Lavorare e combattere per ricostruire e vincere

Lavorare e combattere per ricostruire e vincere Il discorse di Pavolinl alla radio Lavorare e combattere per ricostruire e vincere e e e o a l , a a n o i o a a a i , e e i c r o Quartier Generale, 1 maggio. Il Ministro Segretario del Partito, dott. Alessandro Pavolini, ha ieri sera, durante il « Giornale del Partito », pronunciato alla radio il seguente discorso: « La settimana che oggi si conclude è stata contrassegnata, per noi fascisti, per noi italiani, da un avvenimento fondamentale,, anzi, dall'avvenimento più importante che siasi verificato dal 12 settembre in poi. 12 settembre, 23 aprile: fra due date, la situazione d'Italia, che, con la resa, aveva toccato il fondo dell'abisso si disegna come una linea progressivamente saliente. Due date; due avvenimenti, legati entrambi dall'incontro tra due Uomini, aH'incontro di due volontà e di due fedeltà. Il 12 settembre Hitler riusciva a liberare Mussolini. Si creava cosi la premessa indispensabile per una ripresa italiana. E', infatti, chiaro anche agli orbi che soltanto intorno al Duce e con il Duce un simile esperimento — allora disperato — poteva tentarsi. A distanza di sette mesi ciò è confermato dall'incontro Hitler - Mussolini dei giorni 23 e 24; il quale consacra, infatti, la prima grande tappa della ricostruzione e della riscossa. Sarebbe colpevole errore non rilevare il successo, o minimizzarlo. Certi ipercritici del « tutto va male » sono oggi altrettanto perniciosi, quanto ieri i panegiristi del « tutto va bene » ; spesso, fra parentesi, si tratta delle stesse persone. L'Italia è rinata « No, signori, evidentemente non tutto va male, non tutti hanno sbagliato o tradito. Se adesso il Duce e il FUhrer si incontrano nuovamente come i Capi di due grandi Stati indipendenti ed alleati, e se ufficialmente si riparla di Potenze dell'Asse e del Tripartito, se Mussolini e Graziani passano in rassegna diecine di migliaia di soldati repubblicani ben equipaggiati, entusiasti e anelanti alla battaglia, ciò significa — semplicemente — che dal nulla, dalla propria cenere, come la mitica Fenice di Arabia, l'Italia è rinata, e che i più di mille fascisti repubblicani morti per lei in questi sètte mesi non sono caduti invàno ». Dopo aver rilevato che, rag giunto questo grande risulta to, un titanico lavoro è ancora da compiere e uh lontano traguardo da raggiungere, il Ministro ha ricordato la constatazione mussoliniana che la Germania è oggi tramutata in una gigantesca officina, in una sola caserma » e, sottolineata la volontà di combattere dei nostri reparti e il lavoro dei nostri operai, ha detto: « Si, ma se vogliamo, come vogliamo, riconquistare in pieno l'onore e l'avvenire, tornando dalle sofferenze di una guerra subita, alle uguali sofferenze, ma insieme anche alla fierezza e ai diritti e alle speranze di una guerra degnamente combattuta, occorre che l'Italia tutta, tutta quanta, si adegui all'impegno totale dell'alleato e che l'intero Paese nostro, con uno di quegli s'anci improvvisi, che furono più volte la salvezza della nostra gente nei momenti tragici della sua storia, si tramuti anch'esso in una gigantesca officina, in una sola caserma ». « Una sola caserma. La guerra che le Divisioni addestrate in Germania verranno a combattere domani sul fronte italiano appartiene veramente al niù sacro tino di guerre quelle per la liberazione del suolo patrio. Per l'indipenden za della Nazione. E' inutile che la propaganda nemica insinui il ritornello della lotta fratricida. A parte il fatto che, quando Garibaldi liberò quelle stesse terre meridionali, nessuno si sognò di chiamare fratricida l'impresa dei Mille, se anche italiani componevano l'esercito del Borbone, risulta, in realtà, ben difficile reperire qualche badogliano in mezzo alle tredici razze che Mussolini, non a caso, ha elencato e che formano la variopinta armata, la quale « nell' Italia invasa non rispetta niente e nessuno ». L'esperimento opposto «vUna sola officina. Le classi che in questi giorni si presentano al richiamo e quelle più anziane che, eventualmente, dovessero richiamarsi in seguito sono destinate ai compiti territoriali e del lavoro di guerra, coi necessari esoneri per chi già sia strettamente indispensabile nelle fabbriche belliche e nei campi. Si tratta infatti, di allineare accanto al nuovo Esercito, in Italia e in Germania, un più vasto esercito di lavoratori. E, se attraverso gli Uffici sindacali di collocamento la chiamata in servizio di lavoro si è fin qui prevalentemente rivolta a categorie operaie già impegnate allo sforzo lavorativo di guerra per forti aliquote, è ben più giusto che, attraverso la chiamata militare, ci si rivolga alla generalità dei cittadini. Questo servirà, tra l'altro, a decongestionare i marciapiedi delle città dagli elementi che non sembrano avere una visibile occupazione ». Dopo aver detto quanto anche dalle, donne il Paese si attende ed aver citati i vari mezzi messi in atto per risolvere la questione annonaria, Pavolini ha continuato dicendo: « L'insegnamento mussoliniano è che al popolo non si deve mai parlare il linguaggio della demagogia. Cerio noi sappiamo anche come altrettanto profonda sia l'aspirazione a veder rerminati i fsofesgir a a e e o , e o o a a e i ù , i e l o ù a . a i e e i lutti e le atrocità di' un conflitto che colpisce, senza discriminanti, i cittadina di ogni età e d'ogni luogo, ma vi è un solo mezzo per affrettare la fine della guerra ed è quello di contribuire tutti alla guerra per condurla al suo unico sbocco possibile. « L'esperimento opposto è già stato fatto. A parte la vergogna e il danno, esso ha portato soltanto all'incrudimento e al prolungamento della guerra. « Sia a tutti ben chiaro che chi, col disfattismo, col ribellismo e con l'egoismo sfrenato, sabota la guerra è uno il quale contribuisce ad allontanarne indefinitamente il termine. Chi, invece, a tutto ciò reagisce, chi si arruola nei battaglioni delle armi e in quelli del lavoro, chi si batte, chi inserisce la sua opera, grande o umile, nello sforzo solidale, costui o costei si mette per l'unica via che più celermente possa portarci a un esito vittorioso e, quindi, alla pace. Tessere ed incarichi A questo punto, Pavolini, citate le ragioni per cui il Governo della Repubblica è veramente « l'unico rappresentante di tutto il popolo italiano », afferma: « Molte altre e fondamentali considerazioni potrebbero svolgersi, per dimostrare la storica legittimità del Governo fascista repubblicano: ma basti questa elementare, che tale Governo trae la Patria dal caos e le ridona uno Stato. « E' forse, questo Stato,/ questa nostra Repubblica! Sociale Italiana, sistema chiuso, dove solo i fascisti repubblicani possono avere circolazione? Tutt'altro. I postulati di Verona, accolti a suo tempo con così vasto consenso e che si sono realizzati e si realizzeranno con- integralità, la recente legge che istituisce le Consulte comunali elettive, la Confederazione unica in gestazione, V immissione delle rappresentanze operaie e tecniche netta gestione delle azier.de prossimamente socializzate, tutto ciò dimostra come, ferma restando la suprema ed unica direttiva politica, ci si avvii verso la più larga partecipazione di forze individuali, preziose per competenza, alla cosa pubblica e aliai cosa economica e sociale. « Il Duce ha, del resto, precisato conne in molteplici incarichi si possa e si debba avvalersi della cooperazione di chi non partecipa al movimento del Partito, e nelle Provincie tale cooperazùme si attua, infatti, su vasta scala e con soddisfacenti risiiMi. Più ancora si attuerebbe, se la criminalità sovversiva, al soldo ebraico, massonico e bolscevico, non determinasse una comprensibile necessità di vigilanza) da parte nostra e qualche altrettanta comurp.nsibVe perplessità nei cittadini più timidi, ma si eviti l'equivoco. Una cosa è la cooperazione fra tutti i cittadini di buona volontà e le autorità e gli istituti di un Fascismo Repubblicano, fiero del proprio nome e dei propri netti connotasti; altra cosa, e che noi nettissimamente respingiamo, è l'abusato e multiforme tentativo di dissolvere i rispettivi contorni e profili nella nebbia di un paMotttanj-o troppo generico in cui finisca per mettersi in discussione la via unica che può portare la Patria a salvezaa. « Lasciamo volentieri alle larve di oltre Garigliano quel, la ferma di apparente concentrazione, che già fu propria della Spagna e della Francia, e che serve unicamente al bolscevismo per farsi la parte del leone ». La fede di tutto il popolo « Secondo equivoco da respingere è quello di un'eccessiva anticipazione di tempi. .tratta di costruire per Ù domani uno Stato funzionante e respirante, non già di aprire ora tutte le dighe a una critica irresponsabile e talora sospetta. Amiamo i dibattiti e ne aiffermiamo, nei loro limiti, la utilità, ma ciò non toglie che in un periodo, quale quello che l'Italia attraversa, Governo e Partito debbano essere concepiti soprattutto come un comitato di pubblica salute, il quale decide, comanda, taglia i nodi di Gordio, mette al «turo t disfattisti, i disertori i sabotatori ». Ricordata la forza e la potenza germanica di fronte « alle prossime decisioni », il Ministro ha cosi concluso: « Fra le grandi potenze belligeranti solo la Germania e il Giappone, o uomini di corta vista, tengono sotto il proprio controllo ogni-lembo'di territorio su cui, all'inizio della guerra, sventolasse la propria bandiera e questa .bandiera hanno, anzi, portato e portano molto lontano in altri territori. Ed è soltanto su questi ultimi che si svolgono le fluttuazioni della loro guerra. Quanto agli sbarchi, l'esperienza di Nettuno dà una notevole calma ai nervi che la propaganda vorrebbe scuotere. Con atroce ira e dolore si pensa come soltanto il tradimento abbia aperto all'invasione quelle munite sponde della Sicilia, su cui Mussolini ben aveva dunque ragione di attendersi che il tentativo venisse inchiodato. « La sorte di una guerra è sopratutto quale la fede di una geiite vuole che essa sia. E' con questo impeto di fede pura e creatrice che i giovani soldati repubblicani della « San Marco » si sono stretti attorno al Duce. « E sia domani, intorno al Duce, la fede di tutto il popolo italiano >.