Il cancelliere dell'austerity

Il cancelliere dell'austerity TACCUINO DELLA MEMORIA Il cancelliere dell'austerity (Sir Cripps, il ministro del razionamento) L'aula era piccola, soffocante di fumo e di gente, ma umida e fredda. In un modesto edificio scolastico alla periferia di Londra. La capienza assai limitata. Il collegio elettorale malcerto. Almeno, era il settore « nemico » d'un collegio contestato, quand'anche avesse votato laborista alle elezioni del 1945 e si apprestasse, credo, a mandare in Parlamento un altro deputato laborista. Forse per il ristretto margine di suffragi che facevano tutta la differenza tra vittoria e sconfìtta — e la differenza anche d'una sola unità poteva riuscire molto importante nell'incertezza della competizione, nella probabilità, comunque, che il secondo governo Attlee avesse a reggersi precariamente su una maggioranza assai risicata, — partecipava al comizio, quella sera del febbraio 1950, il Cancelliere dello Scacchiere, l'uomo dell'austerity, il più discusso e più odiato (e dai suoi stessi « compagni s> forse meno difeso ed amato), dei ministri laboristi, Sir Stafford Cripps. ★ ★ Il pubblico gli era, prevalentemente, soprattutto inizialmente, ostile. Perché faceva freddo, perché l'aula e il quartiere erano quasi al buio, perché duravano il razionamento, le tessere annonarie, le restrizioni, aggravate anzi, del tempo di guerra, e la guerra era finita da quasi cinque anni ormai, i malumori e i rancori trovavano facile sfogo ed ovvio bersaglio contro la persona dello statista che pareva anche fisicamente, anche materialmente, incarnare l'austerity: e quasi gradire, quasi provocare o sfidare, i risentimenti, le delusioni di quanti, vincitori nel conflitto e soccorritori di tanta parte d'Europa, si trovavano, o credevano di trovarsi, peggio dei vinti. L'Europa occidentale, nuova mèta del turismo britannico, dell'incipiente turismo di massa, dopo che la guerra medesima aveva reso prossimi e familiari i paesaggi e gli abitanti dell'Italia, della Germania, della Francia e dell'Austria, pareva, od era parsa fino alla svalutazione coraggiosamente feroce del settembre '49, la terra promessa, il paese di Bengodi. I negozi illuminati, ricchi d'ogni ben di Dio; gli acquisti senza limiti (per lo stesso favorevole tasso di cambio della sterlina), le calze di seta, i dolciumi, la carne: quale contrasto con la tessera del pane, la striminzita bistecchina, il solitario uovo settima naie... Cripps entrò rapido, senza un applauso (un gramo tenta tivo di pochi simpatizzanti fu tosto soffocato dagli impazienti zittii degli ascoltatori, non tanto ostili, quanto desiderosi di chiamar il ministro al redde rationem, d'aver finalmente un'occasione non solo di ve derlo a tu per tu, ma d'inter pellarlo, di protestare con lui, di farlo cantare o cadere in contraddizione o smentirsi) Iniziò il suo dire senza lenocinli, senza complimenti all'uditorio, senza demagogia o propaganda. Andò diritto al cuore dell' argomento, senza leggere, ma tenendo in mano un foglietto, non tanto di appunti quanto di cifre. Precisò, unicamente, quasi scusandosi, che il suo tempo era limitato: doveva poco dopo prendere ad una stazioncina suburbana il treno per Edimburgo, donde avrebbe iniziato l'indomani un giro di comizi in Iscozia. ★ ★ Il silenzio si fece subito impressionante, più nell'interesse che nell'aspettazione. Ma, oltre e prima che al suo dire, il pubblico, manifestamente, guardava all'uomo. Non saprei dire se Cripps fosse uomo bellissimo o bruttissimo. La simiglianza anche fìsica con Gandhi può essere una misura di giudizio. Altrimenti da Gandhi, però, dominava per la sua statura e la sua eleganza. Vestiva con una semplice sprezzatura, ma con estrema signorilità. Unica ricercatezza (che tale non era, in quanto gli era essenzialmente suggerita dalle precarie condizioni di salute): l'uso delle ghette, ghette di fel¬ tro o di solido panno marrone, fra antiquato ed avveniristico. Ma impeccabili il porgere e l'accento, l'impressione di competenza e di sicurezza che si sprigionava da ogni sua parola. E il volto scheletrico, su cui ed in cui più spiccavano gli occhi vivacissimi, rivelatori d'una superiore intelligenza, sembrava testimoniare per lui, per la sincerità del suo dire. Gli ascoltatori, tuttavia, l'aspettavano, finito il breve discorso, al varco, e all'insidia, delle questions. Il discorso aveva creato un'atmosfera improvvisamente favorevole all'oratore, al suo programma, al governo e al partito ch'egli rappresentava, in quanto con pochi tocchi, magistrali per sicurezza ed efficacia, Cripps aveva colorito tutto un panorama di resurrezione o rivoluzione nazionale, dinanzi alla cui obiettiva ed inconfutabile verità dovevano arrendersi e consentire gli stessi avversari. Era o non era vero che i nemici dell'Impero britannico (fra cui Cripps aveva sempre militato) procedevano ad un rapido, costruttivo ed incruento processo di decolonizzazione, al parallelo potenziamento del Commonwealth, cui aderivano pariteticamente Stati monarchici, ossia ubbidienti ancora alla Corona, e nuovi Stati repubblicani, a cominciare dall'India, per la cui «libertà » nessuno, forse, aveva combattuto con l'impegno civile di Cripps? Era o non era vero il costante decrescere della mortalità, della morbilità infantile per le nuove misure profilattiche e protettive che il governo di guerra aveva instaurate di necessità e il governo laborista mantenute, invece, ampliate ed assicurate per elezione, per un dovere di civile umanità, per integrar la democrazia politica nella democrazia sociale, superando così gli schemi del liberalismo borghese e del populismo comunista? Era o non era vero il senso di maggior equità, epperò di maggiore socialità, che caratterizzava ora l'Inghilterra, un'Inghilterra senza contrasti civili, senza disoccupazione, senza velleità rivoluzionarie o simpatie bolsceviche; altrimenti, dunque, dall' Inghilterra post-prima guerra mondiale, il cui spettro, in effetti, gravò come un incubo su tutte le classi, i partiti e i politici del Regno Unito fra il 1920 e il 1945? Il discorso, tipica esposizione dello stato socio-economico del Paese dopo un quinquennio di governo laborista, tipica perché affatto conforme all'oratoria e ai modi dell'oratoria d'un Cancelliere dello Scacchiere, massime on budget day, calò, tuttavia, più e più verso il terra terra e il tran tran quotidiano, quanto più Cripps si avviava alla fine e si preparava alle questions. Le quali, difatti, ben lungi dal suggerire problemi politici o idoleggiamenti ideologici, s'inquadravano tutte nel vivere, nell'esperienza, nell'economia domestica delle massaie, dei padri di famiglia. Spese, tasse, consumi: perché il gramo e solo uovo settimanale, perché il razionamento (abolito, o di fatto inesistente, nei Paesi ex-occupati), perché la crisi dell'energia elettrica e il gran freddo invernale, perché l'altissimo livello ed onere della tassazione? A Raffaele Calzini, che, per le sue amicizie altolocate, per la sua educazione di artistico e dovizioso borghese lombardo, assuefatto ai salotti aristocratici, al Savini e alla Scala, amava, anche da scrittore e da giornalista, il panache, l'alta retorica, la bella eloquenza letteraria, questo continuo understatement crippsiano parve piccolo e meschino, indegno d'un grande Paese. Non ci si raccapezzava in quest'oratoria «pratica», in questo scambio di impressioni e di opinioni semplici, terrene, in cui si poteva dissentire, ma in cui ci si ritrovava, amici e avversari, eletti ed elettori, per la communi* humanitas, per il comune proposito di costruire, di migliorare, di render più sana, spaziosa e abitabile la casa di tutti. Con una serie di sforzi e di sacrifici diversi ed uguali, majn un'atmosfera che era, e doveva comunque rimanere, di libera fraternità. Questo, appunto, questo soltanto era, sul piano civile, oltre, cioè, il piano meramente economico o politico-tecnico, l'austerity di Cripps: il programma ch'egli raccomandava; e Io raccomandava con efficacia e con verità, non soltanto per le alte doti intellettuali che gli permettevano di attuarlo, quanto, e soprattutto, perché in quel programma egli credeva. Sapevano tutti che l'austerity, per Cripps, era, primamente, essenzialmente, un fatto di fede: un atto di offerta del cittadino ai concittadini, dell'uomo agli uomini, quasi il prezzo con cui si acquistava, si serbava, si garantiva la libertà, resistendo a qual si voglia tentazione reazionaria e a qual si voglia suggestione totalitaria. Sapevano tutti che Cripps all'idea dell'austerity era giunto attraverso prove durissime, sperimentazioni pericolose, anche errori. Sull'inizio degli Anni Trenta, si era trovato paurosamente vicino ad un suo giovane collega di governo nel gabinetto MacDonald, che, nell'avventurosa ricerca d'una inesistente « scorciatoia » (il termine, non elogiativo, è di Einaudi), per risolvere i problemi economico-sociali del suo Paese, aveva finito con l'essere, debitamente finanziato da Roma, il leader antisemitico dei fascisti britannici. Sul termine dello stesso decennio, si era trovato fuori od ai margini del suo partito, per simpatie frontiste, per un programma di collaborazione, e quasi di identità, la vigilia del patto HitlerStalin, col comunismo internazionale. ★ ★ Stalin medesimo, tuttavia, sapeva che il non troppo lungo periodo di ambasciatore nella Russia in guerra l'aveva fatto ricredere: quanto più Cripps aveva avvertito lo jato (se non ancora il « dissenso ») fra l'eroismo del popolo, impegnato nella più risoluta delle difese, e la ferocia imperialistica e totalitaria del solitario dittatore del Cremlino. Non era questa la via, non era nemmeno una « scorciatoia ». Occorreva perciò battere un diverso sentiero: la democrazia laborista, l'austerity. E non come fine a se stessa, come programma di economia e di governo. Ma per un fine e come un atto di religione. Quanto più Cripps sapeva contati i suoi giorni. E della propria esistenza voleva lasciare una religiosa testimonianza. Nell'accomiatarsi, poco dopo la vittoria del febbraio 1950, dall'ambasciatore Gallarati Scotti, per rinunziare, malatissimo, agli oneri della politica e del governo e prepararsi alla morte in un sanatorio di Zurigo, Cripps gli scrisse « che non era probabile che ci saremmo ritrovati più, ma che in caso sarebbe stato su un " diverso piano " ». Alla sorpresa dolorosa dell'amico italiano diede risposta, scomparso ormai Cripps, l'ex-Presidente della Camera dei Pari, Lord Jowitt: « Sperava (fosse guarito) andar oltre su le vie di Dio, nell'amor del prossimo ». h'austerity, dunque, come lo strumento, l'arma e il connotato dello statista cristiano. Piero Treves Il cancelliere dell'austerity TACCUINO DELLA MEMORIA Il cancelliere dell'austerity (Sir Cripps, il ministro del razionamento) L'aula era piccola, soffocante di fumo e di gente, ma umida e fredda. In un modesto edificio scolastico alla periferia di Londra. La capienza assai limitata. Il collegio elettorale malcerto. Almeno, era il settore « nemico » d'un collegio contestato, quand'anche avesse votato laborista alle elezioni del 1945 e si apprestasse, credo, a mandare in Parlamento un altro deputato laborista. Forse per il ristretto margine di suffragi che facevano tutta la differenza tra vittoria e sconfìtta — e la differenza anche d'una sola unità poteva riuscire molto importante nell'incertezza della competizione, nella probabilità, comunque, che il secondo governo Attlee avesse a reggersi precariamente su una maggioranza assai risicata, — partecipava al comizio, quella sera del febbraio 1950, il Cancelliere dello Scacchiere, l'uomo dell'austerity, il più discusso e più odiato (e dai suoi stessi « compagni s> forse meno difeso ed amato), dei ministri laboristi, Sir Stafford Cripps. ★ ★ Il pubblico gli era, prevalentemente, soprattutto inizialmente, ostile. Perché faceva freddo, perché l'aula e il quartiere erano quasi al buio, perché duravano il razionamento, le tessere annonarie, le restrizioni, aggravate anzi, del tempo di guerra, e la guerra era finita da quasi cinque anni ormai, i malumori e i rancori trovavano facile sfogo ed ovvio bersaglio contro la persona dello statista che pareva anche fisicamente, anche materialmente, incarnare l'austerity: e quasi gradire, quasi provocare o sfidare, i risentimenti, le delusioni di quanti, vincitori nel conflitto e soccorritori di tanta parte d'Europa, si trovavano, o credevano di trovarsi, peggio dei vinti. L'Europa occidentale, nuova mèta del turismo britannico, dell'incipiente turismo di massa, dopo che la guerra medesima aveva reso prossimi e familiari i paesaggi e gli abitanti dell'Italia, della Germania, della Francia e dell'Austria, pareva, od era parsa fino alla svalutazione coraggiosamente feroce del settembre '49, la terra promessa, il paese di Bengodi. I negozi illuminati, ricchi d'ogni ben di Dio; gli acquisti senza limiti (per lo stesso favorevole tasso di cambio della sterlina), le calze di seta, i dolciumi, la carne: quale contrasto con la tessera del pane, la striminzita bistecchina, il solitario uovo settima naie... Cripps entrò rapido, senza un applauso (un gramo tenta tivo di pochi simpatizzanti fu tosto soffocato dagli impazienti zittii degli ascoltatori, non tanto ostili, quanto desiderosi di chiamar il ministro al redde rationem, d'aver finalmente un'occasione non solo di ve derlo a tu per tu, ma d'inter pellarlo, di protestare con lui, di farlo cantare o cadere in contraddizione o smentirsi) Iniziò il suo dire senza lenocinli, senza complimenti all'uditorio, senza demagogia o propaganda. Andò diritto al cuore dell' argomento, senza leggere, ma tenendo in mano un foglietto, non tanto di appunti quanto di cifre. Precisò, unicamente, quasi scusandosi, che il suo tempo era limitato: doveva poco dopo prendere ad una stazioncina suburbana il treno per Edimburgo, donde avrebbe iniziato l'indomani un giro di comizi in Iscozia. ★ ★ Il silenzio si fece subito impressionante, più nell'interesse che nell'aspettazione. Ma, oltre e prima che al suo dire, il pubblico, manifestamente, guardava all'uomo. Non saprei dire se Cripps fosse uomo bellissimo o bruttissimo. La simiglianza anche fìsica con Gandhi può essere una misura di giudizio. Altrimenti da Gandhi, però, dominava per la sua statura e la sua eleganza. Vestiva con una semplice sprezzatura, ma con estrema signorilità. Unica ricercatezza (che tale non era, in quanto gli era essenzialmente suggerita dalle precarie condizioni di salute): l'uso delle ghette, ghette di fel¬ tro o di solido panno marrone, fra antiquato ed avveniristico. Ma impeccabili il porgere e l'accento, l'impressione di competenza e di sicurezza che si sprigionava da ogni sua parola. E il volto scheletrico, su cui ed in cui più spiccavano gli occhi vivacissimi, rivelatori d'una superiore intelligenza, sembrava testimoniare per lui, per la sincerità del suo dire. Gli ascoltatori, tuttavia, l'aspettavano, finito il breve discorso, al varco, e all'insidia, delle questions. Il discorso aveva creato un'atmosfera improvvisamente favorevole all'oratore, al suo programma, al governo e al partito ch'egli rappresentava, in quanto con pochi tocchi, magistrali per sicurezza ed efficacia, Cripps aveva colorito tutto un panorama di resurrezione o rivoluzione nazionale, dinanzi alla cui obiettiva ed inconfutabile verità dovevano arrendersi e consentire gli stessi avversari. Era o non era vero che i nemici dell'Impero britannico (fra cui Cripps aveva sempre militato) procedevano ad un rapido, costruttivo ed incruento processo di decolonizzazione, al parallelo potenziamento del Commonwealth, cui aderivano pariteticamente Stati monarchici, ossia ubbidienti ancora alla Corona, e nuovi Stati repubblicani, a cominciare dall'India, per la cui «libertà » nessuno, forse, aveva combattuto con l'impegno civile di Cripps? Era o non era vero il costante decrescere della mortalità, della morbilità infantile per le nuove misure profilattiche e protettive che il governo di guerra aveva instaurate di necessità e il governo laborista mantenute, invece, ampliate ed assicurate per elezione, per un dovere di civile umanità, per integrar la democrazia politica nella democrazia sociale, superando così gli schemi del liberalismo borghese e del populismo comunista? Era o non era vero il senso di maggior equità, epperò di maggiore socialità, che caratterizzava ora l'Inghilterra, un'Inghilterra senza contrasti civili, senza disoccupazione, senza velleità rivoluzionarie o simpatie bolsceviche; altrimenti, dunque, dall' Inghilterra post-prima guerra mondiale, il cui spettro, in effetti, gravò come un incubo su tutte le classi, i partiti e i politici del Regno Unito fra il 1920 e il 1945? Il discorso, tipica esposizione dello stato socio-economico del Paese dopo un quinquennio di governo laborista, tipica perché affatto conforme all'oratoria e ai modi dell'oratoria d'un Cancelliere dello Scacchiere, massime on budget day, calò, tuttavia, più e più verso il terra terra e il tran tran quotidiano, quanto più Cripps si avviava alla fine e si preparava alle questions. Le quali, difatti, ben lungi dal suggerire problemi politici o idoleggiamenti ideologici, s'inquadravano tutte nel vivere, nell'esperienza, nell'economia domestica delle massaie, dei padri di famiglia. Spese, tasse, consumi: perché il gramo e solo uovo settimanale, perché il razionamento (abolito, o di fatto inesistente, nei Paesi ex-occupati), perché la crisi dell'energia elettrica e il gran freddo invernale, perché l'altissimo livello ed onere della tassazione? A Raffaele Calzini, che, per le sue amicizie altolocate, per la sua educazione di artistico e dovizioso borghese lombardo, assuefatto ai salotti aristocratici, al Savini e alla Scala, amava, anche da scrittore e da giornalista, il panache, l'alta retorica, la bella eloquenza letteraria, questo continuo understatement crippsiano parve piccolo e meschino, indegno d'un grande Paese. Non ci si raccapezzava in quest'oratoria «pratica», in questo scambio di impressioni e di opinioni semplici, terrene, in cui si poteva dissentire, ma in cui ci si ritrovava, amici e avversari, eletti ed elettori, per la communi* humanitas, per il comune proposito di costruire, di migliorare, di render più sana, spaziosa e abitabile la casa di tutti. Con una serie di sforzi e di sacrifici diversi ed uguali, majn un'atmosfera che era, e doveva comunque rimanere, di libera fraternità. Questo, appunto, questo soltanto era, sul piano civile, oltre, cioè, il piano meramente economico o politico-tecnico, l'austerity di Cripps: il programma ch'egli raccomandava; e Io raccomandava con efficacia e con verità, non soltanto per le alte doti intellettuali che gli permettevano di attuarlo, quanto, e soprattutto, perché in quel programma egli credeva. Sapevano tutti che l'austerity, per Cripps, era, primamente, essenzialmente, un fatto di fede: un atto di offerta del cittadino ai concittadini, dell'uomo agli uomini, quasi il prezzo con cui si acquistava, si serbava, si garantiva la libertà, resistendo a qual si voglia tentazione reazionaria e a qual si voglia suggestione totalitaria. Sapevano tutti che Cripps all'idea dell'austerity era giunto attraverso prove durissime, sperimentazioni pericolose, anche errori. Sull'inizio degli Anni Trenta, si era trovato paurosamente vicino ad un suo giovane collega di governo nel gabinetto MacDonald, che, nell'avventurosa ricerca d'una inesistente « scorciatoia » (il termine, non elogiativo, è di Einaudi), per risolvere i problemi economico-sociali del suo Paese, aveva finito con l'essere, debitamente finanziato da Roma, il leader antisemitico dei fascisti britannici. Sul termine dello stesso decennio, si era trovato fuori od ai margini del suo partito, per simpatie frontiste, per un programma di collaborazione, e quasi di identità, la vigilia del patto HitlerStalin, col comunismo internazionale. ★ ★ Stalin medesimo, tuttavia, sapeva che il non troppo lungo periodo di ambasciatore nella Russia in guerra l'aveva fatto ricredere: quanto più Cripps aveva avvertito lo jato (se non ancora il « dissenso ») fra l'eroismo del popolo, impegnato nella più risoluta delle difese, e la ferocia imperialistica e totalitaria del solitario dittatore del Cremlino. Non era questa la via, non era nemmeno una « scorciatoia ». Occorreva perciò battere un diverso sentiero: la democrazia laborista, l'austerity. E non come fine a se stessa, come programma di economia e di governo. Ma per un fine e come un atto di religione. Quanto più Cripps sapeva contati i suoi giorni. E della propria esistenza voleva lasciare una religiosa testimonianza. Nell'accomiatarsi, poco dopo la vittoria del febbraio 1950, dall'ambasciatore Gallarati Scotti, per rinunziare, malatissimo, agli oneri della politica e del governo e prepararsi alla morte in un sanatorio di Zurigo, Cripps gli scrisse « che non era probabile che ci saremmo ritrovati più, ma che in caso sarebbe stato su un " diverso piano " ». Alla sorpresa dolorosa dell'amico italiano diede risposta, scomparso ormai Cripps, l'ex-Presidente della Camera dei Pari, Lord Jowitt: « Sperava (fosse guarito) andar oltre su le vie di Dio, nell'amor del prossimo ». h'austerity, dunque, come lo strumento, l'arma e il connotato dello statista cristiano. Piero Treves