Concerti di guerra

Concerti di guerra Concerti di guerra g a e h , a l o o l o , e i a . a o e . à o o e e a o i i d o o -' Chi non ha mai provato, a un concerto sinfonico, il ritroso imbarazzo del proprio * vicino, non può essere che lo spettatore senza passione, il viandante capitato nella sala d'audizioni per caso, o peggio ancora, per progetto mondano, per rifare i passi e le usanze ch'erano di moda al tempo di Andrea Sperelli: quando gli amori proibiti e i marzolini di violette si portavano in giro, indifferentemente, al Pincio, all'Augusteo, alle Capannello, nelle chiese gotiche e nei giardini chiusi. Esclusi, dunque, gli adulteri e i bighelloni, e ridotto il pubblico dei conoerti ai fedeli autentici, vedo costoro a loro volta suddividersi in due categorie, gli eruditi e i sofferenti, di cu^ solo la seconda ha una fisionomia, avendo una sensibilità. Che infatti gli intenditori più esperti, come tutti sanno, sono anche gli ascoltatori più apatici : quelli per cui la musica è soltanto un rumore apprezzabile, mentre pei suoi nemici è un rumore sgradevole. Sembrano stare agli antipodi, fanatici ed avversari, e invece sono affini.' ; Per essi il concerto non è che una successione di suoni, giudicata con la" stessa imperturbabilità: solo che la freddezza degli uni è, olimpica, quella degli altri bestiale j che gli uni capiscono tutto, cioè troppo, e gli altri niente, cioè troppo poco. Il vero ascoltatore è invece un devoto, fervido ma ingenuo, che come tutti i veri appassionati porta nel proprio amore un tanto d'ignaro e d'insano, come tutti i veri credenti riconosce nella propria fede la parte del mistero. Ora a formare una tale anima occorre, appunto, un poco, di infelicità. L'arpa davidica nacque assistendo un'insonnia, consolando una disperazione. Così la cetra del bardo. Così la viola del trovatore. Confortato con le note, anziché con le parole, lo spettatore di concerto sa benissimo che i suoi vicini legittimi, quelli che soli si trovano in diritto d'ascoltare con lui, sono dei sofferenti come lui. E l'imbarazzo nasce da ciò: -dal pudore di questa sofferenza palesata allo stesso momento e nello stesso luogo. Non per nulla, ormai, si sono spenti o nascosti i lumi di tutti i « golfi mistici i orchestrali. Un confessionale, non si può immaginarlo che all'oscuro. Una volta Edgardo Poe, assistendo a un concerto hàndeliano, ebbe addirittura la sensazione d' un cimitero. « Un camposanto agreste, sparso di cróci fiorite e di lampade celebrative », dove il conforto delle pene, « coscienti ed incoscienti », fosse dominato dal senso dell'infinito, dalla presenza non più luttuosa ma gentile, non più repuguaute ma attraente della morte. Anticipò egli quel giorno, certamente, la famosa visione del sepolcro di Berenice, allora che la musica gli apparve ancora « la tomba d'un rimpianto, una dólce tomba inghirlandata ». Certo è che il dolore, attraverso il suono, si fa idea-: un'inconsapevole idea ch'è però più limpida e comprensibile di tutte l'altre significate ; un'idea rischiaratrice e liberatrice che\— potenza non sempre concessa alla parola—può esprimerei allo stesso modo per tutti gli spiriti a cui si rivela. Come la sofferenza si traduce in una discordia del nostro ritmo interiore, l'ordine sconvolto è ritrovato, e ricongiunto all'ordine universale, attraverso il tramite melodioso. E il miracolo della musica, è che cantando ciascuno di noi, trasfuso nello strumento armonioso, la propria pena sino a crederla cancellata e redenta, ciascuno sente il suo vicino partecipare della grazia: :1 che spiega, oltre lo stato felicità, lo stato di timi¬ di dezza in cui vengono a' trovarsi, l'uno rispetto all'altro, gli auditori d'un brano orchestrale. Poiché la sala di concerto è la chiesa degli atei, in certo modo essa ci vede piangere, oltre che pregare, insieme : e allora noi abbiamo un po' di vergogna delle nostre lagrime, pur essendone tanto consolati. E' qui dove s'incontrano le anime messe a nudo, come nelle piscine degli indù, aperte al lavacro rigeneratore, s'incontrano i corpi spogli. Come evitare allora un po' di ros-

Persone citate: Andrea Sperelli, Pincio