IERI E OGGI di Concetto Pettinato

IERI E OGGI IERI E OGGI Ieri mattina un gruppo di ufficiali mutilati di Santa Corona vennero a portarci alla Stampa a nome dei militari di truppa di quel Centro una seconda cospicua offerta per la squadriglia « Graffer », da aggiungere a quella non meno cospicua precedentemente inviataci w dagli ufficiali stessi, della quale avevamo già dato notizia sul giornale. I gloriosi visitatori, uno dei quali, dal viso pKi giovanile e ypiù ardente, camminava a fatica, appoggiato al braccio d'una compagna, sedettero intorno al mio tavolo. Parlammo dell'Italia. Quando se ne andarono e li accompagnai alla porta, avevo gli occhi umidi. Tornai al mio tavolo e per qualche minuto rimasi con la fronte fra le mani, a pensare e a ricordare, come si pensa e si ricorda in chiesa. Vorrei che molti di quegli sciagurati che di quando in quando passano, mezza giornata a tavolino per scrivermi, all'occorrenza'dandoai il cambio con la moglie, otto pagine protocollo di ingiurie condite di imprecazioni all'indirizzo dell'Uomo il quale a sessant'anni, e dopo essersi battuto un buon \ quarto di secolo, vivendo di pane e di ortaggi come gli asceti d'altri tempi, per sollevare di peso il suo - popolo dalle bassure avvele- f nate del 1919 ai fastigi del 1936 senza ottenerne in premio se non ingratitudine e tradimento, invece di scrollarsi di dosso questo popolo come una camicia di Nesso . e abbandonarlo alla sua sor* te, si è rimesso al lavoro con coraggio superiore al disgusto, ch'è tutto dire, per rialzarlo una seconda volta »• da bassure più infami e avvelenate delle prime, vorrei che questi sciagurati avessero potuto leggermi dentro l'animo in quell'istante. I tre invalidi in grigio verde venuti dalla Liguria a Torino in quest'ora di estrema po- * verta nazionale per versare nelle nostre mani l'obolo destinato a ridare armi alla patria mi riportavano, per ►contrasto, di colpo davanti agli occhi lo spettacolo di quel ch'era stata al cospetto del mondo la nostra Italia durante i vent'anni trascorsi. Giacché noi soli, che impiegammo questi anni a correre l'Europa per spiarne i pensieri ed i propositi, noi soli lo sappiamo, noi soli possiamo testimoniare. Chi non si è mai mosso da casa ebbe sempre gli occhi bendati. Vedeva il fatterello di cronaca, l'incidente locale: l'abuso di fiducia del piccolo gerarca, la leggerezza del funzionario incompetente, il favoritismo del personaggio altolocato, l'insincerità del politico di mala fede, l'irresponsabilità o la paura delle responsabilità, lo strappo alla legge, vedeva insomma i difetti della macchina, non ne vedeva il rendimento generale. Vedeva il brutto, e poiché lo vedeva con gli occhi propri, mentre il bello per lo più gli bastava sentirselo raccontare dai giornali, quel brutto assu meva nel suo giudizio il volume sproporzionato che assumono per l'uomo tutte le scoperte personali, tutte le cose che lo riguardano di rettamente. Migliaia di indi vidui sono ogni giorno, at traverso il mondo, vittime di incidenti stradali: ma nest sun incidente stradale, fosse pure il più drammatico, rivestirà per noi l'immediatezza suggestiva di quello al quale ci capita assistere an. dando attorno pei fatti nostri, quand'anche trattisi di un semplice sdrucciolone la cui conseguenza non è che un bernoccolo guaribile mercè una compressa d'acqua fredda. Con gli incidenti politici accade lo stesso, se non peggio. Capiti a uno di noi di imbattersi in un impiegato disonesto, o insufficientemente pagato, che accetta una banconota per sbrigare sollecitamente una pratica, o in un uomo importante che approfitta di una situazione privilegiata per appropriar si denaro non suo e comperarsi una tenuta in campagna, ed ecco i due incresciosi episodi, pel solo fatto che li abbiamo scoperti noi, ingigantire, polarizzare la nostra attenzione, moltiplicarsi nella nostra fantasia, trascinarci a generalizzazioni inconsulte e ingombrare il nostro orizzonte al punto da non lasciarci veder altro fuorché corruzione e menzogna. *-Ai miopi morali, che, al contrario di quei dannati danteschi dotati di « mala luce », non vedono le cose « che lor son lontane » ma nel presente tengono ><. altro modo », non diro che i guai di questo genere sono di tutti i tempi e di tutti i paesi, e tanto più cospicui quanto più i paesi son grandi e avviati a ingrandire, prova ne * sia che lo Stato più fertile di scandali è oggi proprio la Confederazione nordameri- ì cana, idolo dei noBtri Catoni, cgCtlrdhnctrccsdelvmcclmbsqcrnsstnszndrvlrgnmpeco a e o o l i a e a o i , o e e a - , come in altri tempi fu l'Inghilterra dei Fox e della Compagnia delle Indie e più tardi quella di Joe Chamberlain e di Cecil Rhodes, né dirò che tutte le rivoluzioni, dacché ■ mondo è mondo, hanno portato al potere nuovi personali politici e che questi personali .politici, queste nuovi classi dirigenti han sempre cercato darsi rapidamente una consistenza patrimoniale, essendo anche quello un modo di vincere e di imporsi e spesso di difendersi. Non lo dirò perchè non sono avvocato d'ufficio alla Commissione degli illeciti arricchimenti, e soprattutto perchè il senso storico degli Italiani mi sembra in questo momento ancora troppo turbato per valutare alla giusta stregua argomenti di questo genere. Dirò, invece, che chi viveva molto all'estero, pur essendo a cognizione dei fatti da deplorare, sapeva assai meglio dei sedentari misurarne la portata effettiva, inquadrarli nel bilancio generale della situazione, • fare con giustizia sul libro mastro nazionale il conto del passivo e dell'attivo. Lo spettacolo dell'Italia rimessomi, per antitesi, davanti agli occhi dai tre mutilati di Santa Corona, era in realtà lo spettacolo di una grande potenza, ben governata e intelligentemente amministrata, che sapeva trar partito del suo poco denaro e spingere innanzi di fronte con energia un complesso di opere materiali e morali che avrebbero fatto onore a qualunque popolo. Se l'italiano di dentro vedeva soprattutto gli inconvenienti della dittatura, l'italiano di fuori ne vedeva di preferenza i vantaggi, e lo straniero li vedeva prima ancora di lui. L'italiano di dentro poneva il suo massimo studio nell'ascoltare e diffondere tra i conoscenti le storielle satiriche su uomini e fatti del regime, quelle che vorremmo chiamare histoires juives, riferendoci a un genere letterario di rinomanza mondiale, se in Italia non avessimo avuto Pasquino : all'italiano di fuori questa letteratura nazionale non ispirava se non un senso di compatimento. Fosse pur vero che il tale o il tal altro gran personaggio avesse speculato in borsa o sui terreni o altrimenti, fosse pur vero che questo senatore fosse diventato miliardario e quel ministro milionario, eran cose che all'italiano di fuori non facevano nessun effetto. Chi vive da un pezzo in Francia, in Inghilterra, in America non è abbastanza provinciale per sentirsi scandalizzato - dagli aspetti poco raccomandabili della vita pubblica. A chi guarda le cose da lontano e nel loro insieme preme soltanto conoscere se le colpe o gli errori che si commettono hanno o non hanno una contropartita. Che importa se qualche miliardo è andato perduto per la disonestà o l'imbecillità di un cattivo servitore del paese quando questo paese realizza in pochi anni un incremento pa-* trimoniale delle dimensioni di quello realizzato dall'Italia fra il 1922 e il 1939? Voi Italiani di casa guardavate al pettegolezzo, noi Italiani all'estero guardavamo alla storia. Voi contavate i carati agli orecchi della moglie del federale, noi contavamo le tonnellate di stazza del Rex o del Conte di Savoia. Voi spulciavate il conto in banca del gestore dell'ente sovvenzionato, noi misuravamo le migliaia d'ettari delle terre bonificate, dei latifondi colonizzati, delle montagne rimboschite. Voi denunciavate il disavanzo del bilancio, noi salutavamo l'impero conquistato, con le immense risorse promesse ai nostri figliuoli, coi milioni di chilometri quadrati di terre aggiunte alla Patria. Voi mormoravate contro l'ingerenza statale, noi vedevamo l'incipiente indipendenza economica e politica procurata al Paese dall'autarchia. Voi strillavate contro i prestiti interni, noi constatavamo che l'Italia non aveva più debiti esteri. Voi maledivate la lentezza delle pratiche e la lunghezza delle anticamere, noi benedivamo la lunghezza e la rapidità delle strade che solcavano la penisola. Voi sogghignavate contro il saluto o il passo romano, noi ammiravamo la rinascita fisica della gioventù, le colonie estive, gli stabilimenti antitubercolotici, le scuole, le case di riunione, le vittorie sportive nel: le gare internazionali. Voi piangevate la fine degli scioperi e della lotta di classe, noi salutavamo le provvidenze sociali, la fine della »disoccupazione operaia, lm-cremento industriale, i cantieri, le fabbriche, gli impianti elettrici, le miniere di nuova creazione. Voi vituperavace il gerarca che vi dava sui nervi, noi ci inorgoglivamo del prestigio senza precedenti che circondava l'Italia. Tradotto in miliardi, questo arricchimento territoriale, economico, fisiologico, culturale, morale integrato da due guerre vinte, spalleggiato da una flotta imponente e da un esercito che aveva fatto le sue prove, sarebbe asceso a cifre per noi favolose, davanti alle quali gli inconvenienti del regime, effetto, per lo più, di un'epoca di creazione intensa anzi esplosiva, e facilmente eliminabili non appena il ritorno di una situazione mondiale serena avesse consentito la revisione pacata del meccanismo messo in opera nel fuoco della improvvisazione, avrebbero assunto l'importanza irrisoria dei piatti rotti nel bilancio di un transatlantico. Questa era l'Italia di ie ri. L'Italia d'oggi sappiamo tutti com'è. Ma i mutilati di Santa Corona ci si fanno incontro, appoggiandosi con una mano al loro bastone, offrendo con l'altra il loro obolo: e questa laconica scena da r est aura tio aerarli, , mentre l'esercito risorge e |a Gibilterra tre marinai si lasciano fucilare pur di non rinnegare la patria, ci prova che il paese non ha del tutto perduta la sua anima e si prepara a rivivere. Concetto Pettinato

Persone citate: Cecil Rhodes, Joe Chamberlain, Pasquino