La nostra coscienza

La nostra coscienza La nostra coscienza Le ore gravi sono le più propizie agli esami di co• scienzn. Ci si attacca da ogni lato e in ogni sede. Abbiamo contro di noi il nemico esterno e il nemico interno. Il primo ci rimprovera di esser venuti meno ai dettami della democrazia e ai vincoli di Versaglia. sacri gli uni e gli altri all'interesse dei padroni del mondo. Il secondo ci rinfaccia di aver gettato il paese in un'avventura sbagliata e di averne preparata la perdita. Da sud, da nord, da est, dollaro, sterlina e rublo muovono all'assalto con rabbiosa furia mettendo a profitto i vantaggi accumulati sulla nostra miseria da un paio di secoli di ricchezza incontrastata. Dalle immediate vicinanze ci assediano, non meno rabbiose, le impazienze di quanti in quel triplice arrembaggio delle monete regnanti sperano ravvisare la prospettiva di fruttuose limosine, di mance confortanti, di facili ossi da rosicare sotto i tavoli, fra i piedi dei potenti. Stiamo a eguale distanza dalla tracotanza dei plutocrati e dall'accattonaggio dei servi, minacciati in egual misura dallo staffile dei primi e dal pugnale dei secondi. Benché la posizione non sia delle più comode la teniamo e la terremo 10 stesso perchè abbiamo con noi la nostra coscienza. Checché accada, possiamo dire a voce alta una cosa: siamo i soli a meritare 11 rispetto altrui. Che nessuno in Italia si faccia illusioni: i soli Italiani sui quali oggi Inglesi, Americani e Russi non sputino siamo noi pochi che intorno a Mussolini tentiamo estrarre dal caos una Repubblica, un governo, un esercito, un popolo. Londra e Washington ci caricano di insulti, ma è questa una delle tante imposture grazie alle quali quelle bene addestrate borghesie sono riescite a far' breccia nel cuore degli imbecilli e a strappar loro le armi di mano. Ci fucileranno, perchè ci ritengono pericolosi, ma in cuor loro ci fanno di cappello, perchè sanno che siamo dei genflemen. Gli Anglosassoni sono, in mancanza d'altro, una razza sportiva, e gli sportivi stimano l'avversario che si difende, anche quando si difende invano, anzi sopra tutto quando si difende invano. Chi si inginocchia sul ring, chi abbandona la gara è squalificato. Squalificata, agli occhi dei lords inglesi, è persino la volpe che non corre - abbastanza, che si arrende troppo presto all'incalzar della muta. Figuriamoci quando invece che di una volpe si tratta di un popolo di 45 milioni d'uomini! Non diversamente la pensa, del resto, tutta la gente di cuore, a qualunque razza appartenga. L'anno scorso, subito dopo il 25 luglio, un italiano di una città svizzera, noto sino alla vigilia quale fascista, se non di condotta per lo meno d'ufficio, chiamò al telefono un autorevole collaboratore di un foglio locale, il Payot, tanto per intenderci, e, conoscendolo per un vecchio avversario della politica estera italiana e un fedele seguace delle direttive del Quai d'Orsay, SDerò ingraziarselo lanciandosi in una sguaiata diatriba contro Mussolini. Il Payot stette qualche minuto a sentirlo senza fiatare, poi lo interruppe secco, dicendo: « Nous n'oublierons jamais, Mnvsieur, que M. Mussolini a été un bon ami de la Suisse! ». E riappese il ricevitore. Gli Inglesi non potranno dire di Mussolini che è stato un buon amico dell'Inghilterra, perchè Austen e Neville Chamberlain non sono più al mondo per attestarlo; ma possono pur sempre dire ch'egli è stato un buon nemico dell'Inghilterra, e anche questo è un certificato onorevole. Un buon nemico, anzi un temibile nemico, uno che una volta seppe far toccar loro il tappeto con le spalle e dichiararsi knock out, è più stimabile di un codazzo di gente senza onore nè fede che corre dietro alla vittoria altrui stendendo la palma per impetrare il bachcisch. Da otto mesi Inglesi e Americani ne hanno trovati degli «'amici », in Italia, nelle loro anticamere, alla portiera delle loro automobili, alla coda dei .loro cavalli ! Ma che ve,lete che se ne facciano? Sono Italiani della stessa tempra di quelli che conobbero camerieri, trattori, salumai, frutlivendo li, barbieri, lustrascarpe a Soho, a Brooklyn, a Greenwich Village, a Frisco, che apersero e chiusero loro la porta, spolverarono la sedia, servirono maccheroni e agnolotti, dettero loro del milord, tennero loro il soprabito, lucidarono gli stivali e si dissero fortunati quando fu dato loro esibirsi sulle pellicole di Hollywood, col proprio sorriso strisciante e il proprio accento buffo, ptctnsacpptolmtcmdddtnndlnCsalzcmt«Ccpugciigf a e a e a e l i i , , per far ridere il mondo intero alle spalle dell'Italia come i Pulcinella di una volta. Vecchie conoscenze! Sono « amici » della stessi stoffa dei boys che nelle acque limacciose dei porti caldi si tuffano nudi a ripescare la palanca, il mezzo penny, il dieci cent* gettativi, [ter ammazzare il temoo. dai passeggeri o dai militari sbadigliaci lungo le murate dei piroscafi fermatisi a far carbone e a caricare la posta. Sono, nella migliore delle ipotesi, amici della categoria di quell'Andrea Costa che all'indomani di Dogali presentava a Montecitorio un ordine del giorno affinchè le truppe italiane abbandonassero le rive del Mar Rosso o di quel Filippo Turati che il 16 gennaio del 1896 augurava su Critica Sociale « una batosta sintetica e risolutiva » al corpo di spedizione italiano o di quei molti scalzacani che dopo Adua rincorrevano per le vie di Roma la carrozza del presidente del Consiglio vociando: «Viva Menelick!, Abbasso Crispi ! ». Ma questi « amici » si presentano oggi al padrone anglosassone con un interminàbile bill da pagare. Costoro che due anni fa cominciavano a non mancare di nulla, costoro che fra il 1922 e il 1942, negli anni in cui non erano peranco onorali dall'« amicizia » anglo-sassone, potevano investire oltre 7 miliardi di lire in sussidi ad opere di miglioramento fondiario contro i 40 milioni investitivi fra il 1870 e il 1922, e costruire oltre 19 mila chilometri di canali sui 26.629 complessivamente costruiti dopo il 1870, e aprire migliaia e migliaia di chilometri di nuove strade nella metropoli e in colonia, e accrescere di quasi un terzo la propria produzione granaria, ed elettrificare le ferrovie, e dare uno statuto sindacale, assistenziale ed economico agli operai, e moltiplicare scuole, ospedali, sanatori, luoghi di ritrovo, ecc., costoro vengono incontro ad Americani ed Inglesi a mani vuote. Le colonie le hanno già consegnate loro la flotta anche, e così pure le chiavi di casa. A meno che non consentano di mettere a loro disposizione i superstiti tesori dei propri musei, è chiaro ch'essi non hanno proprio più nulla da dare. Hanno, invece, infinite cose da chiedere. Anzitutto il pane per vivere. In secondo luogo la casa dove vivere. Otto milioni di Italiani, a dir poco, son già rimasti senza tetto. Bisognerà ricostruire per loro case, strade, ponti, porti, ferrovie, officine. E' un programma che in regime di autarchia, con le braccia di | cu: disponiamo, si potrebbe condurre a termine in venti anni senza contrarre un soldo di debiti all'estero, come si era condotta a termine la immensa bonifica precedente. In regime di libero scambio esso si tradurrà, viceversa, in una cifra formidabile di miliardi da togliere a prestito, mercè interessi più o meno usurari, dai banchieri di Wall Street e della City. Per pagare questi interessi dovremo ipotecare il lavoro italiano per un buon secolo. E come pagheremo le indennità di guerra? Abbiamo alzate le braccia e gridato: « Amici! » Ma è risaputo che gli amici poveri non piacciono ai ricchi. Siamo un peso morto, e oltre Oceano già si aggrotta la fronte pensando al modo migliore di sbarazzarsi di questo popolo increscioso che in realtà non domandava se non di « fare da sè » ma che si è voluto ad ogni costo punire di tanta protervia restituendolo a viva forza alla sua tradizionale condizione di pezzente e di servo. Si riaprirà, dunque, l'epoca dei piagnistei, delle suppliche fra le quinte delle conferenze internazionali, l'epoca degli schiaffi ricevuti e non restituiti, l'epoca dell'accattonaggio politico, economico e finanziario? Straziante prospettiva, per noi che da vent'anni, ciascuno nella misura delle proprie forze e delle proprie mansioni, abbiamo tentato lavorare o collaborare a far più grande, più prospera, più rispettata e più felice la patria. Dura e ingiusta condanna per una generazione di uomini che non ebbero quasi mai altro pensiero davanti agli occhi tranne il bene di questo nostro popolo martire e il maggior numero dei quali sostennero la propria parte senza averne mai cavato nè ambito cavarne onori o ricchezze o fama, mentre alcuni, poi, non si videro assegnare una parte se non quando già la casa bruciava. Ma la coscienza ci dice che la strada era buona e che se fosse stata percorsa da tutti con onestà, decisione e coraggio poteva condurci là dove volevamo, dove il nostro popolo sveva Lm bisogno di andare, dove tutti gli altri popoli sono andati;prima di noi, jSe Dio è misericordioso quanto giusto, a questa mè- ] la noi giungeremo ugual-'mente, a dispetto del nemi-ìco esterno ed interno. Ini ogni caso, nell'ora che volge i siamo più che mai del parere I che la nostra non è stata, co- j me si pretende, una genera-1 zione di pazzi o di delinquen¬ ti, ma forse la più bella ge-|nerazione che abbia data, da Isecoli, l'Italia: la più rispet-Itabile, la più animosa, la piùiottimista, la più interessan- (te. L'impegno posto dai no- stri nemici nell'attaccarci e Inel non darci quartiere, la furia morbosa con cui si èjvoluto coprirci d'infamia! provano, se non altro, sin ;da ora che l'Italia della ri jvoluzione aveva cessato di essere il solito stuoino da ] nettarcisi le scarpe, e aveva 'saputo finalmente alzarsi in ìpiedi, imbracciare un'arma, i aprirsi un varco per strap i pare anch'essa alla mensa I j 1 dei ricchi il suo pezzo di pane. Sono cose che. a quanto pare, nel mondo dei ricchi e |dei ben pasciuti non si per Idonano. Ma capita, talora, Idi mandare alla morte un iaccusato e di abbassare gli (Occhi al 3UO passaggio per evitar di guardarlo. Quel- Il'abbassar d'occhi è a Buo mndn, pel reprobo, un gin-j<le''d°ne e un omaggio. ! Conretto Pettinato

Persone citate: Andrea Costa, Austen, Crispi, Filippo Turati, Mussolini, Neville Chamberlain, Soho