PILÀTT

PILÀTT PILÀTT Quattro ore passate di recente in guardina — dirò un giorno per quale « equivoco », cioè per merito di chi ■— m'hanno lasciato due ricordi e un insegnamento. Dei due ricordi, l'uno, i pidocchi, è per mia fortuna già cancellato; l'altro, quello di un gruppo di ribelli messi là come me, sebbene per causa diversa, a in attesa di giudizio », è rimasto e rimarrà in un sentimento confuso di pietà, di dolore, e, Dio mi perdoni, di simpatia. Quanto all'insegnamento, che è di modestia, giudicatene voi stessi. Come nella medesima prigione, sul medesimo tavolaccio, si trovavano a respirare lo stesso fetore di latrina due delinquenti comuni, l'uno ebbe a domandarmi se ero dentro o per borsa ne ra »; l'altro, saputo che abitavo presso la stazione, se « facevo le valigie ». Da che un dilemma s'impone: o sono io che ho una irrimediabile faccia di criminale; oppure chi tratta da criminali i galantuomini, confondendoli in un'unica guardina, commette a sua volta un delitto ! E allora l'« equivoco » è senza scuse. Ma torniamo in argomento. Cioè torniamo in galera. Ripenso ai miei ribelli. Dico (i miei » come direbbe un confessore dei confessati. Quei quattro ragazzi che, sul tavolaccio, tenevano a debita distanza i due ladri di biciclette, a me hanno aperto interamente, e non credo nè di sbagliarmi nè di vantarmi, il cuore loro. Sulle prime, è inutile ch'io m'illuda, essi sospettarono la spia. Uno^dei quattro non mancò, anzi, di farmi vagamente avvertire che la sortfe dei delatori era quella d'un a paltorett »: atroce ma vigorosa immagine del gergo, con cui si designa nel paltorell de legn, soprabitino di legno, la cassa da morto. Poi li persuasero la mia anzianità, le mie parole ; e, soprattutto, il fatto che non esitavo a, contraddirli. Il t> delatore, generalmente, dà sempre ragione a chi gli par la. Io davo loro torto; e spesso con- un'energia, talvolta con un'asprezza ch'io etesso dovevo impormi, data la compassione che m'ispiravano. Ora, i giovani preferiscono, negli stessi confessori, la maniera dura alla dolce : e lo sanno i cappellani militari, che vivendo al reggimento hanno imparato a comportarsi, più che da ecclesiastici, da soldati. Piacque perciò ai miei quattro compagni di detenzione, ch'io li trattassi bravamente, mischiando alla lingua il dialetto e al dialetto il gergo (sapevo che cos'era il or paìtorell »: e anche questo li impressionò favorevolmente !) ; piacque persino, ai miei compagni di latrina, ch'io prendessi a contrariarli senza tante cerimonie. Sulle prime, naturalmente, s'erano dichiarati tutti estranei a ciò di cui venivano accusati ; e sarebbe stato troppo pretendere, in verità, che per tutte le quattro ore di colloquio fosse venuta meno, un attimo soltanto, quell'attestazione iniziale d'innocenza. Ma poi, con la sincerità 'irresistibile dei ragazzi, ammisero almeno i loro sentimenti: e questi, debbo pur dirlo, erano sbagliati ma perdonabili. La stessa loro confusione m'induceya, pure irritandomi, alla indulgenza. Sbagliati, 6bagliatissimi : ma disinteressati ; e sinceri. Sbagliati, vorrei dire, come lo sono certe fiumane,1 certe ventate della primavera che non si . sa neppure da che parte vaMisurate dunque il corso, l'orientamento a dei cervelli di vent'anni, in tempo'di guerra ! Ora a che pensassero, di sicuro, non sapevano neppure loro. Ma <t pensavano »: e questo era l'importante. Una forza, c'era. Un'anima c'era. Certo, pensavo a mia volta, è incalcolabile il danno che può fare un fiume, o un turbine, scagliato alla cieca in una terra che avrebbe bisogno, invece, delle attenzioni più diligenti. Ma se quell'aria viva fosse volta a muovere delle vele, dei mulini? Se quell'acqua straripante fosse incanalata a rinfrescare, a fertilizzare dei campi? Tre ore almeno, delle quattro di reclusione, furono da me dedicate a quel tentativo d'arginatura. Evocai loro la patria in pericolo, le città distrutte, il dramma del bisogno, la tragedia del tradimento. Li obbligai a dirmi, sapendo la loro russofilia, se veramente credessero che una. vittoria inglese avrebbe condotto i Russi, *e quindi il bolscevismo, in Italia; li costrinsi a dichiararmi se, fra Inglesi e Tedeschi, veramente credessero i primi più amici dell'Italia, della povera . gente, della libertà. Parlai loro alla brava e alla buona, più rozzamente che mi fu possibile, essendo necessario che i nostri discorsi frissero par chea^tsarMapespe<t fziobaticvinlato gliserdeduvaundopesedi parivdiMprunspqugiesmmEamfieanamtiassechladPseè solàà sechreCstsacicuppcenchcsetappdtlagzbgv« ssrfiestnrgcdglpbsttsslàcsdtèrsèTngsctntlrveqnflcfiguieilcatBBupvassei Liti da irateln, come il paiiPijiero del carcere. E s'intendel.^..^.-«.^........ a a e l à e o a , a e i ; a , i , e e , e o , a , , , e i l i . e a , . e , a a i e o aai e a el che non li convinsi: poiché a^tanto, in quattro ore, non sarebbe bastato un apostolo. Ma il loro crescente rispetto per l'essere mio — già sospettato, sulle prime, di <t fare le valigie » alla stazione — e certo estatico imbarazzo; e, infine, quel particolare turbamento del giovine di buon$ fede che, scrollato in una sua convinzione, o uccide o venera colui che glie la porta via, mi persuasero che almeno un granello della semina non s'era perduto. Una sola volta li trovai tutti unanimi, però, in una dichiarazione: e fu quando chiesi loro 6e, battendosi per il loro ideale, essi sapessero di fare il gioco del re e di Badoglio. Fu" allora, da parte dei quattro, una sola rivolta dichiarata, strepitosa, di schifo e di scherno. Il re? Ma per chi dunque li avevo presi? Pouah! *El re l'è un «pilàtt ». Debbo a questo punto una spiegazione. « Pilàtt », in quel gergo milanese di cui ho già rilevato qualche plastica espressione, ricorda precisamente colui che si lavò le mani nel processo di Cristo. Ed è pur essa una locuzione ammirabile, indice di quella fierezza morale che distingue, anche fra i miseri, l'anima ambrosiana: quell'anima attiva e fattiva per cui tutto, assolutamente tutto può essere scusato quaggiù, fuorché l'iniquità dell'astensione, la colpa dell'indifferenza, il delitto di lavarei le mani. Partecipare ad un delitto, secondo i miei concittadini, è meno grave che assolverlo sopportandolo. E perciò a pilàtt », nell'idioma milanese, à significato e significherà sempre il peggiore insulto che si possa rivolgere ad un reo. Pilato è più criminale di Caifa, di Barabba, di quegli stesso che staffilò il corpo insanguinato o sputò 6ulla faccia di Gesù. Pilato è colui a cui non si perdona, passino pure i secoli, e spirino sul patibolo altri milioni d'innocenti. I farisei che condannarono il galileo, gli aguzzini che lo percossero, gli ingrati che lo insultarono, gli stessi seguaci che lo tradirono, sono tutti meno nefandi dell'uomo autorevole, che, potendo impedire il misfatto, ebbe la paura o l'incapacità d'impedirlo, e, fattosi recare un catino, credette sufficiente un lavacro a mondarsi del sangue d'un giusto. Ora, giustiziera implacabile ma infallibile, l'anima del popolo ha già condannato Vittorio Savoia con due sillabe tremende. « Pilàtt/ ». Gesù coronato di spine è l'Italia, e chi l'ha posta sul Calvario è il piccolo re, il giudice senza, legge nè fede nè parola che s'è lavato ie mani. Fascista o antifascista, insorgente od obbediente, il semplice non ha oggi, non può aver oggi, nella paurosa tregenda che lo travolge, un'opinione sicura. Il suo cuore esita. La sua mente non decide. Egli può essere di giorno in giorno, e forse con la stessa ingenuità, il ribelle più feroce o il milite più obbediente. Ma su un punto solo vede chiaro, e su un punto è concorde con tutti, dico tutti i semplici pari suoi. Chi si astiene è un tjrìlàtt-t. Chi si lava le mani è iun « pilàtt ». Chi lascia che un incolpevole, si chiami Cristo o si chiami Italia, sia inchiodato sulla croce, essendo stato in suo potere d'impedirlo, è un « pilàtt*. Pilato, che rappresenta Cesare, o Cesare stesso, nell'ora del Golgota, è il supremo responsabile. Tutta l'acqua del Giordano non laverà le sue mani che grondano. E nei secoli e nei secoli il suo nome verrà esecrato : il flagello e gli sputi toccati al Crocifìsso ricadranno su di lui. Questa è' la sentenza ormai decisa dal popolo. Nè tu ora dimmi, o lettore, ch'io l'ho raccolta dal tavolaccio d'una prigione. Non erano delinquenti comuni, quelli ai quali ho parlato. E nei loro occhi c'era una tale franchezza, che mio solo dolore fu di non poter comunicare con essi sino a che non fosse dissipato ogni dissenso ideale, tanto li sentii, malgrado tutto, degni della mia umana comprensione. Se le idee erano sbagliate, il cuore era retto. E quel « pilàtt », in cui finivano per coincidere le nostre opinioni diverse, conciliate solo da un comune anelito di giustizia, era soltanto un grido del cuore. Marco Ramperti

Persone citate: Badoglio, Gesù, Pilato, Vittorio Savoia

Luoghi citati: Italia