IL DESTINO DI BELISARIO di Concetto Pettinato

IL DESTINO DI BELISARIOIL DESTINO DI BELISARIO Il riconoscimento ufficiale accordato da Stalin al governo Badoglio fa scorrere molto inchiostro. Per essere sinceri,, confesseremo, a titolo preliminare, che l'avvenimento ci appare più increscioso che trascurabile. E questo, beninteso, non perchè ci addolori o ci scandalizzi il riflettere che la Eresenza a Mosca di un amasciatore di Vittorio Emanuele non implica garenzia di sorta circa una qualunque difesa degli interessi italiani nei Balcani e in Adriatico: dopo aver creato in quelle regioni un proprio luogotenente nella persona del cosi detto maresciallo Tito, sarebbe assurdo sperare che il dittatore rosso voglia dare a costui dei dispiaceri per ingraziarsi l'insignificante e vacillante « cugino » barese, specie a pochi mesi dagli episodi del settembre 1943, quando i generali di quest'ultimo fecero > causa comune con gli avversari balcanici dell'italianità, quasi ammettendo implicitamente che l'italianità nei Balcani non sia una causa ♦da difendere. L'avvenimento è increscioso per altri motivi. Anzitutto perchè lo stabilirsi di rapporti diplomatici fra Bari e Mosca avrà, al contrario, proprio l'effetto di secondare e intensificare l'ingerenza sovietica nell'Italia occupata, effetto che, per quanto connesso con le sorti della guerra, cioè provvisorio e aleatorio, può sempre riserbare comp'icazioni moleste per chi debba un giorno provvedere a rimetter l'ordine in , casa nostra. In secondo luogo, perchè esso tende a indurre le folle italiane nell'illusione che Badoglio sia ormai amico di Stalin e che i di conseguenza chi vuol bene a Stalin non possa fare a meno di volerne anche a lui. Illusione puerile, se pensiamo che il maresciallo, fedifrago ha gridato sui tetti di ripudiare ogni « atteggiamento anticapitalistico » e che proprio per ciò i cinque partiti di Bari lo hanno sconfessato: ma non è detto che 'anche illusioni puerili non trovino i loro cultori o almeno almeno i loro avvocati. Ai comunisti italiani, poiché esistono, insieme a tante altre cose assurde, anche dei comunisti italiani, una certa dose d'opportunismo non dispiace e la prospettiva di un ibrido connubio di più non è tale da spaventarli, come non spaventa, immaginiamo, quella frazione della massa inesperta che in maggiore o minor buona fede guarda alla Russia come alla patrona dei propri futuri destinilo alfa propria protettrice ideale. Esamineremo qui un'altra volta, non fosse che per soddisfare la legittima curiosità di non pochi operai serii i quali ci chiedono il nostro autentico pensiero in proposito, che cosa valga il comunismo come formula di assetto sociale. Daremo loro, secondo è nostra abitudine, una. risposta realistica "e senza partiti presi.- Pel momento, quel che ci preme è denunziare il carattere demagogico, ossia artificioso, di una manovra in gran parte destinata, secondo ogni evidenza, ad attrarre verso il governo di Badoglio i lavoratori dell'Italia repubblicana, E diciamo dell'Italia repubblicana perchè i lavoratori 'dell'Italia invasa sanno ormai fin troppo che cosa debbano pensare del progressismo degli uomini che li .governano o che si dàn l'aria di governarli, e non è a loro che si potrà far credere che solo stendendo a Stalin una mano inguantata di guttaperca un Badoglio abbia scavalcato quella Repubblica che sta per dare al paese la socializzazione delle aziende. Ma gli operai settentrionali, meno bene informati dei loro compagni del Mezzogiorno sulle vere intenzioni dell'* amico » di Stalin, sono più esposti di loro a cadere negli inganni della sua demagogia e abbi: sognano in conseguenza di una protezione più efficace. Tanto più che non v'ha chi non sappia, quassù, che il maresciallo non è uomo da mettere nel sacco il compagno Stalin e che quand'anche da parte del governo di Bari la ripresa dei rapporti diplomatici coi Sovieti volesse non essere una cosa seria, Mosca potrebbe farne ugualmente una cosa seriissima, come prova la presa di possesso di un terzo della flotta italiana, nonché l'inquieto linguaggio che tale balzo innanzi del sovietismo ispirava ieri al quotidiano cattolico torinese : « W nella costituzione stessa dello Stato bolscevico che si deve trovare l'antitesi al cristianesimo Perciò non è verso la Russia "sovietica che il popolo italiano deve volgere il proprio sguardo: 'quel sistema sarà sempre ripugnante alla sua coscienza e alla sua mentalità ». Nello strano idillio fra Ba¬ doglio e Stalin una cosa, comunque, ci piace: la rabbia da esso ispirata agli Angloamericani. Su questa rabbia ha indubbiamente puntato il Machiavelli di Bari, gran giocatore di bocce, nella lusinga di servirsene per ricattare le due potenze occupanti. Noi non crediamo nel successo del ricatto, giacché gli Anglo-americani sono in questo momento militarmente troppo in debito verso l'alleato orientale per prendere un'iniziativa qualsiasi capace di attraversargli la strada, e Badoglio, d'altronde, si trova in poter loro, privo qual'è di marina, di esercito e fin delle derrate alimentari indispensabili per tenere in vita una città sovrapopolata come Napoli. Ma la rabbia anglo-americana ci piace perchè vediamo in essa un segno della giustizia divina. La quale può talvolta esprimersi in termini oscuri, come le accade di fare attraverso la parola fiorita di monsignor Cazzani o l'arida prosa dell'Osservatore Romano, ma nei fatti è pur sempre chiarissima e scevra di anfibologie.^Ora la giustizia divina è stata spesso dura con l'Italia, nel corso, dei secoli, e forse non ha avuto torto di esserlo, perchè le colpe degli Italiani sono molte e gravi, specie le colpe verso la patria, e i loro castighi furono quasi sempre meritati, non escluso il multisecolare servaggio politico. Ma questa stessa giustizia non si è dimostrata men dura verso i nemici dell'Italia, cioè verso gli strumenti medesimi di cui si giovava per punirci, ed è questa la nostra rivincita, i Possiamo anzi dire che il mettersi contro l'Italia non arrecò mai fortuna a nessuno. Dai Goti ai Bizantini, dai Bizantini ai Longobardi, dai Longobardi ai Franchi, e giù giù sino agli ultimi Absburgo l'aver portate le armi nella penisola fu sempre causa di. rovina, anche allorché le intenzioni erano migliori. Il destino di Belisario è il destino tipico del generale fattosi grande a spese nostre. Se qualche gran personaggio straniero ebbe, come Bajardo, la buona ventura di dovere all'Italia una bella morte, altri videro crollar prima o poi in casa nostra la fortuna di una politica, di un regno o di una dinastia, quando non ci si guadagnarono, come Carlo VILI, il « mal f ranzese » o, come Enrico n imperatore, non vi si ruppero una gamba. Francesco I trovò in Italia i céppi del prigioniero e vi aperse la serie delle sciagure dei Valois. Carlo V, dopo averci tanto tartassati, finì col cilicio al fianco nel monastero di Yuste, in uno degli angoli più desolati del mondo. Filippo IE dovette a noi buona parte di quella tristezza mortale che doveva indurlo a erigere nella sua Castiglia il funereo Escoriai col relativo podridero. Napoleone, l'uomo di Campoformio, chiuse la propria carriera in un carcere inglese. Casa d'Austria si estinse in un povero villaggio del Veneto. Lungi da noi il reo pensiero di infliggere alla più bella terra del globo la fama di jettatrice per far paura a Clark e ad Alexander; ma certo è che non consiglieremmo a nessuno che abbia a cuore le proprie sorti di venire a cimentarle sui nostri campi. La Francia he ha fatta ancora una volta l'esperienza in grande stile: per aver rifiutato all'Italia la retrocessione della Corsica o, in mancanza d'altro, un onesto accordo su Tunisi, si è tirata addosso quel po' po' di sconquasso che vediamo, il quale le costerà, nella migliore delle ipotesi, una buona metà del patrimonio coloniale e forse qualche provincia metropolitana. E qui non serve che taluno venga a replicarci sfortuna anche maggiore aver portato all'Italia l'essersi messa contro la Francia. Giacché, come spiegammo a suo tempo in un apposito libro, l'Italia non entra per nulla nella catastrofe francese, non avendo essa fatto, deliberatamente, alla Francia se non una guerra simbolica, quando già il paese era irrevocabilmente perduto e la nostra scesa in campo non aveva altro significato fuorché quello di metterci in linea sul fronte diplomatico per il giorno della liquidazione dei conti. Anche qui, non dispiaccia ai nostri detrattori, demmo prova di tatto! In quanto all'Inghilterra, l'esperienza non e ancora conclusa, ma vari segni lasciano già prevedere che non sarà migliore della precedente. Albione sconterà, in un modo o nell'altro, l'ignominia commessa ammutinando contro di noi il mondo intero per. impedirci di portare la nostra civiltà e le nostre braccia in Abissinia. Ci sarebbe voluto così poco ad assicurarsi l'amici- zia e la collaborazione di un paese che da un buon mezzo secolo non praticava altra politica estera tranne quella dell'amicizia e della collaborazione con Londra! Un poco d'intelligenza sarebbe bastata, con un modesto senso di giustizia, una comprensione più umana dei nostri bisogni o anche solo la pura e semplice.coscienza che non si può sempre arraffare tutto per sè e che «hi vuol vivere deve pur lasciar vivere gli altri. Gli Inglesi non ebbero nemmeno questi accorgimenti elementari. Oggi possono misurarne le conseguenze. In Mediterraneo c'è, invece dell'Italia, la Russia. Il catenaccio degli Stretti è saltato. Mosca allunga la mano sino a Bari e la nostra flotta batte bandiera rossa. Bella speculazione! Affare geniale! La raobia delle « democra-. zie » ci diverte. Ma non si calpesta impunemente l'Italia. Dio è giusto. Concetto Pettinato Bersaglieri volontari in azioni di rastrellamento di ribelli in Slovenia