LA PAROLA DEL DUCE AI COMANDANTI MILITARI

LA PAROLA DEL DUCE AI COMANDANTI MILITARI La ricostruzione dell9Esercito della Repubblica per le nuove glorie de LA PAROLA DEL DUCE AI COMANDANTI MILITARI II problema dominante: tornare al combattimento - Roma: vita, storia, cuore della nostra razza - Il comandamento è uno solos preparare uomini, mezzi e volontà per lo sforzo bellico dei mesi che verranno - Le eccezionali capacità di attacco e di difesa degli eserciti germanici Sede del Governo, 31 genn. Venerdì scorso ha avuto luogo, nella sede di campagna del Ministro delle Forze Armate, un rapporto dei Comandanti militari regionali, tenuto dal Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani. In tale rapporto sono stati esaminati dettagliatamente tutti gli aspetti, le difficoltà e i risultati ottenuti fin qui nella riorganizzazione delle Forze Armate italiane. Nel pomeriggio, accompagnati dal Maresciallo Graziani, tutti i generali, insieme con i loro capi di Stato Maggiore, sono stati ricevuti dal Duce al suo Quartier Generale. Il 9 febbraio Ordinato l'attenti, il Mare sciallo Graziani ha riferito brevemente sui lavori svoltisi nella mattinata. Dopo di che il Duce ha rivolto la sua parola'ai convenuti. Eulì ha salutato tutti i presenti con parole di simpatia e ha riconosciuto molti che [ili erano noti, perche incontrati in altre precedenti occasioni. Quindi ha proseguito: «La resa a discrezione, annunciala l'8 settembre sebbene firmata il S, si appalesa sempre più, alla luce degli avvenimenti successivi, non solo come un tradimento verso l'alleato, non solo come un inganno teso al popolo ita Mano, ma come un immane delitto di lesa Patria a un atto di incosciente suicida follia. La conseguenza, facile a prevedere, fu la polverizzazione totale di tutte le Forse armate italiane di terra, di mare e di cielo. Polverizzazio ne di effettivi e di mezzi: in ■una parola, la terra bruciata Verso la fine di settembre, quando ci accingemmo alla ri costruzione — ed il inerito del Maresciallo Graziani di essersi con il suo prestigio di grande soldato associato al mio sforzo dovrà essere sempre ricordati) — non c'era assolutamente nulla; la situazione del morale era forse peggiore dell'assoluta mancanza di materiali Ciò va ricordato a taluni generosi impazientì che ignorano molte cose. Abbiamo ricominciato. Opera faticosa. La rico struzione di un esercito moderno è di una estrema difficoltà, specie in un Paese come l'Italia. Un esercito moderno è oggi un organismo tecnicoscientifico. Le artiglierie non si improvvisano e là nostra artiglio ia aveva la meritata fama di essere, anche con mez zi limitali, tra le migliori del inondo, e la nostra Arma 'eZ Genio aveva realizzato progressi ampiamente riconosciuti ovunque. Unità di fanteria, di paracadutisti, di carristi, divi sioni alpine, di bersaglieri, di Camicie Nere, avevano scritto sui diversi fronti pagine di autentico valore ». Il Duce, dopo aver accen nato alle difficoltà insite in un'opera di siffatta mole, è pussato all'esame dei quadri e ha detto: * L'Esercito della Repubblica Sociale Italiana non può, non deve essere una copia di quello che fu il Regio Esercito; i quadri devono essere all'altezza del loro compito in pace e in guerra. L'obbligo di astenersi da ogni attività politica non significa indifferentismo o agnosticismo. Il giuramento di fedeltà alla Repubblica significa non solo adesione allavjiuova forma politica dello Stato, ma adesione al complesso delle dottrine del Fascismo che danno valore e carattere al contenuto storico della Repubblica. E tutto ciò senza la minima delle riserva mentali. Non ci sono parte socchiuse alle spalle; chi giura brucia i vascelli dietro di sè. Egli con ciò si dichiara pronto a vivere e a combattere per la Repubblica. ' « Roma o morte » « Anche i segni esteriori hanno la loro importanza come indicatori di un orientamento preciso. Il saluto manifestazione della disciplina e della gerarchia, sarà sempre, a capo scoperto o non, il romano. Le stellette saranno sostituite da un gladio romano circondato da un fregio di querce e alloro. Il giuramento sarà prestato il 9 febbraio, novantacinquesimo anniversario della proclamazione della Repubblica romana del- 1849. Così l'Esercito della Repubblica si ricollega ad una delle pagine più gloriose del Risorgimento, pagine nelle quali splendono I nomi immortali dei Manara, dei Dandolo, dei Morosini, dei Mameli e di cento altri caduti nella difesa di Rema ». Dopo avere accennato agli eventi militari in corso, il Duce ha così continuato: « Un problema domina, assorbe tutti gli altri, anzi è pregiudiziale alla soluzione di tutti gli altri. Questo problema si esprime con l'imperativo categorico di tornare al combattimento, passare dallo stato di guerra martirio che l'Italia oggi soffre attraverso la distruzione delle sue città grandi e minori, allo stato di guerra guerreggiata in cui l'offesa risponde all'offesa. « Lo sbarco degli angloamericani a Nettuno ha avuto un risultato di natura morale importantissima. E' stato un polpo di campana per i mi¬ gliori italiani. Roma è una parola che ha un magico suono. Se i nostri maggiori gridarono « Roma o morte » ciò significa che nel binomio Roma rappresenta la vita, cioè la storia, cioè il cuore della nostra razza. « Ora. è per noi, der voi, una umiliazione che ci brucia, vorrei dire quasi fisicamente, le carni, dover assistere da spettatori alla difesa di Roma, affidata per ora soltanto al valore indiscusso dei soldati del Reich. Ogni popolo, che ha dietro di sè una lunga vicenda di secoli, ha mangiato almeno una volta la cenere amara della disfatta. Ma poi ha tentato la rivincita ed ha voluto la seconda prova. « Un popolo incapace di questa volontà si esilia dalla storia e si confessa immeritevole di portare le armi, onta suprema per un popolo degno di questo nome. Vorremmo noi infliggere questo Immeritato, tremendo castigo alle centinaia di migliaia di morti che in trenta anni di guerre quasi continue caddero nel nome d'Italia? .. Sono sicuro della risposta che freme nei vostri cuori. « II comandamento è allora uno solo: preparare uomini, mezzi e soprattutto volontà per lo sforzo bellico dei mesi che verranno, tornare a com¬ battere a fianco dell'alleato germanico che mirabilmente regge da solo oggi il peso di tutta la guerra sui fronti europei. Per il futuro d'Italia Solo un esercito come quello tedesco giunto al quinto inverno di guerra, di questa guerra, può combattere, manovrare, contrattaccare su fronti immensi come quello della Russia contro forze numericamente preponderanti rendendo problematici e costosissimi i vantaggi puramente territoriali dell'esercito di Stalin. Questa veramente eccezionale capacità di attacco e di difesa degli eserciti tedeschi è il risultato non solo della intelligenza tattica e strategi ca dei capi universalmente riconosciuta e non meno universalmente documentata, non solo della bontà delle armi; è anche', soprattutto, il risultato dei fattori morali decisivi che si esprimono in una forte coscienza nazionale e in un sentimento onnipresente della dignità personale. « Quanto al popolo tedesco del cosiddetto fronte interno, esso ha dimostrato di quale tempra sia il metallo della sua anima, metallo che i bombardamenti, anche se In¬ cessanti e massicci, non hanno fin qui piegato nè piegheranno. « Nell'attesa che speriamo brevissima di rivedere soldati italiani e germanici ancora una volta insieme sui campi di battaglia, dobbiamo dare ai soldati germanici l'attestazione quotidiana, aperta, schietta e cordiale del nostro cameratismo. Ottima preparazione questa per il cameratismo di domani fra I reparti nuovamente impegnati per una causa ed un destino comuni. « Vi ringrazio — ha concluso Mussolini — per quello che avete fatto fin qui e per quello che farete per ridare alla nostra Italia il suo prestigio, la sua forza, il suo futuro di nazione senza della quale nè oggi nè domani si può concepire l'Europa. Penso che le mie parole, dirette alla vostra ragione, abbiano anche toccato il vostro cuore di vecchi e valorosi soldati ».. I generali ed ufficiali rigidi sull'« attenti! » hanno ascoltato il discorso del Duce con religiosa attenzione. Dai loro volti traspariva la volontà di risorgere e di combattere che le ferme parole del Capo suscitava nei loro cuori. Il rapporto si è chiuso con il saluto al Duce, ordinato dal Maresciallo Graziani.