Dal "tetto di casa,, al "piede del fante,,

Dal "tetto di casa,, al "piede del fante,, Esperienze fallite in tema d'invasione Dal "tetto di casa,, al "piede del fante,, L'anno scorso, press'a poco a questo tempo, 1 crìtici militari anglosassoni discutevano su\ giornali se la capitolazione dell'Europa sarebbe avvenuta in seguito a vera invasione, cioè dopo sbarchi in grande stile ed occupazione stabile di territorio, oppure se si sarebbe conseguita con una immane operazione di martellamento aereo. E in America s'erano trovate anche le frasi acconce: invasione «\dal tetto di casa » veniva chiamato l'un sistema, invasione « col piede del fante » veniva chiamato l'altro sistema. I critici si spartivano, chi per « il piede del fante » chi per « il tetto di casa », e polemizzavano. Con la capitolazione di Pantelleria sembrò prevalere la teoria del-, l'invasione « dal tetto », con lo sbarco in Sicilia invece si dichiararono vincitori i fautori « del piede del fante ». Ma più tardi, i sostenitori di una sempre più forte arma aerea come unico strumento bastante a vincere la guerra col minimo dei sacrifici si rifecero in parte contro gli oppositori, affermando che il caso dello sbarco in Sicilia e in Calabria non poteva valere come precedente, in quanto tale sbarco era stato reso possibile dalla defezione delle truppe italiane incaricate della difesa dell'isola. I sostenitori dell'invasione • « dal tetto » affermavano che un tentativo di sbarco in grande stile, in condizioni normali di difesa, riuscirebbe più no che si, e comunque riuscirebbe assai più costoso in mezzi e uomini che non una guerra vinta col solo impiego in massa dell'aviazione — diecimila, cinquantamila apparecchi in volo alla volta, sostenevano. Giorni tristi Io, in quei giorni dello sbarco in Sicilia, mi trovavo, e da tempo, nella Penisola iberica dove, sia pur coll'animo oppressò e disfatto per le disgrazìe della Patria, avevo modo di seguire con attenzione le interessanti e talvolta strane correnti d'idee dell'opinione pubblica americana in guerra, sia giovandomi dei giornali e delle riviste che il Clipper recava in volo da New York, sia soprattutto apprendendo notizie e voci, direttamente o indirettamente, da persone provenienti d'oltre Atlantico; preferendo gli uomini d'affari che sulla politica e sulla guerra hanno generalmente pochi ma chiari concetti. Erano quelli i giórni immediatamente precedenti il tradimento in casa nostra. Non ancora il « segretissimo » Generale inviato da Badoglio aveva bussato alla porta di Sir Samuel Hoare, all'Ambasciata britannica di Madrid, per offrire all'Inghilterra la capitolazione senza condizioni e la guerra contro l'alleata Germania, ma il tradimento sui campi di battaglia era'già in atto. L'invasione della Sicilia era incominciata e in quale maniera tutti sanno. I giornali stranieri pubblicavano e le radio diramavano notizie che facevano arrossire gli italiani all'estero come le leggevano e le udivano. Erano notizie come questa: l'esercito inglese lamentava un solo ferito nello sbarco a Pantelleria per effetto d'un calcio di ciuco. (A fianco di questa notizia —per somma ironia — i giornali portavano la conquista dell'isola Attu da parte degli americani dopo settimane di sanguinosa lotta: duemila difensori giapponesi dell'isola, duemila morti). O una notizia come questa: La superbase navale di Augusta conquistata da un cacciatorpediniere greco. O come quest'altra: Il Generale comandante la .Divisione di Napoli catturato in Sicilia con tutto il suo Stato Maggiore da un sergente inglese, che era solo, il sergente Hampson, (e si aggiungeva che per il nessun pericolo corso a catturare generali italiani non era stato nemmeno proposto per una ricompensa). Erano i giorni tristi in cui fango cadeva sull'onore del soldato italiano, e non per colpa sua. Al bar del « Maria Cristina » ad Algeciras, del « Palate » e del « Ritz » a Madrid certi tipi di lingua anglosassone guardavano ai giornalisti italiani con sorrisi di sarcasmo e disprezzo, ed estraevano dalle tasche manate di pesetas, sterline e dollari, mettendole in bella vista, apposta, come per dire: « venite qui servi italiani, ecco il compenso, vi paghiamo»; e i giornalisti italiani, che non volevano credere al tradimento, si limitavano a rispondere con un indecente rumore della bocca. Erano 1 tristi giorni in cui al giornalista italiano che andava a br e una-rapita nella bodega di La Linea, in faccia a Gibilterra, capitava di scorgere, abbandonato su di un tavolo da qualche militare o marinaio inglese o statunitense di passaggio,«un ebdomadario americano recante una vignetta raffigurante donne prosperose e discinte che s'offrivano al bacio d'un gigantesco boy in, uniforme U. S. Army, e sotto la dicitura: « Arrolatevi, Europa 's girls are nxiiting for you ». ' Era una vignetta di propaganda d'ar. rolamento nell'esercito americano. E mano certamente non italiana vi aveva aggiunto in fianco un lubrico disegno a matita, modificando poi la dicitura, cosi: « italian girla are waiUng for me ». Già, l'Italia infatti era invasa nella Sici Jia Trionfava «il piede del fante ».. Annunci e preparativi Ritornando al nostro argo mento, saremmo curiosi di conoscere se anche quest'ani to-ggiù in America, si disci.i quale genere d'invasione . ìa inpdse« qvni cctasvcntèsdDcmSvfzdtsdmdpmlstucadgdbmt«pAzptccirs^jprefenbile. Ci sembra che la e o invasione « dal tetto » sia applicata in pieno sebbenchè non dia i risultati sperati. E ci sembra perciò che l'Invasione « col piede del fante » sia quella decisa. Vigilia d'invasione, dunque. Ce lo dicono e oe lo ripetono tutti i giorni, in tono maggiore e categorico da oltre Ja Manica, in tono minore e sussultarlo da oltre l'Oceano. L'assalto all'Europa dall'ovest verrà, e verrà tra poco, cosi ci giura Londra. L'ha preannunciato Churchill (è diventato vecchio e affaticato, non è più quello d'un tempo, ha spifferato un giornale londinese); l'ha preannunciato Delano Roosevelt; l'ha annunciato persino Stalin nel suo messaggio all'esercito rosso. Stalin non ha, come altre volte, « invocato » il seqondo fronte, questa volta l'ha senz'altro « preannunciato ». Evidentemente ha motivo di ritenersi- sicuro dell'impegno solenne angloamericano. E che di più? L'annuncio della imminente invasione ci viene data dagli stessi generali preposti all'impresa. Montgomery non va alla festa e telegwut. « Occupato con invasione ». Eisenhower si fa fotografare .nentre scende' da un suo segreto treno speciale che, munito di straordinari apparecchi di collegamento e di altre misteriose cose, fungerà da cervello dirigente della « tremenda prova anfi bia, la più grande impresa militare di tutti i tempi ». Intanto gli eserciti denominati « della liberazione » fanno le prove. Provano e riprovano. Ad una prova generale è anzi intervenuto Re Giorgio in persona. L'esercitazione era tanto realistica — ha detto un comunicato — che il Sovrano col seguito ha dovuto correre in tutta fretta dietro ad un riparo perchè all'intorno fischiavano le palle, le palle vere. Il laccio di Churchill Si farà, allora e questa volta per davvero, il tentativo d'assalto alla fortezza europea, dall'ovest? I soldati ger manici, che fanno buona guardia al Vallo atlantico, hanno vs[b i e . n a n o e n e o o tutto approntato per ricevere come si deve gli invasori. Avremo una battaglia decisiva? Certo è che nella grande battaglia centinaia di migliaia di uomini potranno esser* mietuti dalle terribili armi della terra del mare e del cielo, e dove passerà la guerra città intere verranno rase al suolo e regioni devastate. Questo lo sanno gli Inglesi, preoccupati con^e sempre di risparmiare uomini, e questo lo sanno soprattutto gli Americani ossessionati dall'idea di risparmiar uomini in Europa per utilizzarli contro il Giappone. Negli Stati Uniti, al Congresso e sui giornali, si muovono critiche al Presidente Roosevelt accusato di dare precedenza alla guerra d'Europa su quella del Pacifico. Da tem po Roosevelt s'è lasciato prendere al laccio della formula di Churchill « prima l'Europa poi il Giappone », e il Premier [britannico l'anno scorso, dopo Casablanca, non - aveva esitato a recarsi in America per difendere il Presidente, con un abile discorso davanti al Congresso, dalle accuse e dal malumore del popolo statunitense il quale chiede « prima il Giappone e poi l'Europa ». La opinione pubblica nordamericana capisce e « sente » in pieno la guerra contro i giap-j iponesi, ma non «sente» se non in parte la guerra d'Eu-' ropa voluta e impòsta da quelle cricche dominanti statunitensi che sono in stretto legame d'interessi materiali e ideali con i circoli dirigenti britannici. In quel famoso discorso al Congresso, Churchill, per lngraziare alla propria tesi l'opinione pubblica yankee e. giustificare Roosevelt, ha detto tra l'entusiasmo dell'Assemblea: « sì, raderemo al suolo il Giappone, ve lo prometto, e l'Impero inglese vi aiuterà con tutte le sue forze, ma prima aiutateci a vincere la guerra d'Europa ». E Churchill fece sottintenòere che si doveva pazientare ancora poco perche il « capitolo Europa » avrebbe potuto terminare entro l'anno. Gli americani da allora hanno pazientato mesi e •mesi, ma l'anno è passato. Viene ora un'altra primavera e il capitolo Europa è tAtt'altro che finito. Avranno peso le nuove e recentissime reazioni dell'opinione pubblica statunitense contro l'attuale condotta generale della guerra? Si continuerà con la formula « prima l'Europa poi il Giappone », e per quanto tem po ancora? dMmAntonio Lqvato