L'ospedale di Cuneo oggi non potrà pagare gli stipendi (200 milioni) agli 850 dipendenti

L'ospedale di Cuneo oggi non potrà pagare gli stipendi (200 milioni) agli 850 dipendenti Urgenti trattative con la Cassa di Risparmio per un anticipo L'ospedale di Cuneo oggi non potrà pagare gli stipendi (200 milioni) agli 850 dipendenti Ha oltre 6 miliardi di crediti dagli enti mutualistici - Dal 1° gennaio sarà diffìcile anche convincere i fornitori a continuare a far credito all'ospedale - Nessuna ulteriore sf sa per aumentare le specializzazioni o migliorare le attrezzature (Dal nostro corrispondente) Cuneo, 23 dicembre. L'ospedale civile di Cuneo è sull'orlo della bancarotta: domani, lunedì, la cassa non ha i 200 milioni necessari per pagare i salari e gli stipendi agli 850 dipendenti del «Santa Croce»; se ne parlerà ai primi di gennaio, nella migliore delle ipotesi, sempre che vadano a buon fine le trattative con la Cassa di Risparmio per un ennesimo anticipo di cassa; sia pure con fatica è stata invece pagata la scorsa settimana la tredicesima mensilità. L'avv. Gianni Vercellotti, eletto appena la settimana scorsa a 32 anni presidente dell'ospedale commenta: «La situazione è veramente molto pesante. Non è comunque un fatto di oggi perché si trascinava ormai da anni. E' indispensabile che governo e Regione intervengano con urgenza». Il «Santa Croce» non è in deficit, la sua amministrazione è sana: ha soltanto miliardi di crediti da riscuotere — per l'esattezza 6 miliardi e 105 milioni alla data odierna — dalle mutue, una montagna di soldi in mancanza dei quali si accumulano in proporzione i debiti: oltre allo stipendio di dicembre per i dipendenti vi sono da aggiungere, solo per citare le voci più importanti, i 920 milioni che debbono essere versati agli istituti previdenziali e 530 milioni per i fornitori di generi alimentari i quali da un momento all'altro legittimamente potrebbero interrompere i rifornimenti e costringere alla fame i degenti. Le mutue, tutte indistintamente, o non pagano o pagano rette che sono nettamente al di sotto del costo giornaliero. La coltivatori diretti ha un «sospeso» con il «Santa Croce» di ben 2 miliardi e 700 milioni di lire, l'Inam di 2 mi¬ liardi e 150 milioni: da soli questi due istituti coprono i quattro quinti dei crediti vantati dall'ospedale. La Cassa Mutua Coltivatori Diretti sembra abbia versato 100 milioni nel 1972 e poi più niente; l'Inam continua a versare 6510 lire al giorno, cioè la retta stabilita tanti anni fa e non 17.765 lire fissate per il 1973 che col prossimo primo gennaio saliranno a 20.585 lire: un costo che l'ospedale può dimostrare in qualunque momento, ma che le mutue non accettano avvalendosi di disposizioni ministeriali che avocano a Roma ogni decisione in merito. Il 40 per cento delle degenze è coperto da assistiti dall'Inani, il 30 per cento da iscritti alla Coltivatori; j il resto da altre mutue o da paganti in proprio. Il risultato è però sconfortante: l'ospedale di Cuneo dipende mani e piedi dalla crisi cronica degli enti mutualisti¬ ci, questi non pagano e il «Santa Croce» accumula a sua volta debiti colossali, con una differenza: l'ospedale non può rimandare alle calende greche la corresponsione dei salari e degli stipendi al personale o ignorare le richieste dei fornitori che vogliono essere pagati. L'avvocato Vercellotti, sulle cui spalle è caduto il pesante fardello, ci dice: «Dal primo gennaio penso sarà difficile trovare gente disposta a fornirci pane, carne, pasta, frutta e verdura. Se il "Santa Croce" fosse una azienda privata a quest'ora sarebbe già chiusa per fallimento. Ma un ospedale non può abbassare le saracinesche: la legge lo vieta; e del resto nemmeno noi vogliamo privare la popolazione dell'assistenza di cui ha diritto». Finora l'ospedale è andato avanti in gran parte con le anticipazioni della Cassa di Risparmio; probabilmente i 200 milioni dei salari di dicembre saranno ottenuti nello stesso modo: ma non è una soluzione, il problema va affrontato alla radice: le mutue debbono onorare i loro debiti. «Da qui in avanti — conclude l'avvocato Vercellotti — non spenderemo più una lira per aumentare le specializzazioni, per migliorare le attrezzature. Probabilmente i migliori medici se ne andranno e l'assistenza decadrà di tono. Fra tutti gli ospedali d'Italia quello di Cuneo è il più dissestato per cause che non sono assolutamente attribuibili agli amministratori. La Regione non deve starsene con le mani in mano ma deve agire con tempestività e con i mezzi più idonei; anche lo Stato deve compiere il suo dovere». Chissà se a Torino e a Roma sapranno ascoltare l'accorato e drammatico appello che viene da Cuneo. Gianni De Matteis L'ospedale di Cuneo oggi non potrà pagare gli stipendi (200 milioni) agli 850 dipendenti Urgenti trattative con la Cassa di Risparmio per un anticipo L'ospedale di Cuneo oggi non potrà pagare gli stipendi (200 milioni) agli 850 dipendenti Ha oltre 6 miliardi di crediti dagli enti mutualistici - Dal 1° gennaio sarà diffìcile anche convincere i fornitori a continuare a far credito all'ospedale - Nessuna ulteriore sf sa per aumentare le specializzazioni o migliorare le attrezzature (Dal nostro corrispondente) Cuneo, 23 dicembre. L'ospedale civile di Cuneo è sull'orlo della bancarotta: domani, lunedì, la cassa non ha i 200 milioni necessari per pagare i salari e gli stipendi agli 850 dipendenti del «Santa Croce»; se ne parlerà ai primi di gennaio, nella migliore delle ipotesi, sempre che vadano a buon fine le trattative con la Cassa di Risparmio per un ennesimo anticipo di cassa; sia pure con fatica è stata invece pagata la scorsa settimana la tredicesima mensilità. L'avv. Gianni Vercellotti, eletto appena la settimana scorsa a 32 anni presidente dell'ospedale commenta: «La situazione è veramente molto pesante. Non è comunque un fatto di oggi perché si trascinava ormai da anni. E' indispensabile che governo e Regione intervengano con urgenza». Il «Santa Croce» non è in deficit, la sua amministrazione è sana: ha soltanto miliardi di crediti da riscuotere — per l'esattezza 6 miliardi e 105 milioni alla data odierna — dalle mutue, una montagna di soldi in mancanza dei quali si accumulano in proporzione i debiti: oltre allo stipendio di dicembre per i dipendenti vi sono da aggiungere, solo per citare le voci più importanti, i 920 milioni che debbono essere versati agli istituti previdenziali e 530 milioni per i fornitori di generi alimentari i quali da un momento all'altro legittimamente potrebbero interrompere i rifornimenti e costringere alla fame i degenti. Le mutue, tutte indistintamente, o non pagano o pagano rette che sono nettamente al di sotto del costo giornaliero. La coltivatori diretti ha un «sospeso» con il «Santa Croce» di ben 2 miliardi e 700 milioni di lire, l'Inam di 2 mi¬ liardi e 150 milioni: da soli questi due istituti coprono i quattro quinti dei crediti vantati dall'ospedale. La Cassa Mutua Coltivatori Diretti sembra abbia versato 100 milioni nel 1972 e poi più niente; l'Inam continua a versare 6510 lire al giorno, cioè la retta stabilita tanti anni fa e non 17.765 lire fissate per il 1973 che col prossimo primo gennaio saliranno a 20.585 lire: un costo che l'ospedale può dimostrare in qualunque momento, ma che le mutue non accettano avvalendosi di disposizioni ministeriali che avocano a Roma ogni decisione in merito. Il 40 per cento delle degenze è coperto da assistiti dall'Inani, il 30 per cento da iscritti alla Coltivatori; j il resto da altre mutue o da paganti in proprio. Il risultato è però sconfortante: l'ospedale di Cuneo dipende mani e piedi dalla crisi cronica degli enti mutualisti¬ ci, questi non pagano e il «Santa Croce» accumula a sua volta debiti colossali, con una differenza: l'ospedale non può rimandare alle calende greche la corresponsione dei salari e degli stipendi al personale o ignorare le richieste dei fornitori che vogliono essere pagati. L'avvocato Vercellotti, sulle cui spalle è caduto il pesante fardello, ci dice: «Dal primo gennaio penso sarà difficile trovare gente disposta a fornirci pane, carne, pasta, frutta e verdura. Se il "Santa Croce" fosse una azienda privata a quest'ora sarebbe già chiusa per fallimento. Ma un ospedale non può abbassare le saracinesche: la legge lo vieta; e del resto nemmeno noi vogliamo privare la popolazione dell'assistenza di cui ha diritto». Finora l'ospedale è andato avanti in gran parte con le anticipazioni della Cassa di Risparmio; probabilmente i 200 milioni dei salari di dicembre saranno ottenuti nello stesso modo: ma non è una soluzione, il problema va affrontato alla radice: le mutue debbono onorare i loro debiti. «Da qui in avanti — conclude l'avvocato Vercellotti — non spenderemo più una lira per aumentare le specializzazioni, per migliorare le attrezzature. Probabilmente i migliori medici se ne andranno e l'assistenza decadrà di tono. Fra tutti gli ospedali d'Italia quello di Cuneo è il più dissestato per cause che non sono assolutamente attribuibili agli amministratori. La Regione non deve starsene con le mani in mano ma deve agire con tempestività e con i mezzi più idonei; anche lo Stato deve compiere il suo dovere». Chissà se a Torino e a Roma sapranno ascoltare l'accorato e drammatico appello che viene da Cuneo. Gianni De Matteis

Persone citate: Gianni De Matteis, Gianni Vercellotti, Inam, Vercellotti

Luoghi citati: Cuneo, Italia, Roma, Torino