OLTRE LE LINEE su un campo di mine

OLTRE LE LINEE su un campo di mine 2oo(f km. attraverso l'Italia invasa OLTRE LE LINEE su un campo di mine Come fu occupata Foggia' - Soldati con gli orecchini al naso e le trecce - Ultima tappa a Termoli - Finalmente in salvo ! a i o e e a a i a a r e e , u l a i i , i e IV. Da Vinchiaturo fino a Campobasso posso dire di aver passato in rassegna l'VIII armata inglese e di averne ammirato il multicolore aspetto. Le artiglierie erano piazzate alla mia destra, le fanterie erano nascoste nei piccoli boschetti alla sinistra della strada. Le artiglierie sparavano giorno e notte contro le posizioni tedesche a 4 Km. al massimo di distanza; si combatteva allora per il passo di Vinchiaturo, per Boiano e Cantalupo, e da una ventina di giorni 4 o 5 batterie tedesche e poche centinaia di fanti di retroguardia, tenevano in iscacco una intera divisione in gran parte. di canadesi con qualche reparto americano. Tre giorni dopo ! Accadeva spesso che i tedeschi abbandonassero le posizioni senza che gli inglesi se n'accorgessero, e dovevano gli abitanti del luoghi avvisare i comandi inglesi che la smettessero di sparare perchè i tedeschi erano andati via da tre o quattro giorni, e che potevano venir avanti tranquil làmente ad occupare la posi zione, che cosi finiva anche la loro triste situazione. ' Un simile fatto accadde a Foggia: tre giorni dopo la partenza dei tedeschi, veden. do che nessuno veniva, i fog. giani mandarono messi ad avvertire gli inglesi che ormai a Foggia non c'era neppure l'ombra di un tedesco; dopo un paio di giorni per maggiore sicurezza, un'avanguardia inglese avanzò su Foggia; ma qui accadde ima cosa curiosa: i tedeschi, non vedendosi inseguiti, mandarono una pattuglia di esploratori con al cune autobllnde. Si scontraro no cosi le due pattuglie en trambe sorprese di trovarsi di fronte, e dopo qualche scaramuccia ritornarono ciascuna alle ^proprie linee. Gl'inglesi ritardavano però l'occupazio ne di altri due giorni. La stessa cosa accadde per il paese di Montenero, e per altre posizioni spesso d'importanza strategica. D'altra parte potete farvi un'idea di che razza di guerra facessero, pensando al fatto che durante il nostro passaggio lungo tutto lo schieramento dell'VIII armata, nessuno ci disse nulla, e noi passavamo tranquillamente in bicicletta lungo la bella assolata stra da. Abbiamo potuto vedere i loro carri armati, le loro autobllnde, le loro artiglierie senza che un tizio qualunque si interessasse di noi. A volte succedeva di federe qualche batteria con i serventi che si trastullavano. Poi, quan do arrivava l'ordine di sparare, una scossa alla corda e il colpo partiva. Pensavano for se di poter continuare sempre cosi, a fare la guerra facile e allegra. Li ho trovati più serii lungo il Trigno. Cominciavano ad accorgersi che la guerra non era più uno scherzo. Ma il bello per loro deve ancora venire, e verrà quando 1 tedeschi diranno: «Adesso non si passa più. ». Indiani a Larino Oltre al canadesi vidi reparti scozzesi, neozelandesi e australiani con il gran cap> pellacclo a larghe tese, sudicio miscuglio di bianchi, negri, negroidi e mulatti; finalmente a Campobasso, lontano dalle linee, reparti di inglesi quasi tutti aventi funzione di polizia. Da Campobasso a Termoli fu tutta una coreografia di costumi, di divise e di colori epidermici diversi, ed ho rinunciato a decifrare oltre; ho potuto distinguere solamente dal comuni senegalesi un'altra razza di negri, per il fatto che portavano orecchini lunghi alle orecchie e qualcheduno al naso, somaticamente negri dell'Africa centrale « sudanesi; poi algerini, marocchini tunisini e sudafricani olivastri. I primi reparti Indiani li ho visti a Larino; seduto su un tronco di colonna ira le rovine dell'antica Larinum, lungo la grande e ombreggiata strada che porta a Termoli. « Larinum urbe princeps Erentanorum » stava scritto su di una grande lastra di granito dietro alle mie spalle. In quale mai pagina di Livio, o in quale giorno della lontana adolescenza avevo letto di Larino- capitale degli Erentani! Se Iddio volle giunsi a Termoli: la prima e più pesante parte del mio viaggio era fatta; 1300 Km. stavano dietro di me e 35 giorni di viaggio. Davanti pero stava la parte di gran lunga più brutta del viaggio: dovevamo passare le linee, ed era questa una cosa che mi dava un certo fredtìo gelo di emozione. Le voci che correvano su quelli che avevano voluto passare non erano certo delle più invitanti. In una bettola di ennesimo ordine a Termqll ci fermammo comunque un paio di giorni per riposarci e poterci rifare un poco di quelle forze che cominciavano a mancare, ed intanto attendere la occasione propizia. Fu proprio a Termoli che la Provvidenza ci aprì, mentre già quasi eravamo per disperare, la strada per passare le linee. In unav infima osteria del porto, piena di soldati degollisti, marocchini e algerini, non riuscivo a liberarmi di uno di loro che, vedendo che comprendevo il francese, voleva a tutti i costi raccontarmi la sua triste storia e il mo¬ tmalmstrsqivrmnuprcvlmn tivo per cui e per come gli americani lo avevano costretto a venire a combattere in Italia lasciando moglie e figli in miseria. E mentre cercavo desolatamente di pensare ai fatti miei, sentii un tale che narrava come aveva fatto a passare di qua dalle linee; e con questa indicazione riuscii ad individuare la strada buona verso quel fiume Trigno che resterà sempre impresso nella mia mente come un'ossessionante insuperabile barriera. Su un campo di mine Poi ricordo tutto come in una grande nebbia. So che dopo di aver passata una notte ai piedi del paese di Montenero, nella casa di un indimencabile contadino recanatese, che recitava Leopardi, e che volle farci dormire nel suo letto arrivando al più commovente grado di ospitalità, ci inoltrammo B*r un selvaggio incassato sentiero chiamato tratturo, e che serve al passaggio delle grandi mandrie di pecore che vanno nel sud a svernare; dopo una corsa affannosa ed estenuante senza incontrare nessuno, ci trovammo dinanzi al tanto atteso e temuto Trigno. Passammo impunemente, conje sapemmo pòi dai tedeschi, sopra un campo di mine, e ci buttammo dentro con le scarpe e senza neppure rimboccare i calzoni, chiudendo gli occhi senza pensare a nulla, incespicando e cadendo nell'acqua cento volte. Ci trovammo dall'altra parte; quando aprii bene gli occhi, erano intorno a me, verdi nel verde delle frasche, sotto un cielo grigio e piovoso, alcuni tedeschi che ci osservavano tranquillamente aspettandosi di vederci saltare in aria. Ero arrivato al di qua delle linee! Finirono t:osl le mie più gravi disavventure e. con quella la presente breve relazione. Poche cose ho detto fra quelle vedute o provate: le essenziali. Ho tralasciato volontariamente molte infamie viste o sentite dire; le numerose e sempre più frequenti violazioni, domiciliari e ancillare perchè so che già così com'è semplice ed obbiettiva, sarà da molti messa in dubbio o non creduta affatto. Vorrei che ai più scettici e dubitosi cadesse sul cuore una stilla, una sola stilla del grande infinito pianto che lungo la dura via ho raccolto per me. Valentino Azzolini FINE

Persone citate: Boiano, Cantalupo, Valentino Azzolini