Il gesto di Pilato di Concetto Pettinato

Il gesto di Pilato Il gesto di Pilato Dobbiamo parlar chiaro? Dobbiamo affrontare senza perifrasi questo problema della guerra, se è lecito parlar di problema a proposito di una necessità che ai nostri occhi non ha mai fatto il menomo dubbio? Parecchie delle moltissime lettere che' ogni mattina si danno ritrovo sul nostro tavolo ci deferiscono, imperiose, al tribunale della Storia.| , muovendoci uno stesso rimprovero: « Con l'esortare gli Italiani.a riprendere le armi, voi fate il gioco dei Tedeschi! La guerra che predicate serve solo ai Tede schi! Sorvoleremo sulle variopinte ingiurie che non di rado si accompagnano alle manifestazioni di questa trascendente saggezza politica, perchè improntate tutte a troppa bassezza d'animo o a troppa imbecillità ■ per toccarci. Ne replicheràmo agli improvvisati assertori del « vero interesse nazionale » che la sincerità dei loro scrupoli non ci, ispira se non una fiducia rela tiva. Faremo ^nzi loro sen z'altro l'onore di credere sul serio che, se non si trattas se di « fare l,a guerra pel Tedeschi », se il loro amor del natio loco non fosse ri dotto al silenzio da un così barbaro caso di coscienza, questi paladini della redi politik impugnerebbero to sto il moschetto e, rinunziando a far più oltre violenza ai propri spiriti bellicosi, accorrerebbero in massa a versare il loro sangue sulle montagne del Molise e dell'Abruzzo per sbarrare al nemico la strada di Roma. E spingeremo l'abnegazione fino a rispondere a quegli altri i quali si meravigliano di vederci ancora una penna fra le dita nell'atto stesso in cui alziamo la voce per esortare i giovani a combattere, — «'Armiamoci e partite ? ;•> — che se non avessimo il triste privilegio di aver lasciato la nostra giovinezza a considerevole distanza dietro di noi, confusa con gli ultimi bagliori della guerra del Quindici, preferiremmo le mille volte una bella morte con l'arme in pugno a quel la specie di morte a fuoco lento che per un uomo d'o nore, con una coscienza na zionale affinata dai molti anni vissuti in mezzo all'inimicizia straniera, è Pumi liazione, l'onta quotidiana di dover 'dare lezione di patriottismo a una giovane generazione che non vuol saperne e la cui grande trovata, in cospetto dell'orrenda tragedia della patria, sta nel rifare il gesto di Pilato e nel rendersi irreperibile, come tuttora provano, ad onta di molti confortanti prodromi di reazione — al Distretto di Torino, per esempio, l'afflusso delle reclute raggiunge già il 78 per cento dei richiami — i casi come quello di Firenze, dove il Tribunale mi: litare territoriale ha dovuto condannare una quindicina di renitenti della classe 1925 a due anni di reclusione, quello di due Comuni del Bresciano, dove il Prefetto della Provincia ha dovuto procedere, a titolo di punizione, alla chiusura dei locali pubblici, • al sequestro .degli apparecchi radiò, al .raddoppiamento delle tasse comunali per l'anno in corso e al ritiro delle licenze di esercizio a danno dei genitori dei renitenti, o, peggio, quello di Perugia, dove è stato necessario addirittura passare per le armi uno dei sobillatori di questa vergognosa diserzione giovanile. Aggiungeremo, per non lasciar nulla nell'ombra, che chi ha ritenuto coglierci in flagrante peccato di contraddizione ricordandoci che nel . 1940 su queste colonne me' desime e poi in un nostro libro facemmo un carico ai Francesi, e specie ai Parigini; della sorprendente remissività con cui i nipoti della generazione di Boule de Sitif accettavano l'occupazione tedesca, dimentica semplicemente una cosa: che la Germania era da quasi un secolo l'avversaria mortale della Francia, mentre a noi nel 1866 aveva dato il Veneto, nel 1870 aveva permessa di prendere Roma e nel 19n aveva evitato una guerra per'l'affare del Manouba e del Carthage; che in Francia, nel 1940, i Tedeschi erano entrati da nemici, in seguito a una dichiarazione di guerra francese e a una vittoria militare germanica, e che in quel caso l'atteggiamento della popolazione aveva effettivamente di che sorpren: dere, mentre per l'Italia i Tedeschi sono degli Alleati, coi quali per ben tre anni abbiamo fraternamente confuso il nostro sangue combattendo contro gli stessi nemici e che un brutto giorno abbiamo traditi e lasciati soli a sbarrale all'invasore la strada della nostra propria capitale,^ contraendo così verso di loro uh debito materiale e morale che pagheremo soltanto il giorno che ci saremo rimessi in linea al loro fìanco.per la comune, difesa della causa comune.' E a chi ci rimprovera di predicare la fedeltà all'alleato perchè questo alleato potrebbe domani perdere la guerra e l'averne diviso le sorti costituirebbe in tal caso per noi una cattiva speculazione, risponderemo che nella vita privata, e sopra tutto * in commercio, quando due stipulano fra loro un contratto e mettono insieme i propri capitali per condurre un'impresa, capita, effettivamente, talora che l'uno dei due, malcontento dello Stato degli affari, pianti in asso il socio e se la batta con la cassa, ma nei paesi decenti l'opinione pubblica ha per quell'uomo prudente un titolo bell'e pronto: lo chiama farabutto. Nella vita privata i farabutti spesso fanno fortuna, quando' non finiscono in galera; nella società degli Stati f farabutti non finiscono in galera, ma fanno fortuna di rado, e quando la fanno la loro fortuna dura poco, perchè chi è in auge non perdona lorg di averla fatta, e chi è rimasto nei guai non vede l'ora di vendicarsene. Detto questo, torniamo al nodo della questione. E diciamo, cioè, ai pretesi « veri patrioti.» da cui ci si accusa di « vendere l'Italia ai Tedeschi », che un popolo capace di ragionare, un popolo il quale abbia ancora una testa sulle spalle dovrebbe capire da sè che il solo modo di garantire da ogni pericolo l'indipendenza di un paese sta precisamente nell'armario, e non nel disarmarlo. Che il colonnello Stevens e gli altri oratori di Radio-Londra possano trovar preferibile saperci inermi o ridotti alla impotenza dalla discordia intestina non vogliamo metterlo in dubbio : è il loro me stiere, e la guerra con l'Italia gli Inglesi l'hanno fatta così, più ancora che con le armi, avvelenandoci nell'o recchio come fu avvelenato il padre di Amleto, sfruttan do sino alle estreme conseguenze la curiosità morbosa di un popolo maledico, reso più curioso e più' maledico dà una stampa soggetta a restrizioni di pensiero inop portone, malintese e servilmente interpretate. Ma che degli Italiani di buona fede ansiosi del nostro - avvenire nazionale possano veder og gi la salvezza della patria nella renitenza* alla leva o nella fuga con armi e bagaglio verso la macchia ospitale è cosa la quale, francamente, ci supera, o piuttosto ci supererebbe se accordassimo il menomo credito a quella buona fede e a quella ansietà. Un paese senza esercito è una nave in balìa della tempesta. Un paese senza esercito è, per ..dirla meno poeticamente, uno scendiletto, una stuoia, una pedana a disposizione di chi abbia un paio di suole di scarpe da pulire. Un paese senza esercito è un paese privo sinanco della possibilità di avere degli amici: giacché anche l'amicizia, per restar tale e non mutarsi in umiliante protezione o in benevola sopportazione, o in sopportazione impaziente, o in negligente noncuranza o in mal celato disprezzo, o in aperta ostilità, ha bisogno di alimentarsi al rispetto, e il rispetto non lo ispira se non chi abbia almeno un minimo di forza al proprio attivo, e nel caso d'uno Stato questa forza-non può esser rappresentata se non da un esercito. • Chi • ci disarma, dunque, non solo non ci libera ma ci asservisce. Crede inalberare una bandiera di indipendenza, e l'ammaina. Pensa «cattivarsi la gratitudine dei posteri, e assume ai loro occhi la terribile responsabilità di aver fatto il giuoco dello straniero. S'illude di aver tagliato l'erba sotto i piedi di un partito, e agisce come la più funesta delle fazioni. La conclusione ? Una sola, e sempre quella: armarsi, arruolarsi, schivare, se davvero si tiene alla libertà della patria, le tentazioni dell'egoismo condito di sofismi ovvero, se si è già armati, lasciare l'angolo morto dove l'arma o si arrugginisce o serve la causa dell'anarchia aggiungendo al danno negativo un danno positivo, e rimettersi in linea col nascente esercito della Repubblica per restituire all'Italia un braccio, un'autorità, un onore, un prestigio, una coscienza. Ci siamo spiegati? Concetto Pettinato Il Palazzo Carampi, una delle più artistiche costruzioni secentesche di Rimìni, sede del Municipio, è stato colpito dalle bombe anglo-americane. Ecco una visione della facciata dM palazzo semidistrutta. (Luce)

Persone citate: Parigini, Stevens