mi dispiaccia — o come Trenta giorni, potrebbero addirittura venir comprese fra i contea crucis d'un Villiers de l'Iste. Dice tutto quello che ha da dire, questo narratore, eppure sembra negletto, di' stratto, talvolta persino assente. Dove sembra allusivo, è invece preciso : e può darsi che non ve ne accorgiate subito; però a lettura finita, ripensandoci, quella parola o parolina illuminatrice torna presente: e questo è autentico indizio, prezioso segreto di arte. Così attento all'essenziale, egli non sarebbe tuttavia milanese se non lo attirassero colori e penembre: e agli.uni infatti dà risalto, quando occorre, con tratti di pennello la cui brevità non esclude l'efficacia ; le altre ottiene con sfumature che sono finissime, parendo sbadate, senza ricorrere a quell'ineffabile per progetto, ostentato e scimunito, ch'è una dello miserie della nostra giovine, recente letteratura. Fa tutte le distinzioni, costui, non uscendo mai dall'estrema semplicità ; e anche di questo vi accorgete a distanza, quando la persona figurata o il paesaggio descritto, per quanto appena accennati, non riuscite più a confonderli con altre figuro o paesi. Lezioni severe nascono in genere, dalla moralità del racconto: ep- in una sorta di vapor lunatico, l'umorismo, abbonda: ed è facile, ed è schietto. Ne troverete in Fior di farina, dov'è pure qualche preziosità sentimentale, dei saggi deliziosi. « I.« aiuolo che portano ricamati i nomi di famiglia come nelle, torte dell'onomastico » sarebbero piaciute a Emilio Do Marchi, anche se Carlo Dossi vi avrebbe a<r- . o giunto un sarcasmo di più. L'ilare ragazza che « dice buon giorno come se il giorno sia buono n, sarebbe invece piaciuta a Dossi, anche se De -Marchi vi avrebbe messo una amarezza di meno. Comunque ancho nel florilegio delle Trottole, come già nell'Educazione sentimenldle e in quella Viln.'comica di Corinna di cui ricorderò sempre i bellissimi capitoli iniziali, Radice conserva sempre la sua unità, direi quasi il suo contegno d'animo e di stile. Ogni pagina gli nasce, come direbbe un personaggio del libro, a da un sentimento unico, se non da un eguale modo di sentire ». Tipica, certo, è la melanconia del narratore. Tutto il libro la denuncia, anche là dove appare lieto, e persino allegro: certe pioggie, certe nebbie — così milanesi ! — di cui le pagine sono piene; e quei « grandi specchi che ingrandiscono il vuoto »; e, in trincea, quei silenzi notturni tanto cari allo scrittore soldato. Il soldato è sempre in sentinella, lo scrittore sempre in ascolto. Ilo spesso pensato che nella lunga e un po' attonita, un po' sconsolata persona di Raul Radice sia nascosta un'asta radiofonica; e eh tgli senta, di lassù, qualche voce che noi quaggiù in basso ignoriamo : voce ch'è quasi sempre sospiro o lamento. Senza troppo risentirne, sta però egli sempre in margine alla sofferenza; e questa sempre gii appare, nello stesso tempo, inevitabile e sopportabile: altro aspetto della animosa mestizia milanese, che riesce a credere anche quando non riesce a sperare. Trovo poi nel libro anche un sincero, benché dissimulato, amore degli umili: ch'è pur esso un carattere fondamentalmente, . irresistibilmente ambrosiano; Badate a quei poveri dell'ottima novella Cinque lire, che si fanno tan ti discorsi senza crederne una parola : hanno troppe man canze, i bisognosi, perchè non si vendichino dell'avara real tà con un po' di fastosa immaginazione; perchè dalla nera miseria non finisce per nascere in loro qualche miraggio, come dal sole splendente in Tartarin ! Badate, soprattutto, ai cimine racconti di guerra del volume, che insieme al Primo dei due e alla Fine di un'immagine, sono a mio parere i più riusciti, i più commossi e commoventi. L'ufficiale Radice, senza dubbio, vuole bene ai suoi fanti. Rileggerete allora La sella inglese : e più ancora' vi piacerà qiiell'.l ja nel deserto che, fin dal giorno in cui fu pubblicata nel Corriere, apparve una rivelazione. Siamo a Bardia, in piena veglia di luna, nel deserto piatto e senza limiti. E nel silenzio ecco, improvviso, strepitose, miracolose, tutte le voci degli animali d'una campagna Ioni barda: il gallo, la gallina, la mucca, il porco nel suo trito golo, l'anatroccolo sull'ac qua viva. Stupore gaudioso degli ascoltanti. Che è? Ch accade? Che vogliono dire, nel vuoto desertico, quelle « voci da primo giorno della creazione »? E' un soldato che le imita, per ridare ai compagni, lombardi come lui, la presenza del campanile lontano. E già la trovata è ingegnosissima. Ma la vigilanza, la finezza, la distribuzione sapiente, la misura precisa con cui essa è narrata in brevi pagine, finiranno per conquistarvi. Soltanto una nostalgia milanese — quella nostra nostalgia, tutta raccoglimento e intenerimento, così vicina alla sehnsueht — avrebbe potuto ispirare una tale narrazione. E il Radice, sicuramente, l'ha scritta, in un'ora di rimpianto delle piante milanesi. Che sono anch'esse molto bplle, e attirano pur sempre i nostri passi domenicali, a due o tre miglia dal Duomo, per risentire il canto del gallo o il muggito del bue. Ancora una volta penso al Rovani, al De Marchi, e alle loro lunghe passeggiate suburbiane. Anche 1 aolo e Lavinia, in una novella del libro, si danno convegno a quelle alberate ; e poi anche nel sagrato di Sant'Ambrogio ; o ai Cimitero. Tutti luoghi prediletti, come è naturale, da Raul Radice, la cui milanesissima melanconia è attirata dai morti come dai vivi, dalle pietre che ridicono il nostro destino come dagli alberi che insegnano a

Luoghi citati: Milano, Russia