O ITALIANI O MASSONI di Concetto Pettinato

O ITALIANI O MASSONI O ITALIANI O MASSONI Per parlare serenamente della massoneria bisognerebbe cominciare col rendersi conto che il verdetto che essa merita dagli Italiani non ha nulla di comune con quelli pronunciabili a suo riguardo dagli altri popoli civili. La qual cosa ha un motivo semplice quanto convincente: in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti e in qualche altro paese la massoneria è una forza nazionale. In Italia è una potenza estera. Abbiamo voluto prender le mosse da questa pregiudiziale affinchè, in un momento in cui da tutti gli Orienti e da tu£te le Loggie del globo ci si spara addosso, e non metaforicamente, coi più diversi arnesi di distruzione inventati dal diabolico genio dell'uomo, nessuno abbia il diritto di giustificare mercè argomenti tolti a prestito al mondo delle dottrine l'ostilità o piuttosto la lotta senza quartiere cui ci fa segno il mondo degli interessi. Certo è, in ogni caso, che in Italia, nei vari tentativi di insurrezione an timassonica prodottisi dopo il 1922, la dottrina non ha avuto nulla a che fare. Nulla, o quasi nulla. I3a sfinge egizia, il candelabro dalle sette braccia, il triangolo, la cazzuola, l'acacia, la clessidra, i teschi e gli altri accessori della simbolica francomuratoria avrebbero, se non si fosse trattato che di questo, potuto farci sorridere o alzar le spalle, non però determinare quei propositi micidiali che si manifestarono nel 1923 in seno al Gran Consiglio e che disgraziatamente poi si risolsero in quelle uscite fittizie dagli albi di Palazzo Giustiniani e di Piazza del Gesù le quali non solo non rafforzarono il regime ma non indebolirono la setta. A rischio che l'affermazione sembri temeraria, osiamo dire che la incompatibilità tra fascismo e massoneria non ha mai avuto sin qui vero e proprio carattere religioso. Noi crediamo poco alle guerre di religione, ma meno che mai c'indurremmo a credervi nell'età nostra, quando incredulità e scetticismo si sono rivelati maestri nel servirsi delle fedi più diverse per mimetizzare, secondo la parola in voga, le cause estremamente temporali e prosaiche cui il mondo obbedisce. Che si possa fare la guerra alla massoneria senza occuparsi più che tanto del suo bagaglio dottrinale è d'altronde provato dal fatto che alla massoneria si può, a quanto pare, con la medesima indifferenza... daziaria, allearsi. E l'esempio ci viene dall'alto, anzi proprio dal pulpito che avremmo detto il meno indicato a fornirlo. Le alleanze sono ai dì nostri combinazioni di interessi e non unioni sentimentali, come le guerre sono conflitti d'interessi e non rotture passionali. Sarebbe dunque fuor di proposito, oltre che poco utile alla retta intelligenza della situazione, il figurarsi l'antimassonismo della Repubblica Sociale Italiana come un apostolato ideale avido di soddisfazioni dogmatiche o un trasporto mistico smanioso di estasi pie. Le campagne fatte o da farsi contro le Loggie nell'Italia della Rivoluzione non sono nate nè nasceranno mai in sagrestia. Del che, ad esser sinceri, non sappiamo rammaricarci, visto che, se così non fosse, sarebbe davvero tristissimo il riflettere quanto poco esse ci abbiano valsa la gratitudine della Chiesa. La Repubblica è cattolica, com'è cattolico il popolo italiano e come lo fu, pertanto, il regime che la precedette: ma nessuno è tenuto ad essere, per servirci di un'espressione tuttora efficace, ancorché squalificata dagli avvenimenti, più realista del re. Ora tale sarebbe proprio il caso nostro se, pel solo motivo che abbiamo rimesso il Croce fisso nelle scuole, respinto il divorzio, rinunciato al Yexeqiiatur pei vescovi, a dottato il calendario festivo ecclesiastico e che nel 1929 firmammo con la Santa Sede quel po' po' di ' Concordato che rimise il potere tempo rale all'onor del giorno, do vessimo muovere, nella nostra politica di resistenza al la massoneria, da un ordine di idee che non sembra esse re nemmen quello della Chiesa medesima, poiché tante fra le autorità alte e basse che la compongono vengono rivelando nei confronti della guerra voluta e condotta sot to l'alta manus del Grande Oriente e del Rito Scozze' se quella indulgenza, quel la longanimità sopportante, per non dire quella compiaciuta benevolenza di cui so lo i ciechi stentano ancora ad accorgersi. No; le ragioni per cui sia mo antimassonici non sono ragioni teologiche: sono ragioni politiche, e non di po litica interna bensì di poli- tica estera. Affrettiamoci ad aggiungere che identica o poco diversa è nei nostri riguardi la posizione della massoneria. Giacché, se è vero che la dichiarazione di guerra della francese Lega dei Diritti dell'Uomo contro il fascismo data dal 1924, Vale a dire proprio dall'anno in cui, dopo aver reso un grosso servigio alla Francia impegnata nella Ruhr, l'Italia riceveva festosamente a Roma Pasic e Nincic e stipulava un patto di collaborazione cordiale fin con la Cecoslovacchia, cioè sten' deva fraternamente la ma no ai pupilli prediletti del Grande Oriente, non è men vero che sino al patto di Stresa Parigi non cessò di coltivare la lusinga di po ter rifare del nostro paese una pedina della propria po litica continentale e che, se ci fosse riuscita, la dichia razione di guerra di Victor Basch sarebbe rimasta una mera clausola di stile e l'indole del regime datosi dal la penisola le sarebbe par sa perfettamente plausibile, come pareva a Londra allorché Austen e Neville Chamberlain venivano a Palazzo Venezia a far la corte a Mussolini. Anche la Massoneria internazionale avrebbe, insomma, assolta la rivoluzione italiana, se la rivoluzione italiana avesse voluto sacrificare gli interessi mondiali dell'Italia all'utilità di procurarsi un exequatur o sia pur solo un nulla-osta del Grande Oriente. Il fascismo antepose invece, nella circostanza, le aspirazioni della Patria agli interessi del partito. Il che era naturale: ma non parve naturale alla massoneria della penisola, la quale, facendo causa comune con le Loggie di Francia, d'Inghilterra e d'America a dispetto di fenomeni di accomodamento interni della categoria del caso Acerbo, rivelò la verità di quanto affermavamo in principio : costituire essa una forza al servizio dello straniero, non una forza nazionale. In Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, dove la massoneria gode di una popolarità difficilmente contestabile, si potrà essere antimassonici per ragioni confessionali, non però per ra> gioni di politica estera : giacché a quei paesi Ja. setta ha saputo generalmente distribuire con una certa equità o almeno con un certo senso delle proporzioni l'appetitosa torta dei beni mondiali. In Italia, al contrario, non si può essere massoni, e massoni disciplinati, senza firmare allo straniero una cambiale in bianco, cioè senza incorrere preventivamente in una certa somma di rinuncie o di compromessi a danno della Patria. Non pretendiamo, con questo, che chi si inscrive a una Loggia giuri ipso facto di tradire l'Italia: diciamo, semplicemente, che lo stato di sudditanza in cui la massoneria italiana è stata po sta o si è posta, non sappiamo se buono o mal suo grado, verso la massoneria internazionale rende, o per 10 meno ha reso sin qui im possibile conciliare la qua lità di membro della setta con quella di buon cittadi no, servitore e avvocato del le cause che interessano il Paese. La massoneria internazionale aiutò l'Italia del Risorgimento perchè l'unificazione della penisola arrecava un grave colpo all'Austria cattolica e alla Santa Sede, liquidava gli ultimi residui di quel che era stata in Europa la potenza dell'Impero ispanogermanico e prometteva via libera agli imperialismi francese e inglese. Ma quando l'Italia fu fatta — ed era l'Italia di Mazzini, di Garibaldi, di Depretis, dì Zanardelli, di Cavallotti, di Ro mussi! — non ebbe altra cura fuorché di Impedirle di crescere, e, se uno dei suoi affiliati si chiamava Crispi e mostrava qualche velleità di scuotere il gio go, non tardava a minargli 11 terreno sotto i piedi, ar mando il Negus in Africa o l'opposizione a Montecitorio. Un giorno l'affiliato si chiamò Sonnino e portò nei sinedri internazionali il titolo supplementare procura togli dai suoi quattro quarti di sangue ebraico: malgra do questo, il patto di Londra fu una turlupinatura e V. E. Orlando, altro « fratello » non privo di benemerenze benché battezzato, versò invano le proprie lagrime in seno alla Loggia trionfante di Versaglia. Questo è stato sin qui il destino della massoneria italiana, non troppo dissimile, se ci si perdona l'irriverenza del paragone, da quello della Chiesa italiana, anch'essa ostacolata o impedita nell'esercizio della propria italianità dalla subordinazione a un potere più eccelso, di carattere e di fini internazionali. Quantunque, sia detto per incidenza, se l'analogia fosse per- fetta, il fatto di avere incismo dovrebbe costituire per la Chiesa italiana una ragione di più per agire italianamente, come per Vèglise d'en face il fatto di avere in Francia la sede del Grande Oriente o in Inghilterra quella del Rito Scozzese costituisce una ragione di più per agire francesemente o britannicamente. Ma convien credere, purtroppo, che nell'essere italiani si annidi una tara organica, un vizio d'origine il quale non consente al fattore nazionale di competere col fattore internazionale, e tanto meno di imporglisi. Massone o clericale, nove volte su dieci l'italiano è perduto per l'Italia, essendo automaticamente acquisito a qualcosa che non è l'Italia o che sino a questo momento non ha saputo o voluto essere l'Italia. Potrà la situazione mutare con l'avvento di tempi migliori? Verrà mai giorno in cui gli interessi di casa propria, questo obbiettivo trascendente ma legittimo e necessario dell'egoismo elementare, prevarranno nella nostra coscienza sugli interessi altrui? Lo ignoriamo. Una cosa su cui, comunque, non dovrebbe esistere dubbio è che nessuno di noi ha il diritto di essere settario finché l'essere settari significhi non essere italiani. Concetto Pettinato