Statalizzazione di imprese

Statalizzazione di imprese Ima. nuora dx-k dtel lavoro Statalizzazione di imprese Nello spirito della legislazione sulla socializzazione delle imprese, il passaggio in proprietà dello Stato di alcune, determinate e numericamente limitate, imprese corrisponde ad un criterio di necessita e non prelude ad un allargamento della gestione statale; anche e soprattutto perchè la trasformazione del capitale privato in capitale pubblico non deve significare burocratizzazione dell' apparato produttivo. Ha a suo tempo, difatti, rilevato la nota 27 della Corrispondenza Repubblicana che la riforma, pur nella sostanza rivoluzionaria dello spirito che l'anima, non dimentica i principi fondamentali che sono la base del meccanicismo giuridico dello Stato italiano, nè la necessaria progressività nel procedere a una cosi radicale e delicata trasformazione della struttura economica e sociale dello Stato: non dimentica, cioè, che la proprietà privata, la libera iniziativa ed il principio dell'autogoverno devono essere più. che mai posti in onore e valorizzati. Ma tiene anche presente che non piscino essere, posti in non caie gli interessi generali della nazlone, la quale è un organismo avente fini, vita e mezzi di azione superiori, per potenza e durata, a quelli degli individui, divisi, o raggruppati, che la compongono, e che per ciò lo Stato, in quanto espressione della vita e dei superiori fini nazionali, può e deve in tervenire a sostituire l'inizia' Uva privata ogni quaT volta questa si riveli insufficiente o se gli interessi particolari tradiscano quelli della collettività, Il meccanismo Ovvio che siffatto intervento non può essere tassativamente indicato a priori, in quanto involge delicatissimi problemi di natura economica, giuridica e politica che variano da un settore produttivo ad un altro, da un momento ad un altro. Perciò, nella legge in esame, si è formulato un criterio di massima, sufficientemente elastico, lasciando al Governo ed ai suoi organi la facoltà di determinare, di volta in volta, quali imprese sarà opportuno statalizzare. E saranno esse scelte tra « le imprese che impegnino settori base per l'indipendenza politica ed economica del Paese, nonché di imprese fornitrici di materie prime, di energia o di servizi indispensabili al regolare svolgimento della vita sociale ». Se l'azienda ha molteplici attività, l'assunzione della proprietà statale può riferirsi anche ad un solo ramo dell'attività dell'impresa stessa. Infine, lo Stato può partecipare alla formazione del capitale di imprese private. " Una volta deciso il passaggio di proprietà, l'azienda è sottoposta a sindacato e può essere affidata o ai sindacatori o ad uno dei preesistenti amministratori in qualità di commissario del Governo. Il controllo dell'attività produttiva delle imprese stesse e l'amministrazione del capitale pubblico in esse investito vengono affidati ad un istituto eretto in ente pubblico con personalità giuridica propria. „Con siffatta soluzione si concilia la proprietà pubblica del capitale con la necessità di mantenere una sufficiente snellezza alle funzioni economiche e finanziarie della gestione nello svolgimento dell' attività produttiva. Detto ente, denominato « Istituto di Gestione e Finanziamento (I.Ge.Fi.) », che è in sostanza una emanazione, un prolungamento ed anzi un vero organo della amministrazione dello Stato, non nasce dal nulla: esso trova la sua matrice da un lato nell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.), dall'altro nell'Istituto Mobiliare Italiano (I.M.I.); i quali hanno finora svolto, l'uno, emanazione dello Stato dal quale ricevette inizialmente un fondo di dotazione di un miliardo, la funzione di partecipazione azionaria e di smobilizzo, l'altro la funzione di finanziamento a medio e lungo termine. Con la fusione dei due istituti — che funzioneranno come sezioni autonome dell'I.Ge.Fi. — si riuniscono organicamente le funzioni di gestione e dei capitali di proprietà pubblica, di partecipazione del capitale pubblico ad imprese di natura privata e di finanziamento a medio ed a lungo termine in un unico Istituto il quale dovrà, con criteri unitari, seguendo le direttive di politica economica determinate dal piano nazionale, raccogliere gli utili di gestione delle imprese a capitale pubblico nonché quelli derivanti dalle imprese private al cui capitale esso partecipi, ed impiegarli, insieme al risparmio di nuova formazione e direttamente raccolto con i sistemi del credito mobiliare, sia per i nuovi investimenti sia per operazioni di finanziamento. Mentre l'originale differenziazione per settori produttivi dei suoi titoli e la manovra del loro reddito settore per settore sono le altre leve che gli permetteranno di agevolare e fecondare la sua funzione produttivistica. Criterio di equità Ora è qui che si entra nella tecnica di espropriazione del capitale privato: come e con che cosa saranno pagati gli attuali possessori delle azioni ? Era questo il punto controverso e che veniva atteso con molto interesse negli ambienti finaziari. Appare però subito, dal testo del provvedimento, che le modalità tecniche per la trasformazione del capitale privato in pubblico sono .stabilite solo nelle linee fondamentali, in modo da conferire agli organi dello Stato i poteri necessari per la loro con- cretazione, ma da lasciare loro anche l'elasticità necessaria per potersi adeguare a tutte le variabili necessità. E' bene ricordare che dalla « premessa » alla emanazione della « legge », e cioè per circa un mese, le Borse Valori, allarmate pessimisticamente, hanno registrato cedenze e falcidie dimostranti che il divario esistente fra corsi nominali e corsi effettivi delle azioni era sproporzionato e non corrispondente ad una obiettiva valutazione del complessi patrimoniali. Difatti, ai primi di gennaio, i rapporti tra valori nominali e quotazioni si aggiravano sur una media di 1 a 7,5, con punte varianti dall'1:14,3 perii comparto finanziario a 1:9,6 per i tessili, e da 1:8,5 per gli immobiliari e gli alimentari a 1:3,5 per i meccanici. Sicché, i redditi netti dei vari titoli erano dello 0,324 % per gli immobiliari; dello 0,61% per gli alimentari; dello 0,898 % per i finanziari; dell'1,09% per i tessili; dell'l,2 % per gli elettrici e del 3,5 % in media per i meccanici. E' evidente, a nostro modesto avviso, che in codesta patologica situazione si nascondevano riflessi speculativi, per cui, tirate le debite conclusioni, i ribassi denunciati dai listini, e che nella media sono stati del 37 % con un massimo del 48 % per gli elettrici ed un minimo del 28 # per gli immobiliari, anziché rivestite l'aspetto di una critica preventiva alla futura struttura dell'economia produttiva delle imprese nazionali, rappresentarono una realistica tendenza a riassorbire sfasature precedenti ed a coordinare in una più serena valu- \ fazione certe euforie della I quota. Ora, con alto criterio' di equità, il legislatore ha stabilito che le attuali azioni delle imprese che passano in proprietà dello Stato siano sostituite con titoli di credito deiIT. Ge. Fi. secondo un cambio effettuato al valore reale delle azioni stesse. Non ci si limiterà, cioè, a tener conto del valore nominale più le riserve; ma si procederà ad un inventario patrimoniale e finanziario nel momento del trapasso di proprietà per determinare in modo obiettivo il valore effettivo dell'azione. Nè poteva essere diversamente, che non si poteva giungere ad una trasformazione del capitale privato in pubblico senza alcun corrispettivo, sia per le evidenti dannose ripercussioni che si sarebbero prodotte sulla ^orinazione del nuovo risparmio, sia per la fuga che si sarebbe verificata del risparmio amorfo e dei capitali già esistenti. Nè d'altra parte si poteva prendere in seria considerazione l'eventualità di acquistare in contanti le quote di capitali attualmente nelle mani di privati, perchè per questa via si sarebbe andati incontro ad una illimitata e catastrofica espansionc della circolazione monetaria. Nè, tanto meno, si poteva giungere alla sostituzione pura e semplice dei titoli azionari con altri titoli di essi rappresentativi, perchè si sarebbe perpetuata l'esistenza di ingenti fortune nelle mani dei singoli, con tutte le relative possibilità di pressione e di azione negativa nei riguardi dello Stato. Contro quest'ultimo pericolo anzi il Governo si è voluto cautelare lo stesso, introducendo alcune limitazioni alla negoziabilità dei nuovi titoli di credito dell'I. Ge. Fi., non solo; ma anche prescrivendo che il credito dei titolari possa essere soltanto iscritto nel libro dell'Istituto senza la materiale consegna dei titoli. I nuovi titoli La conversione non poteva neppure essere effettuata nè a valore nominale nè a valore di mercato; il primo perchè praticamente troppo inferiore alla consistenza patrimoniale, il secondo risultando eccessivamente gonfiato — come si è visto — sia dal fattore monetario speculativo sia da quello fiscale. H rapporto di conversione si basa quindi sull'accertamento delfeffettiva consistenza dell'attività dell'impredeterminato con decreto del Ministro dell'Economia Corporativa, su proposta dell'I. Ge. Fi. e in contraddittorio con gli amministratori dell'impresa stessa. Contro questo decreto è inoltre ammesso ricorsa Le massime garanzie sono quindi osservate. Il riconoscimento del valore reale comporta, in pratica, una sostanziale rivalutazione del capitale nominale: e tale rispetto del principio della proprietà privata potrebbe costituire per l'I. Ge. Fi. un gravoso impegno nei confronti dei portatori dei suoi titoli, il cui volume risulterà naturalmente aumentato in proporzione della differenza tra il valore nominale ed il valore reale delle azioni, mentre non in eguale proporzione potrà aumentare il flusso di reddito delle imprese statalizzate e, d'altra parte, la partecipazione del lavoro alla ripartizione degli utili diminuirà ulteriormente la quota che potrà essere assegnata a remunerazione del capitale. Ma è evidente che, mantenendo il rispetto della proprietà privata dei mezzi di produzione, si è voluto costituire sul piano economico uno stimolo atto ad assicurare quella continuità di iniziative, di perfezionamento, di afflusso di nuovo risparmio che si ritiene necessario al consolidamento ed allo sviluppo della produzione. I titoli dell'I. Ge. Fi, saranno nominativi, negoziabili, trasferibili e a reddito varia' bile ■... saranno cioè soggetti ad una valutazione continua del mercato finanziario, sicché per quanto abbiano fondamentale natura di obbligazioni, ripeto- no, in sostanza, le caratteri-stiche delle azioni avendo red-dito variabile. Taie variabilità del reddito costituirà un mezzo di adeguamento alla situazione economica, sia perchè la remunerazione del capitale possa variare analogamente alla remunerazione del lavoro, sia per potere disporre di un utile strumento di manovra del potere di acquisto di larghe categorie di redditieri che verranno appunto attratte o respinte dalla maggiore o minore altezza del reddito, sia per non vincolare lo Stato alla distribuzione di un pondo fisso annuale 4i dividendo che sovente non sarà quello effettivo, sia per avere sempre pronto un valido strumento di manovra fiscale cui affidare fra l'altro il compito di un im■mediato adeguamento delle imposizioni alle variazioni del redditi delle imprese a capitale pubblico. Infine, e questa è un'altra notevole disposizione, i titoli verranno emessi in serie distinte corrispondenti a singoli settori di produzione. Con questa disposizione si lega intimamente il titolo ai vari set-: tori di investimento in modo che la variabilità dell'interesse è praticamente legata alle vicende economiche del settore stesso. Pertanto, il reddito sarà determinato non in generale per tutti i titoli dell'I. Ge. Fi. (che oltre al riparto degli utili propone il bilancio, gli aumenti e le diminuzioni di capitale, le fusioni, le concentrazioni, lo scioglimento e la liquidazione delle imprese gestite), ma singolarmente per le serie corrispondenti ad ogni settore di produzione, in modo che non c'è da temere che la crisi di un gruppo di titoli ab; bia a ripercuotersi su tutti gli altri titoli anche perchè, a parte una probabile compensazione perequativa fra i diversi settori, sarà sempre possibile manovrare, attraverso le variazioni del reddito, l'afflusso del risparmio ai singoli settori secondo le esigenze di ognuno in relazione agli sviluppi del piano programmatico della produzione nazionale. Alfio Titta postazione Vallo atlantico

Persone citate: Alfio Titta