Churchill in tono minore

Churchill in tono minore La Nota n. 39 della "Corrispondenza repubblicana» Churchill in tono minore Un discorso prolisso, prudente, preoccupato - L'ammissione che "i tedeschi stanno apprestando sulle, coste francesi nuovi mezzi d'attacco contro la Gran Bretagna,, e la doccia fredda delle massicce incursioni su Londra - Il secondo fronte, la campagna mediterranea e la situazione nell'Italia invasa La Corrispondenza Repubblicana dirama la seguente Nota ». 39 dal titolo: « Churchill in tono minore »: Qualcuno dei nostri intelligenti e speriamo assidui lettori troverà che noi commentiamo con qualche ritardo i discorsi degli uomini di Stato nemici. Effettivamente cosi è, ma una consuetudine alla quale non crediamo, specie in tempo di guerra, di derogare, ci consiglia, prima di esaminare il contenuto di un discorso, di averne sott'occhio il testo ufficiale integrale. Oggi possediamo il testo di quello che Churchill ha pronunciato martedì scorso, 22, alla Camera dei Comuni: discorso, come sempre, meritevole delta più attenta lettura. Riassumiamo in tre parole il nostro giudizio sull'orazione churchilliana, mentre ci riserviamo di esaminare più da vicino la parte che riguarda VI- e i o è, a n e, di 2, a. l e - e n o e i e a e a » — i n i i a o i o a è a. - rafia; è un discorso prudente, prolisso, preoccupato. Che la mole del discorso sia eccessiva, soprattutto per il pubblico inglese, i primi a constatarlo sono gli inglesi stessi. Churchill si è dilungato in una serie di dettagli balcanici, portando alla ribalta, come se fossero marionette, e lo sono, i diversi re. marescialli e generali masnadieri che imperversano in quelle leggiadre regioni, dalla Croazia alla Grecia, sulle quali gli onorevoli membri della Camera dei Comuni hanno solo le più vaghe cognizioni geografiche. Non dimentichiamo che, date le affinità foniche della lingua francese, Lloyd George, il Primo Ministro britannico della prima guerra mondiale, confondeva la Cilicio con la Slesia e che altre amenità di questa specie furono registrate nelle cronache diplomatiche di Versaglia. La « prudenza » del discorso è evidente: al principio, quando Churchill precisa che egli non ha mai fatto credere che il 10kk vedrebbe la fine della guerra; alla conclusione, quando afferma che alla fine la vittoria non sarà « negata » aifa Gran Bretagna. Come si vede, siamo già ad una forma indiretta di affermazione. Siamo molto lontani dai discorsifanfara di quello che si potrebbe chiamare il tempo «a-\ fricano » della guerra. Oggi il tono è minore. Nè potrebbe essere diverso, nel quinto anno della conflagrazione. Nessuno può contestare che il discorso sia rivelatore di uno stato d'animo di visibile « preoccupazione ». Il signor Churchill è costretto ad ammettere che i tedeschi dispongono di ben 300 divisioni; che capi e gregari, esercito e partito costituiscono un blocco che non presenta incrinature dal punto di vista della solidità del cosidetto fronte interno; che i comandanti ci sanno fare; che le truppe combattono ovunque con estremo valore. Il Churchill ha anche confessato che — riportiamo testualmente — « i tedeschi stanno apprettando sulle coste francesi nuovi mezzi di attacco contro la Gran Bretagna, sia con aeroplani senza pilota, o proiettili razzo, o con entrambi, su considerevole scala. E' molto tempo che li vigiliamo con grande attenzione e cerchiamo di cogliere agni testimonianza di questi preparativi in ogni possibile occasione ». Con queste parole Churchill ha sollevato il velo del mistero. E' ormai chiaro che la scienza e la tecnica tedesca hanno escogitato qualche cosa di nuo. epdiceagsfz«estmasshddE«—spPgfcnpacrqca—rsdfvo. Che gli inglesi « vigilino »: la preparazione di questi mez-.zi con la più grande attenzio- Ine è perfettamente comprendi- bile, tuoi non crediamo di an-si \pericolo di attacchi aerei sul i < Regno Unito doveva conside ' dare esagerati se affermiamo che questa dichiarazione di Clmrchill deve avere fatto correre un brivido per la schiena di molti milioni di londinesi. Tanto più che l'oratore ha avuto una particolare sottolineatura del suo discorso con cinque incursioni aeree tedesche, le quali devono essere state abbastanza « massicce » se lo stesso Churchill le ha trovate analoghe a quelle del 1940-41. Anche qui gli inglesi avevano galoppato con la fantasia. A leggere i giornali, ad ascoltare le radio, ormai ogni i i o e rarsi dileguato. L'aviazione te desco era in via di esaurimento. Aveva molta caccia per la difesa, ma non più aviazione da offesa, cioè da bombardamento. Le bombe con esplosivo molto più micidiale dei precedenti e gli inrendi che hanno divampato in tutti i quar- o ( tieri della metropoli hanno coo istituito un terribile risveglio i [dall'illusione euforica in cui i -'britannici si erano addormen-jfatf. o! g> vero cn.e fa r.a.F. ha - ! quasi distrutto Berlino, ma è a\ajtrettanto vero cne ia LuftoUoaffe ha dimostrato che è in - \grado di distruggere comvle- e e à a o i i e r, i e e a, ai ui e o il r tamentc Londra e finirà per farlo. Anche l'esaltazione delle imprese « terroristiche » degli alleati sul tcri-itorio del Reich deve aver lasciato nell'animo degli ascoltatori una certa perplessità: tali imprese hanno imposto un consumo di apparecchi e, soprattutto, un'usura di uomini veramente imponente. Questa parte del discorso era diretta ai russi i quali attendono, con un'evidente e giustificata impazienza, l'apertura del secondo fronte, ma anche su questo argomento Chur chili non si è impegnato in maniera definitiva. L'esperienza del secondo fronte, diciamo cosi, italo-mediterraneo non è brillante, e Churchill si è prodigato nel trovare giustificazioni di carattere climatico alla stasi degli alleati ed al ritardo di un mese almeno sul pievisto per quanto riguarda la conquista di Roma. Nè minori preocupu^iojii traspaiono dal discorso di Churchill, anche sul piano po litico, nei riguardi della Ras sddssia e della Polonia fra le quali Churchill ha diviso in due parti uguali il suo tenero e af-\faticato cuore e nei riguardi] degli Stati Uniti che, essendo] entrati nel periodo die si potrebbe definire della « quartana elettorale », si dii/ertono, come dice Churchill, ad «ac-| quistarsi popolc ita facendo professione di americanismo i elinella sua forma più spinta, la [quale cosa non ci deve mini-'| I t| ma/mente disturbare », anche se, aggiungiamo noi, l'americanismo spinto è una forma elegante e palese di antibritannismo. Anche la situazione interna inglese non deve essere ideale, se Churchill sente il bisogno di dichiarare che «dì è una tendenza in questo paese a sollevare vecchie controversie tra i differenti partili e anche — aggiunge — fra gli alleati vi è una tendenza a svegliare sonnolenti prevenzioni e a dar loro libero gioco ». Leggendo queste parole, vien fatto di pensare che Churchill alluda all'episodio della Pravda. Esaminato così nella sua essenziale sostanza, del discorso di Churchill veniamo alla parte abbastanza diffusa che egli ha dedicata all'Italia: «Cosi in Italia noi stiamo lavorando presentemente col re e con Badoglio. In Jugoslavia diamo aiuto al maresciallo Tito », ha proclamato Churchill. Questi accostamenti italo-balcanici sono evidentemente intenzionali. Il Primo Ministro inglese ha quindi affermato che « l'Inghilterra ha firmato l'armistizio sulla' base della resa incondizionata con il re e col maresciallo che eiano ed al presente sono, il legittimo governo italiano ». Ha precisato di non essere convinto che « qualsiasi altro governo formato adesso in Italia possa ottenere obbedienza dalle forze armate italiane », e ancora: « quando la battaglia difficile e lunga sarà stata vinta noi saremo liberi di rivedere l'intera situazione politica italiana e lo faremo con molti maggiori vantaggi che non adesso ». « E' a Roma che un più basato governo italiano può essere meglio formato ». A questo punto, il Churchill ha fatto un'affermazione che deve aver congelato i dirigenti dei sei partiti anti-fascisti. EgU ha detto testualmente: «Se e auamto questo governo — faccio una supposizione — sarà utile agli alleati come il presente, io non posso dire ». Potrebbe certamente essere un governo che proverebbe ad affermarsi con il popolo italiano col resistere (Churchill in tono minore) sin dove gli fosse possibile alle domande degli alleati. Essi non avrebbero certamente autorità nè elettorale nè costituzionale, fin quando l'attuale re non abdichi e il suo successore li inviti ad insediarsi. « Mi dispiacerebbe — ha continuato Churchill — di veder cambi inconsiderati, mentre la battaglia- è al suo culmine con alterne vicende. E' certo, comunque, che essi non avrebbero alcuna effettiva autorità sulle forze ar- mate ifaiiane che ora combattono con noi». Dopo aver detto che l'Italia è prostrata nel le sue miserie, che il cibo è scn\rso e che non vi è possi- bilità di aumentarlo perchè mancano le navi (come sono sfumate le promesse di immediati abbondanti invìi di viveri, nelle qiuali mi/ioni di /rifui deficienti avevano creduto!) si chiude la parte, diremo italiana, del discorso. Il quale ha tolto ogni barlume di speranza agli antifascisti del Mezzogiorno. Erano partiti, costoro, in quarta contro il re, il principe, Badoglio — inuocando la solidarietà dei partiti demo-liberali degli altri paesi — ed oggi, davanti alle dichiarazioni inglesi, nelle quali è evidente la sfiducia nell'operato attuale e futuro dei diversi Sforza, Croce, Omodeo e soci, devono, se posseggono ancora un tantino di dignità, chiudere bottega. 'il comitato dì liberazione è liberato da ogni fatica e responsabilità. La sua campagna per ottenere l'abdicazione si è conclusa in un fiasco dì vastissime proporzioni. Composta da rottami di ogni partita e da opportunisti mescolati insieme nel più disgustoso degli intrugli, rimasta sempre a mezz'aria nel disperato tentativo di conciZiare diavolo e acqua santa, l'alleanza antifascista viene diffidata in malo modo da Churchill il quale, però, non può non nutrire, insieme con disprezzo, un briciolo di gratitudine per i due criminali traditori che gli hanno spalancato le porte d'Italia. E' ora perfettamente ingenuo domandarsi come reagiranno i sci partiti alla pedata ricevuta da Londra. Tutto al più con la votazione di un vibrante ordine del giorno, stilato magari da quel povero vecchio spaesato di Benedetto Croce, il quale troppo tardi e malamente è passato dalla biblioteca alla piazza, dal libro al comizio. Superato il primo momento di stordimento, i commedianti dell'antifascismo rialzeranno il sipario per esibirsi in un nuovo numero di varietà, surrogato del pane che manca.