SPECOLA

SPECOLA SPECOLA A e e e a e e i e e , i i , i a i e, a o r r e, e ie a vo II vero peggio costo di buscarmi una contravvenzione se il capotreno non riconoscerà per legittima la causa, dò uno strappo al segnale d'allarme: grido pericolo in vista come da qualche parte sento — o meglio: legqo — che si parla di «situazióne normalizzata* o che sta per diventarlo, per via che i tram marciano, ai mercati non mancan mele e spinaci, gli uscieri han ripreso la distribuzione delle cartelle delle tasse, teatri e cinema sono sempre affollati, negli stadi si vanno svolgendo i campionati ed è imminente l'estrazione della Lotteria di Merano, tutte cose — uscieri a parte — che possono fare e che fanno piacere. Ma io, non per questo e nemmeno per altro, griderei alla normalizzazione; e farlo, anche una sola volta e anche in sordina, mi parrebbe dire alla gente: oh che bravi, come si fila bene, e sciogliere ognuno dai ben più alti, e ardui, compiti che ci attendono, largire una specie di amnistia morale, alzare la mano nel gesto dell'indulgenza plenaria, in 'Ségno assolutorio. Una vita, civile normalizzata col corpo della Nazione straziato e dilaniato, con la guerra che infuria, gli animi divisi, tante menti ottenebrate? Oh no, non sia detto nemmeno per innocente concessione al « modo di dire », quel modo-dì-dire che tante volte e tanto ci fu infausto, e non segniamo la normalizzazione come una mieta; c'è tanta gente, purtroppo, che per conto suo fa vita normale! E il vero peggio è appunto questo: che c'è troppa normalità. Problemino d'attualità Piccolo piccolo, così, un comedone (ricordate?) quasi. Ma molti se lo pongono, e vai pena farne cenno, pur senza alcuna pretesa di risolverlo. Ecco, dice qualcuno — e scrive ai giornali — che i capelli gli si rizzano per l'ira fino a fargli scivolar dalla testa il berretto frigio come nell'attraversare una piazza deve girare attorno al monumento d'un Re, e gli libolte il sangwe repubblicano nelle vene ogni volta che deve scrivere sul retro o leggere sul davanti, delle buste spedite o ricevute, l'indirizzo di sua casa, corso via piazza o largo intitolato a un nome di quelli della Casa esecrata. Quasi cinque mesi di Repubblica e ancora... Ma ecco, finalmente s'inoomincia: e come s'incomincia? Il Podestà di Milano ha deliberato di cambiare il nome di via. Principe Umberto in quello di via, Albania a ricordo della storica unione spirituale e d'interessi fra il popolo italiano e il popolo albanese, e a ricordo, altresì, dei 27 mila soldati italiani sepolti nei cimiteri delle montagne albanesi... Mentre il Corso e la Galleria, essendo intitolati al nome dl Vittorio Emanuele II. soldato d'onore, conserveranno l'attuale denominazione. Fremono gli intolleranti, per i quali Repubblica sarebbe innanzitutto piazza pulita e iconoclastismo — trascurando che questo è stile badogliano brevettato — e w?Teòbero nello sterminio dei segni e dei nomi risalire a Vitiehindo o a Umberto dalle bianche mani; sacrosanto, legittimo sdegno d'un popolo tradito e portato a rovina. Ma Dante ammonisce: o. e obo e 5. no el ti sa vi li eire gai n di eidi ao oaMolte fiate già pianser li Agli per la colpa del padre... E non fa menzione del contrario, dell'ascendenza della colpa. Stiamo a Dante e alla Scrittura (Ecclesiaste XX, 5) da cui quel concetto deriva, 0 vogliamo l'inverso e chiederemo al Podestà di Milano d'aggiornare la sua delibera'! Davanti a Roma Adistanza di ventun secoli e mezzo circa, Annibale minaccia ancora alle porte di Roma, gli eserciti della nuova Cartagine — Et semper delenda Carthago — calpestano l'agro. Narra Tito Livio (Libro XXVI, 7, 9, W.Annibale, pur avendo posto il ca>mpo al fiume Aniene, non osò dar battaglia ai Keniani. Egli seppe da un prigioniero essersi venduto il terreno dovo egli era attendato senza ohe il prezzo fosse diminuito. Parve ad Annibale che tale gesto fosse superbo e insultante. Noi invece riteniamo che fu atto di fede nella vittoria finale; atto che contribuì certo a fair rinunciare Annibale alla, conquista, di Roma. Annibale era, alle porte, e il terreno sul quale bivaccava, messo all'asta per volere del Senato, fu venduto « senza che il prezzo fosse diminuito ». E anche allora Roma era in crisi, dopo Canne, è tutto dire. Ma'da quella crisi trasse Roma il necessario impeto di riscossa, davanti alle sue porte tramontò la fortuna del cartaginese che di lì a poco Scipione seppelliva. Così sia. Letture utili Lasciar passare gli eventi sopra di noi come se non ci toccassero, ostinarsi a chiudere sii occhi e gli orecchi per non accorgersi del loro incalzare vantandoli anzi di questa indifferenza come di saggezza, può addirsi a uno scoglio su cui i cavalloni battono ed esso sta lì immobile, o a un tronco d'albero che le tempeste scuotono in qua e in là ed esso non se n'avvede: non certo s'addice a una creatura pensante. Neanche il librarsi nelle regioni più alte del pensiero umano esonera l'uomo da quel dovere che eonsiste nel comprendere la propria epoca. L'uomo superiore deve voler partecipare energicamente, seAndo la sua forma di attività, all'immediato presente, e chi realmente in quel modo vive, vive nel presente. Altrimenti vorrebbe dire che egli, lassù, non vive; ma sogna. lJ. 6. FICHTE, 1762-1814).

Persone citate: Principe Umberto, Tito Livio, Vittorio Emanuele Ii

Luoghi citati: Albania, Merano, Milano, Roma