Appunti sull'individuo lo Stato e la libertà

Appunti sull'individuo lo Stato e la libertà la nuova STRUTTURA ECONOMICA Appunti sull'individuo lo Stato e la libertà Nella locuzione « iniziativa personale » usata specialmente in economia, si riassume la accezione di tutti i valori individuali, i pregi, i difetti, le tendenze e i desideri dell'uomo, il suo spirito di intraprendenza e di creazione, i suoi errori, i suoi moventi logici e quelli, come li chiama Vilfredo Pareto, non logici, il suo senso di responsabilità, il suo etero-centrismo e il suo egoismo. Quale risultante di siffatto complesso di elementi psicobiologici, si considera un impulso, uno stimolo, ad operare in una determinata direzione con determinate modalità. « Non condividiamo lo scetticismo conoscitivo di Protagora che affermava essere l'uomo là misura di tutte le cose, giacchè un elemento soggetto a tanti cambiamenti quaT'è appunto il pensiero finalistico o valutativo dell'uomo non può costituire la misura ideale di tutte le cose come non la costituirebbe un « metro » che variasse di lunghezza a seconda della volontà del suo possessore ». (1) Tuttavia consideriamo l'uomo al centro delle indagini sulla società, perchè in definitiva ogni entità da questa espressa o in questa operante, ripete la sua origine dall'uomo e di uomini è formata. Secondo la nostra opinione un errore fondamentale generalmente commesso, per un aspetto dai liberali e per un altro da molti collettivisti, è quello di considerare l'uomo il soggetto « passivo », in balìa delle leggi di natura, anziché il soggetto « attivo » e il fatto re della società. Contrapponendo ad esempio l'individuo allo Stato e lo Stato all'individuo, essi dimenticano quasi sempre che lo Stato è formato di individui. Cosi accade che i liberali nel propugnare lo svolgimento spontaneo dell'azione individuale libera da interventi dello Stato, attribuisce a questo intenzioni, caratteristiche e fatalità che lo Stato non ha come entità astratta, ma come un'entità costituita di uomini con tutto l'insieme dei valori positivi e negativi di questi. D'altro canto i collettivisti, nell'indagine degli strumenti atti a temperare lo" sviluppo degli istinti egoistici e i deleteri effetti dell'individualismo scatenato, oppongono al singolo lo Stato. Lo Stato sarebbe il medicamento miracoloso di ogni male. Orbene lo Stato è si un fattore correttivo degli errori umani, è si, aggiungiamo, la base degli agglomerati sociali, ma non in quanto una entità astratta, avulsa dagli uomini, qualcosa di fuori dagli uomini. Lo Stato non è il Dio, col quale la religione e la scienza spiegano e giustificano i fenomeni di cui non sanno rendersi compiutamente conto. Lo Stato è la risultante storica, in un determinato momento, dei valori e delle tendenze di un insieme di individui. Allo Stato gli individui comunicano i propri impulsi che, riclaborati, ritornano ad essi deter minando certe reazioni. L'esperienza dimostra però fn modo irrefutabile che la risultante degli impulsi indivi duali che costituiscono lo Stato, è qualcosa di « migliore », di « più elaborato », di « più idoneo a risolvere i problemi sociali », e di « più utile fattore » nella regolamentazione della umana convivenza, di quanto non sia l'impulso sin golare o la somma algebrica delle tendenze individuali. Questo non è stato compre so, per quanto riflette l'economia, dai classici scozzesi, sulle cui teorie si è innestato il liberalismo economico. Interpretando con rigidezza lessicologica il nostro pensiero sullo Stato, può forse sembrare lecito diffidare e repugnare questo nell'economia, " data la possibilità di mutamenti di fini dello Stato col mutare dell'insieme di individui che lo formano, e le nefande conseguenze di questa incoerenza nel tempo sullo svolgimento dei fenomeni economici che abbracciano estesi cicli pluriennali. La cosa anzi potrebbe sembrare tanto più giustificata per Smith e i suoi discepoli in quanto in quell'epoca gli Stati davano la sensazione molto fondata di strumenti di oppressione e di negazione dei valori individuali. Ma a parte il fatto che in base alle nostre precedenti considerazioni lo Stato, come centrale di elaborazione di impulsi singolari e di Valorizzazione dell'etero-centrismo umano è sempre, qualsisiano 1 suoi fini (escluso il caso dello Stato che si rlassume-nella pa- »♦♦»»»»♦♦♦»♦♦♦♦»♦»»< rola del monarca assoluto, per diritto divino, avulso da tutti gli altri uomini), il migliore a più. utile fattore della Società e in particolare dell'economia, opiniamo come non sia, per lo Stato in se stesso, come entità capace di nuocere a cagione degli uomini che lo compongono, che i classici scozzesi repugnavano il suo intervento. Smith e i suoi discepoli, sulla traccia del giusnaturalismo di Grozio, basavano la repulsa dello Stato, cioè l'individualismo, sull'armonia automatica tra interessi individuali • interessi pubblico-statali e nell'affermazione che, per l'azione di leggi naturali, gli individui perseguendo il loro tornaconto In un regime di libertà raggiungono l'interesse generale. Bentham anzi gettava con la teoria * utilitarista » un ponte logico tra filosofia individualistica ed economia: ogni indi¬ viduo proponendosi di raggiungere il massimo di utilità proprie fa sì che si raggiunge anche « the greatsst happiness of the greatest number », 11 massimo benessere collettivo. Secondo noi una ragione del fallimento dell'individualismo consiste proprio nell'avere perduto di vista l'uomo, come insieme di valori positivi e negativi, come entità capace di alterare con dati mezzi (associazionismo, ecc.) le cosiddette leggi naturali. Soprattutto si è dimenticato lo strumento capace di elaborare l'eterocentrismo degli uomini e tutti i suoi impulsi attraverso una risultante di impulsi individuali: lo Stato. Non lo Stato del tempo di Smith, «ia uno Stato che bisognava propugnare e organizzare tenendo presente la sua composizione umana e facendolo intervenire, quale fattore imperfetto sì, ma più perfetto del singolo in quanto frutto di elaborazione e selezione umana, nello svolgimento dei fenomeni economicosociali. « Volendo costruire un universo perfettamente coordinato, ove niente avrebbe dovuto ostacolare il gioco automatico delle cose, e ove le leggi naturali avrebbero retto tutte le attività e dove i prezzi si sarebbero adattati in ogni cambiamento del rapporto tra produzione e consumo, si è completamente perduto di vista l'uomo. L'uomo non è affatto disposto a fare l'autòma, ed a lasciarsi trasportare dalle forze naturali. Il suo interesse non è sufficiente a mantenerlo In perpetua concorrenza: al contrario la sua volontà di potenza lo porta a voler prevedere, predisporre, dirigere gli avvenimenti. Cose incompatibili con le leggi dell'economia liberale. « Per quanto riguarda la So. cietà, essa non ha senso che in funzione dello Stato, come l'esistenza dello Stato è in funzione del suo diritto di intervenire nella Società. L'itiea liberale di uno Stato che si astiene di intervenire nell'esistenza dei gruppi, presuppone che questi gruppi agiscano in un regime assolutamente ed immutabilmente individuale. « L'individualismo «puro» ha cessato di vivere dal giorno in cui la prima società anonima si è fondata o le prime imprese si sono concentrate. Tutti i metodi collettivi di produzione conferiscono un carattere sociale alla proprietà, e necessitano di un controllo. Anche in questo caso il liberalismo urtò contro il muro della realtà economica. «A questo punto del distacco, sulla scena del mondo, riappare un fattore non nuovo, ma nuovamente concepito nella sua funzione come supremo regolatore della libertà economica intesa in un senso ben diverso da quello liberale: lo Stato». (2). A tal proposito non risulta indifferente rilevare che la serie del provvedimenti del Governo Fascista Repubblicano sul terreno economico-sociale, realizzano la conciliazione mussoliniana degli estremi cioè la sintesi dell'individuo e dello Stato. In particolare concretano, attraverso la partecipazione delle masse lavoratrici alla gestione e agli utili dell'impresa, nonché alla compenetrazione dell'individuo e dello Stato nell'impresa stessa, la vera autentica libertà: quella economica. Contro l'opinione del venerando Croce, troppo spesso e con troppa ignoranza delle sue teorie citato in nome della democrazia, si è ormai universalmente convinti che la « libertà » non si può basare sulla libertà giuridica ma bensì sulla libertà economica. Non si può sostenere una posizione giuridica senza una equivalenza di posizione economica. L'intervento dello Stato nella sua eccezione di complesso individuale con fini sociali (ed una attenta indagine della premessa del consiglio dei ministri sulla nuova struttura dell'economia italiana dimostra), consente veramente di concepire la conservazione all'individuo del suo patrimonio essenziale: la libertà, quella vera in una società modernamente organizzata, Giuseppe Solaro (1) Ettore Lolini. - Morale sociale e giustizia nelle civiltà della nuova Europa. - La vita italiana. Maggio 1942 . Roma. (2) (iianni Battista - Zanichelli . Bologna - 4 - 1940.

Persone citate: Bentham, Ettore Lolini, Giuseppe Solaro, Grozio, Vilfredo Pareto, Zanichelli

Luoghi citati: Bologna, Europa, Roma