Una lettera di Lincoln sui diritti dell' Italia

Una lettera di Lincoln sui diritti dell' Italia Una lettera di Lincoln sui diritti dell' Italia Nel 1853, otto anni prima di diventare presidente degli Stati Uniti, Abramo Lincoln scriveva) all' amico Macedonio Melloni, illustre patriota e fisico italiano, una lettera memorabile esprimente le idee del (/rande repubblicano del Nuovo Mondo sull'avvenire e sui diritti sacrosanti del nostro paese. Ne ripubblichiamo qui il testo integrale troppo poco noto, nella traduzione di Giuseppe Manzini, affinchè gli Italiani possano fare un paragone fra le idee dell'America della metà del secolo scorso, e quelle dell'America di Delano Roosevelt. La lettera, preziosa testimonianza contro l'ingordigia inglese, fu all'epoca delle contese di Versaglia oggetto di vana quanto "cospicua richiesta d'acquisto al suo possessore D'Althan da parte di lord Northchisse, nell'intento di togliere dalla circolazione un documento atto a ostacolare l'arrembaggio diplomatico dei rivali dell'Italia. Springfield, 1853. Mio caro Melloni, Humboldt mi fece perveni11 v/ messaggio, che per me avete consegnato a Faraday. Vi ringrazio della buona memoria. La vostra cortese deferenza per avere un mio giudizio sul riordinamento politico dell' Europa mi inorgoglisce sinceramente. Ammiro in voi tutto quanto avete patito per la scienza, ma più ancora tutto quello che avete sofferto per l'indipendenza e per la liberta della vostra adoratissima patria. Circa 1' Alsazia, Humboldt vi avrà scritto la mia opinione. In una futura confederazione di stati tedeschi, in una unione ai tedeschi dell'impero distrutto ineluttabilmente, la Alsazia deve trovarsi necessariamente il proprio posto perchè nulla varrà mai, e poi mai, a giustificare la violenza di un atto, quale fu quello di toglierla al paese d'origine per farne, qui pure, un'appropriazione indebita. Allo strazio di questo strappo illegale pianse le più amare lagrime Wolfan- §o Goethe, voi lo ricorderete. ! come non si può giustificare questa ingiustizia, cosi non si può giustificare quell'altra pure atroce che l'Inghilterra commette a danno della povera Irlanda. L'or, goglio della piccola Inghilterra deve essere ridotto alle sue legittime proporzioni, deve es. sere limitato e compreso nei suol giusti conf/ni, etnograficamente parlando. Per principio non deve ammettersi l'audace ingordigia di nessun popolo a detrimento degli altri. La vera libertà non esisterà mai se non riconosce a tutti i popoli la propria legittima indipendenza. Che diritto ha l'Inghilterra di appropriarsi Gibilterra e Malta? Non è, questa appropriazione indebita, una giustificazione" al diritto del corsaro e de] predone? Non si ammette implicitamente con questo fatto che ogni popolo ha diritto a non rispettare la proprietà degli altri? Non si sancisce con ciò che la proprietà è un furto a dispetto delle leggi vigenti dell'ordine? lo sono convinto che I barbari venuti dalle lontane tundre, I quali, colle invasioni delle loro abbominevoli orde, approfittando dello stato di sfacelo morale In cui dibattevasi l'Impero romano, lo hanno predato, manomesso, derubato, annientato, abbiano fatto retrocedere di secoli e secoli indietro la marcia trionfale in avanti della vittoria umana sulla coscienza universale dei popoli affratellati. Ci avvicinavamo tutti indistintamente, ad essere un solo popolo, una sola famiglia, e, repentinamente, si addensarono sul mondo civile d'allora le tenebre più fitte della più incomposta delle barbarie sulla luce meridiana di Roma immortale ed eterna. Di quella gloriosissima Roma, 0 illustre amico, che ha dato la civiltà a tutto II globo terrestre, che ci ha persino scoperti, che ci ha creati, redenti, educati, nutriti, moralmente, colle sue leggi indistruttibili. Di quella Roma ripeto, che dovrà essere, In un periodo di tempo, più o meno prossimo, la capitale luminosa degli Stati Uniti d' Europa in contrapposizione a quella sistematica distruzione di ogni più fondamentale principio di libera indipendenza che sta facendo ed ha fatto sin qui la presuntuosa piccola Inghilterra, la quale domina dispotica, con Malta e Gibilterra, indebitamente appropriate, in un mare, nel quale essa avrebbe nulla a che fare e pel quale è sacra affermazione di « mare nostrum » della gran madre Roma vaticinata « caput mundi » dai tempi antichissimi: Roma-Amor, la città affascinante del più bel sole contro le mene ipocondriache della nebbia ottenebrante. La stessa privilegiata geografica posizione della città eterna, in confronto d'ogni altra contrada, ne convalida agli occhi d'ognuno l'augurale vaticinio. Violentare, de viandolo, il corso normale della storia del popoli, è orimi noso! E per addivenire alla costituzione del futuri Stati Uniti d'Europa è indiscutibi le innanzi tutto la più assoluta indipendenza politica del l'Italia Vostra, nazione indi spensabile all'equilibrio stabi le del mondo civile. Tutta la penisola italica dev'essere In 'eramente unita in una unica nazione con le sue tre mag giori isole del Mediterraneo (Corsica, Sardegna e Sicilia) col Lombardo-Veneto e colle due Venezie (Tridentina e Gii'lia), per intero, senza sbalzi dannosi e salti incomposti, coll'assoluta padronanza dell'antico lago di Venezia da Fiume alle bocche di Cat- cssqqspttftvgcms e a o a o a a e à e i e a ù e i e e o a a e e , ù à i a a i a a o e e a taro, ininterrottamente, per tutta la Dalmazia, in aggiunta indistruttibile a tutta l'Albania. La sola unità italiana che si possa ammettere è questa: chi non l'ammette calpesta i principi della più sana delle oneste politiche, per prepzrare, nell'avvenire, la più cruenta e micidiale delle guerre, la più torbida ed insensata delle speculazioni innominabili. La Dalmazia ha una sua storia unitaria nazionale di quasi ventidue secoli: quelle quantità etniche, le quali vi si sono violentemente sovrapposte, a detrimento della nativa italianità, sono costituite (se si eccettuano i romeni! fulcro vitale di luminosa latinità) dai più barbari e sei vaggi popoli della terra, bui gari, croati e serbi (dei turchi vi scrissi a lungo l'ultima volta), che non hanno, specialmente i serbi, al loro attivo quasi altra gloria che assassina e delitti e sterminii e vandalismi d'ogni specie in tutte le loro gradazioni sociali, disonore della società, che hanno bisogno di essere ben bene ripuliti dalle nazioni di civiltà superiore in nome del più umano dei principii civili dei popoli: quella gloriosa Dalmazia, così simpatica, che, tradita a Campoformio, fu venduta all'Austria e poi pas sata a Napoleone, il grande vostro concittadino, che ar ricchi di gloria e di danaro la Francia, anziché l'Italia, come il principe Eugenio di Savoia fece coll'Austria, come Cristoforo Colombo fece colla Spagna, come i Caboto fecero colla terra d'Albione, come il vostro consanguineo Alfonso Federici fece col tesoro pubblico di Londra. Voi lo ricorderete. Apparteneva ad una potentissima famiglia, la quale consolido sempre il dogale splendore della repubblica di Venezia, nelle crisi più travagliate, con ingentissime pecuniarie liberalità, impedendo ad ogni costo che ne fosse offuscata la gloria purissima. Gentiluomo di Milano, generale delle armi d'Inghilterra, col diritto dell'aquila bicipite nel proprio stemma, aveva in deposito presso il tesoro inglese più di cento milioni di zecchini d'oro. Membro dell'alta nobiltà inglese stessa aveva appunto il titolo speciale di « cima d'oro » perchè con quella iperbolica somma fondò certamente quella che poi divenne la potenza finanziaria di uno dei più colossali istituti di credito che sia dato conoscere. Cosi fece Marco Polo, moralmente parlando, per l'Asia, e cosi di seguito, in nome della gloria d'Italia, che ha profuso, dovunque, i> frutto del suo genio. Quella Dalmazia, infine, che la Santa Alleanza ridonò all'Austria! E gli albanesi sono ita Mani e nulla più: parlino per me la Sicilia e la parte meri dionale della vostra penisola. Osservate per esempio la razza greca! Dove si è conservata valida e buona? Nell'antica magna Grecia soltanto. Solo cosi, i popoli della terra avranno tregua, mio illustre amico. E' un assioma: ne con venite ? Il lago di Venezia non deve essere più oltre defraudato. Non ammetterne l'annessione per intero, senza eccezione di sorta, all'Italia, è, pei cittadini di tutte le terre e pei conterranei di Franklin e di Washington un vero e proprio matricidio che getterebbe la infamia sui fedifraghi ingiuriatori e griderebbe vendetta dinanzi alla nemesi stessa della storia. Voi eravate grandi e noi non eravamo nati! Lavorate, mio grande amico, in questo senso: l'impresa non è pìccola nè lieve nè indifferente ma conviene non perdersi di coraggio, per evitare ai nepoti lontani ed ai Agli prossimi le sofferenze inumane di un atroce rivolgimento politico, fo. riero delle più tremende conseguenze. Due imperi sono indeprecabilmente destinati a scomparire dalla terra, per dar posto all'avvenire, libero ed indipendente, delle nazionalità. Ho nominato V impero britannico e l'impero austriaco, vere incongruenze storiche, o, se più vi piace, veri paradossali mosaici delle più svariate etnografie. La confederazione universale delle coscienze umane deve trionfare. L'Europa sarà repubblicana o cosacca, disse Napoleone. Essa non può nè deve essere cosacca. La Russia mira alla conquista di Costantinopoli e dell'India per avere l'egemonia del mondo. Ma nessun popolo deve sovrapporsi all'altro per dominarlo. Nella ripartizione topografica dei popoli potranno esservi sempre piccole quantità etnografiche incuneate, di. rò cosi, in altre più grandi di maggiore e più provata civiltà: con esse devono pel momento vivere, necessariamente, in pace ed armonia, sentendosi indefettibilmente indi, fese e protette nei loro inderogabili diritti, attendendo il gran giorno appunto dell'auspicata federazione. Tutti dobbiamo essere fratelli e nulla più. Gli stretti dei Dardanelli e di Gibilterra devono essere liberi a tutti. E se un giorno si rendesse necessario il taglio dell'istmo di Suez, per la vita dei popoli, quel passaggio non deve essere l'ingordo privilegio della ingiustizia d'un popolo a danno dell'altro, ma deve usufruire della sua naturale e logica indipendenza. Vi pare? Bisogna abbattere il male dovunque si trovi e si addensi, per il trionfo del bene. La rivoluzione francese ha sancito il diritto dell' uomo, ma dimenticò di sancirne i doveri. Essa fu la fucina dei tirannelli più sanguinari e ci- gpgfnsuFvniatfcvgdndcdgarsmttcfbsd nici del mondo. I più infami soggetti dell'umano consorzio, affrancati dalle galere si annobilirono, n male, da essa scaturito, è più grande del bene che apportò, quantunque quest'ultimo sia stato gonfiato, come un pallone, con tutti gli ossìgeni immancabili. Da essa derivò anche il despota dei despoti, che, se non altro, ridusse la guerra di fratelli dello stesso sangue, a guerra di popoli di sangue più o meno diverso. Riferendomi al detto, rammemorato più sopra, di questo stesso despota, opino che la rivoluzione deve avvenire nelle coscienze di tutti, indistintamente, per evitare, così, violenze, rapine, soprusi, brutalità ed imposizioni cruente che sono il patrimonio, ormai sorpassato, delle belve umane. Passano i popoli, ma resta l'idea: per il trionfo della santa idea, mio caro Melloni, devesi combattere sino all'ultimo respiro. Seguendo i postulati della scienza, la politica deve finalmente esautorare l'obbrobrio proteiforme di ogni e qualsiasi schiavitù di imperialismo inspiegabile che gravi come incubo sul genere umano. Solo in questo modo può affermarsi nei secoli la più radiosa e fidente estrinsecazione della civiltà propriamente detta. Con tutta stima vi saluto ABRAMO LINCOLN. (Traduz. di Giuseppe Mazzini)