Incontri e letture

Incontri e letture Incontri e letture * Si è detto che questa guerra nr.n ci ha dato « ufi » poeta. Vero che non ne ha dato dei memorabili, sinora, neppure ai nostri nemici — la Revue Suisse pubblicava tempo fa, in proposito, osservazioni tanto imparziali guanto perspicaci — e che, di regola, nessun avvenimento bellicoso o rivoluzionario trova U celebratore che gli occorre «durante» il suo corso, ma soltanto « prima » o soltanto « dopo ». La funzione dei vates, lo dice la parola stessa, è divinatrice. E quando i vati non prevedono l'evento, lo commemorano. Comunque, chi lamenta l'assenza del poeta unico e superiore può confortarsi pensando ai molti, moltissimi, cscuri o famosi, meditati o estemporanei, che della guerra hanno fatto e vanno facendo argomento di canto. La qtfantità, dico senza ironia, compensa la qualità. In cgni processione, vengono prima le confraternite minori, umili e numerose. I diaconi vengono poi. Poi gli arcidiaconi. Ultimo il Vescovo con la Particola... Ora, polche ogni tanto una voce si distingue nel cr.ro dei celebranti, come non avvertire quella d'un giovine ligure, Guido della Valle, che appunto coi tipi d'una tipografia savonese ha pubblicato testé, preceduti da una fiduciosa prefazione di Aldo Capasso, i suoi « Canti della guerra *? Naturalmente Capasso, ligio al culto e all'esempio ungarettianì, loda del suo conterraneo i « «iodi laconici e nudi »: proprio quelli che lasciano noi dubìtosi. (Ci vogliono tali muscoli, a costruire con soli btocchi di pietra!). Delle liriche del nuovo poeta noi stimiamo e preferiamo, viceversa, il fervore ingenuo, l'assunto entusiastico, la pulsazione forte, virile, cordiale. Aggiungiamo che, fra le cinquanta pagine del volumetto, quella dedicata a Roma mi sembra assai notevole, anche nei suoi trapassi aspri e nelle sue fratture sgraziate; mentre il canto « alla vecchia gente di mare » m'appare tutto fuso, tutto riuscito nel ?netallo nobile e sonoro in cui il gio* vine autore l'ha colato; e così Vede in omaggio a Gòbbels, in cui è un saluto alla giovine Germania che dice come il Della Valle stia oggi, animo e cuore, in fila coi pochi che guidano i più, rivendicando la tradita verità. * E; al pittore Edgardo De Benedetti che Pirro Rost, in un compendioso ma elegante quadernetto, dedica la sua ennesima fatica di poligrafo che non conosce distrazioni nè indugi. Chi e che cosa non ha celebrato Rost, in vent'anni, dai corridori in bicicletta ai posteggiatori napoletani ? Anche questa mia domanda, badate, suppone un'ammirazione. Rost è un retto, animoso, generoso filosofo. E dico filosofo, cioè amante della vita, ridando alle parole il suo senso più simpatico e genuino. Gli piace tutto ciò ch'è bello, tutto ciò ch'è buono, tutto ciò che può significare, nella morta gora degli interessi' quotidiani, un contributo ajla grazia d'illudersi e al dono di credere. Edgardo De Benedetti, poi, merita interamente la sua devozione. Anche questo georgico bergamasco è un innamorato della vita: e ogni suo quadro d'animale o di paese reca quella freschezza sorgiva di cui il biografo, giustamente, si compiace. Ma di ciò a guerra finita: quando sulle pendici delle Orobie potremo rivagare a cuore tranquillo, e i pascoli delle mandre cosi ben accarezzati dal pennello benedettiano non saranno più disturbati dai mitragliatori dei ribelli... * Gli epigrammi più brevi sono anche i più efficaci. 8u di un muro milanese, il 25 luglio, un incosciente aveva scritto « W. il Re ». Il 9 settembre, qualcuno si contentò di aggiungere alla dicitura una vocale. E da quel giorno si legge: « W. il Reo * Guizot informa che Wellington, il generalissimo inglese, si rifiutò di stringere la mano a Marmont, ch'era stato infedele a Napoleone. Quante mani riuscirà a stringere il maresciallo Éadoglio in Inghilterra? * Quel tenore si scusava di cantar male a causa d'unof nevralgia. —i Ho i denti in bocca — diceva — come se non ci fossero. — Va: — lo confortò il baritono Montcsunto — i canini ti serviranno sempre! * — Ho settant'anni — diceva (qualche tempo fa) Armando Falconi. — Ma 10 me li tolgo, 10 non li dimostro, 10 me li faccio perdonare. E siccome la vita comincia a quarant'anni... * Segnalo il romanzo d'un giovine lariano, Carlo Maria Pensa, per due motivi: per la fluenza e l'interessa delta narrazione; e perchè riflette uno strano mondo altrettanto pittoresco quanto poco conosciuto: quello delle «compagnie viaggianti», che da quasi un secolo, e cioè dal tempo del Capitarne Fracasse, attendeva chi ne illustrasse gli oscuri eroismi, e chissà?, fors'anche i meriti ignorati. Ramparti

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