La soluzione di un grave problema
La soluzione di un grave problema Danni di guerra e lavoratori La soluzione di un grave problema Chi s'interessa, non soltanto dalle colonne della staimpa di problemi sindacali, vi dira che, in questo periodo, non è infrequente imbattersi in tipi di sorniona quanto abile elusione delle intese stabilite per la disciplina dei rapporti di lavoro. Approfittando dei dibattiti, pur interessantissimi e vastamente comprensivi, sulla socializzazione e sul nuovo ordinamento sindacale, si mettono in movimento manovre pregiudizievoli per i giusti interessi dei lavoratori. Sarà una tariffa di' cottimo ridotta con il facile pretesto di una apparente innovazione nel procedimento tecnico, oppure una qualifica rifiutata con speciose argomentazióni, l'indennità di sfollamento mai concessa o sempre procrastinata o concessa eppoi — come si suol dire — trattenuta all'operaio 0 all'imniegato. Particolari, d'accordo; tuttavia converrà seguirli molto attentamente, perchè se andassimo incontro alla socializzazione con questo stillicidio di inconvenienti, finiretmmo per ingenerare un'atmosfera di pregiudizi, di risentimenti e di sfiducia. Ottimo, dunque, il fervore delle idee e delle proposte, che accompagna il sorgere di nuovi ordinamenti, ma, per carità, non dimentichiamo per un domani ancora in elaborazione ed ipotetico, la vita d'oggi, Dal canto nostro, vorremmo in quest'articolo prospettare una questione d'immediato e vivo interesse per i lavoratori, che si ricollega direttamente ad una delle maggiori conseguenze della guerra aerea. Vediamo insieme: recentemente sono state apprese con vivissima soddisfazione le direttive stabilite dal Ministero delle Finanze per una sollecita istruzione delle pratiche concernenti i danni di guerra, allo scopo di poter con tempestività procedere alla definizione dei danni. E' augurabile, quindi, che in questo settore, involgente tanta somima di sventure e di delicati quanto impellenti interessi, ogni situazione possa essere definita, accordando la precedenza assoluta a quelle categorie — in primissima linea, le lavoratrici — che per non possedere nulla sentono con maggior asprezza la dolorosa prova subita. Ma non è soltanto di questo che s'intende accennare. L'urgenza ha certo un carattere molto importante per i risarcimenti dei danni di questa natura, ma, forse, ancor più importante è il sistema che viene seguito per la liquidazione. In concreto: al lavoratore, che, in seguito a bombardamento nemico ebbe distrutta l'abitazione, lo Stato corrisponde un indennizzo, stabilito in base ai rilievi ed agli accertamenti eseguiti. Il danneggiato esige l'importo e con ciò viene, naturalmente, ad esaurire tutti 1 suoi diritti. Non occorre essere degli indovini per presagire che, in breve volger di tempo, nella maggioranza dei casi, la somma percepita si volatilizza con questo duplice risultato: contributo notevole all'inflazione, e mancato perseguimento dello scopo perseguito dall'indennizzo per la ricostruzione, a suo tempo, della casa distrutta. E' chiaro che in siffatto modo il lavoratore raggiungerà il dopoguerra senza il risarcimento avuto e senza il nuovo alloggio. Nella migliore delle ipotesi, anche il più previdente, che abbia potuto e saputo conservare la somma, si troverà a dover rapportare l'importo percepito con la nuova capacità di acquisto della moneta. E' superfluo porre in evidenza che ognuna delle eventualità configurate si risolve in un grave danno per l'economia domestica del lavoratore e per l'economia nazionale. In che modo sarebbe possibile rimediarvi radicalmente? Ecco: lo Stato, anziché rifondere al lavoratore il danno in denaro, dovrebbe compensarlo in natura, e cioè dirgli: hai perduto una camera da letto, eccoti una camera da letto; hai perduto una camera da pranzo, eccoti una camera da pranzo. Una soluzione come questa avrebbe senza dubbio il pregio di rispondere compiutamente alle esigenze dei singoli ed all'interesse generale, anche per evitare al periodo postbellico l'arenarsi di un problema che finirebbe per assumere delle proporzioni addirittura iperboliche. Non si accusi di eccessivo semplicismo la soluzione prospettata, perchè potrebbero in nostra vece rispondere al rilievo le esperienze già attuate in altri Paesi. Nè si dica — per tagliare la testa all'eventuale discussione — che da noi non esistono le stesse disponibilità di materiale, perchè anche in questo campo potrebbero parlare sufficientemente ed esaurientemente gli attuali dati statistici della nostra esportazione di mobili. Si tratta, dunque, di esaminare il problema nei suoi termini concreti, determinando soprattutto un'organizzazione adeguata. Come ognuno può facilmente dedurre, basterebbe, forse, utilizzare per le nostre gravi e indeclinabili necessità, i mezzi che sono già in azione e che danno buoni risultati nel l'ambito qualitativo e quanti tativo della produzione. Altri vantaggi sono impli citi nella nuova impostazione del problema: più che illustrarli li lasciamo di buon grado intrawedere all'intuizione ed all'intelligenza dei lettori Pino Bartoli
Persone citate: Pino Bartoli
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