Educazione forza rivoluzionaria

Educazione forza rivoluzionaria LA SOCIALIZZAZIONE DELLE AZIENDE Educazione forza rivoluzionaria I soliti oltranzisti verbosi, nemici giurati di ogni buona causa, all'indomani del decreto sulla socializzazione, si son dati alle più ingegnose inflazioni di rosee prospettive. Sembrava che, di punto in bianco, il Paese dovesse svegliarsi con la sorpresa della generale trasformazione del mondo economico. Un colpo di bacchetta magica e tutto sarebbe stato compiuto, senza il minimo sforzo da parte del. l'uomo e degli uomini, chiamati soltanto a prendere atto della nuc ■ situazione ed a goderne i . itti... Da queste colonne, #per quanto fosse ben nettamente delineato il nostro orientamento, abbiamo subito opposto alla ventata semplicisticamente ottimista, alcuni motivi fondamentali di qualsivoglia innovazione sociale, e cioè: la necessaria gradualità dell'in, tervento dei lavoratori nella gestione dell'azienda, la preparazione del mondo del lavoro alle nuove gravissime responsabilità. La socializzazione quale viene prospettata alla puntuale scadenza annunciata vuol tenere conto di questo duplice requisito, dando l'avvio della riforma alle aziende giornalistiche, che per la capacità proverbiale delle maestranze e la preparazione dell'ambiente, possono costituire dei terreni sperimentali di primissimo ordine. Quando dalle aziende giornalistiche, il legislatore, in virtù dell'articolo 19-del'decreto 12 febbraio, passerà alla trasformazione di altri settori dell'economia, gli aspetti accennati si ^presenteranno con marcata evidenza. Ecco perchè, fin dal primo momento, abbiamo attribuito grande importanza al nuovo ordine sindacale, in rapporto ai fini perseguiti dalla socializzazione. A rileggere gli articoli fino a:d oggi comparsi c'è da restare un po' perplessi. La tendenza più accentuata è quella, se mal non ci apponiamo, di far risalire al sindacalismo di quest'ultimo ventennio le cause di una scarsa educazione sociale delle categorie lavoratrici. Insistervi sarebbe di pessimo gusto, ma non è possìbile non prendere atto di alcune dichiarazioni, che provengono da organizzatori, da uomini cioè che hanno vissuto giorno per giorno le vicende delle associazioni operaie. Secondo Amadio, su un quotidiano milanese, riferendosi al dibattito,, scrive che attraverso ad esso emergeno «tutte le tendenze non escluse quelle che, speculando su Mazzini e su benemerenze fasciste, vorrebbero rinnovare il gioco condotto nel trascorso ventennio a favore della plutocrazia nazionale, contro la quale, solo a parole, hanno dimostrato la loro avversione ». Luigi Pegnotti sullo stesso quotidiano afferma « la convinzione che nel passato l'organizzazione sindacale, astrazion fatta dalla organizzabilità dei datori di lavoro e delle conseguenze relative, andò gradatamente perdendo quota, vigore e vitalità ». E più oltre : « il sindacato diventò sempre più un ufficio burocratico e tutte le organizzazioni assunsero tale aspetto, anche perchè i dirigenti massimi e provinciali preferirono adattacsi alla direttiva dominante che reagire ». Constatazioni amatissime, scelte nel novero dei rilievi meno accesi e contrastati, e tuttavia per se stessi indicatrici di una situazione documentata, scontata e sofferta, nella quale dovrebbe sorgere, vivere ed affermarsi il sindacato unico. « Il sindacato aziendale — scrive a mo' di conclusione G. Dozzo — con inclusione di operai e di gestori, che nella fattispecie son in maggioranza portatori o rappresentanti del capitale, è un mostro e un gioiello. Un mostro per l'azione sindacale tradizionale, un floiello per l'azione corporaiva ». Ed ecco, con una frase brillante, risolto... il problema. Noi vorremmo, con buona pace dell'interlocutore, essere meno effervescenti e più concreti, meno ditirambici e più immediati. Al punto in cui è giunta la discussione, nessuno vorrà più imparentarsi con La Palisse, affermando per l'ennesima volta che la concezione socializzatrice — si dovrebbe dire con maggiore proprietà l'intervento dei lavoratori nella direzione dell'azienda — non tollera la continuazione del sindacalismo inteso come lotta e contrapposizione sistematica di interessi, di volontà e di capacità. Però — ecco il solito però far capolino non con la pretesa di una malcelata riserva, ma bensì per l'affermazione di un legittimo interrogativo — dal riconoscimento di codesta realtà alla ammissione della immediata convivenza di imprenditori e lavoratori, quale ci è stata prospettata dal legislatore, il passo ci sembra sproporzionato alle possibilità morali, sociali ed economiche di tutte le catc.-irie produttive. II i ma dominante dell'educazione torna insistente. Se è vero — com'è vero — che in questi lustri le organizzazioni industriali ed operaie han procedV-o a ritroso nell'amnlto di una reciproca efficienza qualitativa, come si può pre tendere che su questa rena abbia a improvvisarsi la fioritura del sindacato unico? Tutti sono concordi nel valutare l'azione del sindacato libero, sorto per offrire alle moltitudini proletarie gli strumenti della liberazione dalle ingiustizie e dalle sopraffazioni del capitalismo. Un bi lancio obiettivo che voglia e sappja prescindere da motivi prslvc puramente occasionali e propagandistici, deve riconoscere, pur tra le inevitabili deviazioni di un movimento costretto dall'agnosticismo dello Stato, a vivere fuori della legge, dei dati positivi, del riferimenti costruttori. Nella lotta una parte notevole di lavoratori cominciò ad esercitare le proprie capacità, nel sacrificio ebbe inizio la parabola ascendente del lavoro, nella volontà trovò vigore l'ansito di giustizia erompente dal mondo del salariati. V'è di più: l'urto delle parti In divergente Interesse, servi a fare conoscere l'entità delle forze contrastanti, giovò a fare comprendere l'importanza della posta In gioco e la suggestione delle mète perseguite. Sotto l'Influsso di quest'azione serrata e fortissima si cominciò a determinare in alcuni strati del lavoro e della produzione uno stato d'animo propenso ad affrontare situa' zionl e problemi, non secon' do l'apriorismo di schemi dottrinali, ma nella configurazione di una ben determinata realtà. Queste condizioni rendeva no propizio l'esperimento col laborazionista e quando la Carta del lavoro ne pose le Sremesse, l'attesa potè semrare legittima. Senonchè, subito vi fu chi s'accorse che la cosiddetta collaborazione di classe era fin dagli esordi claudicante: confondendo una forma di ordine pubblico con una effettiva pacificazione sociale, raggiunta attraverso il sensibile e consapevole ap porto di Imprenditori e lavo ratorl, vennero sbarrate le porte dell'autogoverno di cate> gorià, della vitalità del sinda' cato, -del dibattito sereno ina ampio, obiettivo ma libero dalle pastoie di qualunque natura, equilibrato ma non oscillante nel giuoco quanto mai rischioso e vano del colpo alla botte e l'altro al cerchio. Risultati raggiunti : all'in segna collaborazlonlstica molta parte delle organizzazioni industriali accentuarono una politica classista, mentre i la voratori assenti e scoraggiati, finirono per non opporre efficace resistenza. I rimasti a militare ned superstite ainda caliamo vi offrono le provedi una testimonianza assai sintomatica. Quasi Impotenti do. vettero assistere all'lntrappolamento della organizzazione sindacale: la parità giuridica fini nelle secche delle affermazioni retoriche, il controllo economico della corporazione venne trasformato In un nuovo potentissimo strumento di egemonia del capitalismo. Dopo aver tirato palle infuocate contro le manomissioni dei cartelli industriali, il monopo lio risorse con non minore prestanza nella corporazione, manovrata dai grandi gruppi, al solo scopo di Inasprire i pesi di quel grande capro espiatorio costituito dal consuma tore. La diagnosi — volutamente contenuta in pochi rilievi — potrebbe continuare, valendosi di una fitta documentazione, ma a che prò' insistere sul passato? Se l'abbiamo fatto è unicamente per trarre dall'ancor bruciante esperienza di ieri delle ragioni di ammaestramento per i nuovi ordinamenti e soprattutto per dimostrare che gli elementi costi tutivi del sindacato unico mancano forzatamente di un requisito fondamentale: l'educazione. Nè questa può essere creata dall'oggi al domani, per virtù di un decreto o di una direttiva. Già Platone diceva che per scrivere sulle anime non basta la penna; si potrebbe aggiungere che per costruire dei nuovi ordinamenti non basta elaborare delle nuove disposizioni. Ne volete una prova recentissima? Cogliamola insieme non nelle serre dei dottrinari e dei teorici, ma sulle prode soleggiate dell'esperienza. I soliti inventori di cruciverba han creduto che ogni cosa del mondo sindacale potesse risolversi per il solo fatto che i lavoratori, dopo lunghissima parentesi, venivano chiamati ad eleggere le commissioni di fabbrica. I nuovi organi sono sorti, ma anch'essi non potevano che risentire dell'ambiente e della atmosfera in cui per tanto tempo sono vissute le categorie lavoratrici. Non vogliamo generalizzare, ma sono comunque da seguire attentamente dei fenomeni molto espressivi: quei componenti delle commissioni, eletti da una parte delle maestranze, che al valgono della loro attribuzione sindacale, per cercare di ottenere dal sindacato un copertone di bicicletta, diretto ad un compagno, dimostrano In partenza di essere refrattari a qualsiasi Innovazione sociale. Senza spirito di sacrificio non vi può essere elevazione, senza volontà dì donarsi non vi può essere conquista, senza forma morale non vi può essere progresso. Per questo, il sindacato se può e deve considerarsi unitario nell' impostazione del piano socìallzzatore, ha pure il dovere di lasciare, nel primo grado, a lavoratore ed imprenditore la possibilità di imparare ad agire in senso convergente, nella tutela dei giusti interessi e nell'adempimento degli indeclinabili doveri. Non trasferiamo nel sindacato unico l'equivoco del sindacato paritetico, teoricamente libero di esprimere la sua volontà, ma praticamente vincolato e posto alla mercè del più forte. L'accorgimento, delle due sezioni, da noi proposto non è un espediente, perchè tien conto della complessione morale e sociale del mondo del lavoro ed offre ad essa la possibilità di manifestarsi con franchezza e decisione. Pino Bartoli ansnpneKp

Persone citate: Amadio, Dozzo, Mazzini, Pino Bartoli, Platone