Il più triestino dei triestini

Il più triestino dei triestini Il più triestino dei triestini - re e a e n e - e o a o , r - è i TRIESTE, giugno. Quasi eco attardata di un centenario, seno apparse quest'anno nuove pubblicazioni su Domenico Rossetti, conte, patrizio e avvocato trleisttno, morto il 29 novembre 1842. Tra esse, in prima linea per materia e mole, sbanao gli « Scritti inediti > del Rossetti, a cura detl Municipio di Trieste (Volume 1°) poi «Sette lettere di argomento municipale*, inviate dal Rossetti a un amico nel periodo dall'agosto 1815 'al gennaio 1819, e, Infine, alcuni articoli della rivista « La porta Orientale t, testé ricomparsa dopo un lungo silenzio, opera di cittadini di * buona volontà > i quali « con visione realistica » intendono * difendere e conservare un patrimonio spirituale ch'è retaggio dei nostri antichi e dei nostri Caduti*. (Dalla prefazione della rivista stessa). Ricco di ramificazioni gene, rose ohe si mostrarono tenaci contro ogni catacolo, eccellenti negli studi e folgoranti di eroismo, questo patrimonio spirituale risale, come primo ceppo e irradiazione prima, a Domenico Rossetti. Ingegno poliedrico, « di varie e discordi infiina^ioni intellettuali ■> (Giuseppe Stefani), possiamo trovarlo a ragionare sull'ori.aine di ogni poesia e a discorrere « sul baco da seta anticamente bandito da Trieste*; a occuparsi di giardinaggio come una delle belle arti (arte callitecnica) e a preparare progetti di acquedotti e tu una cassa di risparmio;; e intanto scrive pure cassoni, sonetti, madrigali, odi, anacreontiche, opere teatrali, mai distraendosd dalla politica che Interessa la città. Aggiungasi a ciò il disinteresse e il carattere, e ne verrà fuori un uomo, di quelli cari alla lanterna di Diogene, che il popolo apprezza venera e on-ra. quasi fioritura preziosa della prepria anima. Cosi, egli apparirà sempre In primo piano — apertamente o invisibile — per ogni questione locale da studiare o da risolvere, sia essi di gigantesca, urgenza come quelle derivanti da tre occupazioni francesi di Trieste, ovvero di paziente schermaglia con le autorità centrali, i cui punti di vista si allontanavano spesso, nella teoria e nella pratica, da taluni assiomi triestini. E' ora Indubbio che le « consoeiasioni «ninne * abbiano bisogno di uomini, in difetto di che non prosperano, ovvero, a prosperità raggiunta, decadono e muoiono. Arricchirsi — com'era 11 caso di Trieste, dedita a un facile commercio — non serve, o non basta. In una delle sue tante incarnazioni, Shiva, il Dio indiano della Distruzione, è raffigurato come Dio della Ricchezza. Se questa non irrobustisce gli animi attraverso «l'intelligenza, la concordia e il carattere », è peggio che costruire un castello di tela. Occorre dire che su questi tre piccoli argomenti, dovremmo ancor oggi raccoglierci a meditare? Forse, dai tempi del Rossetti, la situazione nostra è peggiorata alquanto, ed egli già lagrlmava: Italia. Italia, dunque eterno giro di lutto e stragi in barbare vicende un epietalo destin tempre ti rende Mttinu di furore o di deliro? L'intelligenza, la concordia e il carattere mettono precisamente al riparo da «furori* e « deliri *. Gran fatto. Digressione nella digressione, aggiungeremo che il Rossetti non ambiva a una concordia come edificio ben lisciato e bianco all'esterno, sì da appagare l'occhio in difetto della sostanza. Alla concordia efficace si giunge per educazione e non per decreto. Nè preesistenti discordie debbono scoraggiare: la loro stessa Intensità può condurre « al convincimento della necessità, di un buon ordinamento di tutte le cose ». Un uomo, dunque, fu il Rossetti e potè meritare il titolo del *più triestino dei triestini », nobile titolo, anche se si tentò di sminuirlo con l'epiteto di * municlpalista >, o «campanilista» come suol dirsi più comunemente. Un grande generale, Maurizio di Sassonia, asseriva che, al disopra di quarantamila uomini, egli non ci capiva più niente. Il decentramento è quindi opera saggia di governo, e più estesa è l'autonomia municipale più s'interessano i singoli alle sorti della loro « piccola patria , cellula della grande. Egli ragionava in tal senso, ed inorridiva pure per i concetti livellatori che non distinguono tra monti e mari, che fanno ballare asino e leone in una medesima tarantella, pongono stelle e lucciole in una uguale gradazione luminosa. Un simile « ciabattinismo politico » gli fa pensare al i- calzolaio che volesse fabbricare una scarpa capace di coprire ugualmente bene il piede di un dama chinere e quello di una fantesoi patugona ». Inoltre, accentramento stabile e livellamenti portano di forza a uno sterminato apparato burocratico, e i burocrati, nella loro qualità di « operai del nulla » finiscono inevitabilmente col « voler governare troppo *: in tal caso, più facili sono gli errori per il maggior numero di prove tentate oltre che per i falsi giuochi di luce derivanti dalla distanza, e gli errori stessi, se provocati da lontano, sono meno riparabili di quelli originati sul posto. Indipendentemente da qualsiasi teoria politica, Trieste aveva poi i suoi buoni diritti all'autonomia. Ella si diede alla Casa d'Austria nel 1382, spontaneamente e trattando da pari a pari, con la condizione espressa e riconosciuta di conservare la propria libertà, le proprie franchigie, le proprie istituzioni e leggi. Più tardi, Carlo VI. scegliendola e costituendola * per culla e oen-

Persone citate: Diogene, Domenico Rossetti, Giuseppe Stefani, Shiva

Luoghi citati: Italia, Sassonia, Trieste