Per una tavola comune di Concetto Pettinato

Per una tavola comune Socializzare ì compiti dell'alimentazione Per una tavola comune Della borsa nera si è già parlato parecchio. Ma quando nessuno ascolta, parlare non serve. Non parliamone dunque più e passiamo invece all'azione. L'ordine del giorno votato il 18 marzo dal comitato direttivo dell'Unione dei Lavoratori del- r l'Industria giunge a proposito per aiutarci a escire dal punto morto nel quale da un pezzo annaspiamo. Nella guerra contro gli affamatori bisogna procedere come nelle guerre ordinarie, dove, allorché una posizione non si riesce a espugnarla di fronte, la si espugna per aggiramento. Finora abbiamo lottato contro la crisi annonaria sforzandoci di reprimere la speculazione sulle derrate. Abbiamo fatto fiasco. Se provassimo a cambiare obbiettivo ? Occupiamoci d'ora innanzi semplicemente di dar da mangiare alla gente, senza badare agli affamatori. Operiamo, vale a dire, una brillante sortita dalla cittadella delle ordinanze teoriche e della carta stampata e, rimboccati calzoni e maniche, partiamo senz'altro in cerca di viveri da portare in cucina. Il primo assioma da tener presente se si vuol vincere, col minor danno possibile, la battaglia del pane e del companatico è che il privato, l'uomo singolo, é a maggior ragione la donna singola, non sono più in grado di lottare da soli contro gli speculatori. Il pasto familiare, ridotto alle sue , proprie risorse, pericola, se non agonizza. Non diremo che questa sia una delle tante prove del fallimento del liberalismo perchè non • vogliamo che ci si accusi di fare della politica fin sul . margine dèi focolare, ma i fatti son lì e tutti possono controllarli: il liberalismo è anche in cucina il regime delle epoche di vacche grasse. Accanto alle sue mille colpe, la borsa nera ha almeno un merito, e gliene diamo atto volentieri: prova luminosamente che, ab- * bandonato a se stesso, l'uomo è un anarchico incoercibile e che nelle epoche difficili la libertà — quella nel cui nome produttori e inter- 'mediari hanno portato il prezzo dei grassi ai fastigi che sappiamo e i fornai fabbricano pane bianco per esaurire le scorte granarie prima del nuovo raccolto — e il peggior flagello di una nazione. Meglio, poi, se a questo primo merito essa ne aggiunge un secondo : quello di'rimetterci sulla via della cooperazione. Assecondata dal Capo della Provincia, la Unione dei Lavoratori ha compiuto, in ogni caso, su tale strada un passo che speriamo decisivo, restituendo alle sue funzioni normali l'Alleanza Cooperativa Torinese e affidandole il compito' di curare l'incetta e la rivendita delle derrate necessarie al consumo dei soci. Benché ristretta ai lavoratori manuali, l'iniziativa è di grande importanza. Giustizia vuole, comunque, che, dopo aver provveduto ai bisogni degli operai, si ponga mente anche a quelli di una parte della popolazione la cui vita non è oggi di certo men dura della vita dei più autentici proletari. Gli operai, specie se appartenenti alla grande industria, dispongono normali mente di mense e di spacci aziendali che non son loro di scarso aiuto per risolvere il tremendo problema dell'appetito. Che il piano del- * l'Alleanza Cooperativa riesca, e da questo lato, finalmente, si potrà respirare: la classe lavoratrice urbana, fattore essenziale dell'esistenza e dei destini della patria, sarà, come quella dei contadini, fuori pericolo. Ma decine di migliaia di piccoli e medi impiegati, borghesi, pensionati, ecc. non hanno la fortuna di figurare sugli organici di un ente sociale della statura dell'Alleanza: e per costoro che cosa faremo ? Teniamo presente che uno dei primi effetti dell'incetta intensiva delle derrate nelle zone riservate alla Cooperativa starà nel limitare il campo rimasto alla borsa nera, quindi nel rendervene la tirannide più esosa di prima. Se dovessimo abbandonare alla loro sorte tutti i cittadini non sindacati, guai! Ma noi ci rifiutiamo a contemplare un'ipotesi simile. Abbiamo avuto di recente, in altri campi, non pochi sintomi di un confortante risveglio del civico spirito d'iniziativa. Torino, Alessandria, Milano, Bologna ed altre città, mercè le loro sottoscrizioni popolari destinate a cooperare alla ' ricostituzione degli armamenti, hanno fornita la prova che il paese non intende assistere con le mani in mano allo sforzo di redenzione nazionale intrapreso dai pubblici poteri. Ai tempi del nostro splendore il Fascismo aveva tenuto a far trionfare il princ'pio che ai peceaausspnlItgcprlacdfcogciceisfzgsbgmlzicunucsamclcsDqvcmKripub» dovessero a i e o , o , e i a e e i l r i pensare unicamente governo I e partito. Non siamo sicuri nciie non sia stato questo un cerrore. Abituare un popolo ca^n01i nulla da se e ad nattender tutto dagli altri è suna pessima scuola di civi- Ifmersmo e ci chiediamo se non sia da cercar qui la radice prima di molti degli odierni « attendismi ». In qualunque modo, per poco che Iti stia a cuore stabilire fra governo e paese una mutua corrente di fiducia e di simpatia, dobbiamo ormai incoraggiarlo ad associarsi all'opera di ricostruzione, non ad appartarsene. E quale campo più adatto di quello dell'assistenza? Non dimentichiamo che vi fu un'epoca in cui non c'era città d'Italia la quale non si onorasse del suo piccolo o grande comitato di beneficenza amministrante una impresa di cucine economiche. Bisogna decidersi a esumare dal dimenticatoio, insieme con gli abiti smessi e con la carrozzella a soffietto della nostra giovinezza, questa modesta e forse non lusinghiera ma pratica istituzione, adattarla ai nuovi tempi e ai nuovi bisogni, corredarla degli adeguati mezzi di incetta di generi alimentari e dar vita così, sia pure a fianco o all'ombra degli enti provinciali p comunali. idonei, a un organismo completo, autonomo, atto a fare per i ceti meno fortunati della popolazione quello che l'Alleanza Cooperativa sta per "fare in favore degli operai. Abbiamo in proposito precedenti incoraggianti. Or è un anno su queste colonne venne fatta parola di una « mensa di guerra » che a Trieste riesciva a servire seimila ottimi pasti al giorno, di tenore identico ma d'un prezzo variante, se condo il censo della cliente la, dalle 15 alle 5 lire: perchè una o più di tali mense non dovrebbero poter sor gere domani a Torino? j Dopolavoro fornirebbero lo ro i locali necessari. Le trat torie chiuse per infrazioni annonarie darebbero loro le stoviglie, il materiale di cu cina, il personale. Che ci vo glia proprio tanto per fondare uno o più comitati cui.le autorità cittadine largirebbero il loro appoggio e ai quali verrebbero riserbate, come all'Alleanza Cooperati' va, delle zone rurali dove incettare, con tutti i mezzi del caso, le derrate necessarie? Stentiamo a credere che in un compito in cui le nostre maggiori aziende industriali sono riuscite a meraviglia gruppi di cittadini composti di galantuomini, dotati di autorità, controllati dagli stessi utenti e finanziati, all'occorrenza, dalle banche, siano condannati a fallire. Abbiamo troppo dormito, amici cari, ci siamo troppo a lungo abbandonati al fatalismo della borsa nera! E' l'ora di scuotersi! L'idea che lanciamo è allo stadio rudimentale. Ma non chiediamo di meglio del vederla discussa, precisata e perfezionata. Siamo anzi del parere che per fare opera efficace la discussione debba esserne orale e non scritta. Non chiediamo una pioggia di lettere più o meno accademiche sull'argomento nè abbiamo in animo di aprire una rubrica apposita sul nostro già striminzito e oberato giornale. Chiediamo semplicemente che gli uomini e le donne di buona volontà si facciano avanti e ci aiutino a organizzare senza inutili indugi riunioni pratiche e alla buona dove il problema possa venire esaminato sotto tutti i suoi aspetti e con la ferma volontà di approdare, in un tempo minimo, a una congrua soluzione. Chiediamo alle autorità cittadine di assisterci. Chiediamo alle nostre classi facoltose di rifarsi alle migliori tradizioni della borghesia italiana, la borghesia dei tempi duri della patria, rinunziando, almeno sino a nuovo ordine, a un isolamento ingeneroso visibilmente raccomandato alla sola persuasione che per chi ha quattrini da buttar via la borsa nera non esista. Chiediamo agli uomini che in seno alle nostre maggiori imprese industriali hanno dato vita alle prime mense aziendali e che ne vigilano giorno per giorno il funzionamento di accordarci il sostegno della loro preziosa esperienza. Chiediamo alle donne, alle volontarie di quel patriottico 3tuolo che con tanto slancio rispose all'appello lanciato qui per la formazione di un corpo ausiliario femminile, ma delle quali, con loro estremo rammarico, molte non hanno ancora potuto vedersi accolte nelle squadre formate a cura dei Fasci, di recarci il concorso del loro zelo e quello, non meno prezioso, del loro buon senso e del loro braccio. L'unione fa la forza: nella nqs'tra povera Italia, ti vecchio proverbio romano e sn«cpqsrWCtusnsmnunc1o! quanto mai di circostanza . cura dei Fasci, E che non ci si opponga no, di grazia, obbiezioni di carattere psicologico o so ciale! Non obbligheremo nessuno a venire a sfamar si in un demoralizzante refettorio di mendicità. Le no¬ mo, semplicemente, che in epoche quali quella che corre, anche una tavola comu-|stre mense di guerra debbono essere sopra tutto un « posto di conforto », e il conforto è anche morale. I più celebri fra gli utopisti, i quali, manco a farlo apposta, furono inglesi ed ebbero nome Tommaso' Moro, William Morris e Samuele Coleridge, fecero ai loro tempi della mensa collettiva uno dei capisaldi delle rispettive Nuove Sionni. Noi non pretendiamo che la mensa collettiva sia propriamente l'ideale, e questo nemmeno quando si tratti di una table d'hóte: affermia^ ne, e fin lo stesso rancio caldo scodellato per la via mbsssp«enitcsam |sia °- accordo con noi abbia dalle cucine da campo come in Germania fanno, dopo i bombardamenti aerei, i nostri camerati tedeschi, sono preferibili alla fame. Non è detto, del resto, che chi voglia portarsi il desinare a casa per consumarlo in famiglia non debba aver licenza di farlo: sarà tanto di risparmiato sulle spese d'esercizio. L'essenziale, per servirci della parola del giorno, sta nel « socializzare » i compiti essenziali dell'alimentazione: incetta delle derrate, impiego integrale delle materie prime, dai grassi al combustibile, composizione scientifica dei pasti tale da assicurare agli utenti il maggior numero possibile di calorie, sfruttando in pari tempo per il meglio le disponibilità della produzione; cioè nell'assolvere in modo razionale ed efficace quelle molte, troppe operazioni rese ormai indispensabili dalla necessità di cibarsi e che, da sole, le nostre povere madri, spose e sorelle non sono, purtroppo, più in grado di compiere. Se c'è qualcuno che non il coraggio di dircelo. Concetto Pettinato

Persone citate: Samuele Coleridge, William Morris

Luoghi citati: Alessandria, Bologna, Germania, Italia, Milano, Torino, Trieste