Si, l'Italia è in Europa di Renato Proni

Si, l'Italia è in Europa Chiuso il convegno a Bologna Si, l'Italia è in Europa (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 11 novembre. L'Italia è in Europa. Questa è la conclusione alla quale è giunto il dottor Piero Bassetti, presidente della Regione Lombardia, nel riassumere due giorni di dibattiti al convegno nazionale organizzato in un albergo cittadino del «Club 2000» sul tema dell'appartenenza o meno del nostro Paese all'Europa. Politici, accademici, industriali, economisti e giornalisti, infatti, hanno sostanzialmente, e sia pure con riserve, affermato che l'Italia, politicamente, socialmente, economicamente, ideologicamente fa parte dell'Europa che sta emergendo a Bruxelles attorno alle strutture della Comunità economica europea. E la posizione dell'Italia, ha aggiunto Bassetti, è irreversibile. Secondo Bassetti, il nostro Paese può dare un contributo all'Europa nonostante lo «stato di anarchia in cui si trova attualmente», perché è economicamente e sindacalmente avanzato, perché dispone di istituzioni dinami- che in grado di essere opportunamente modificate, perché contribuisce al miglioramento della qualità della vita europea ed anche perché porta con sé un'esperienza culturale marxista. Il professor Giampaolo Casadio, nel riassumere il lavoro del gruppo di studi sull'economia, ha sottolineato il fatto che l'Italia, pur essendo la settima nazione economicamente più forte del mondo, accusa sfasamenti di vario genere. Il dottor Giuseppe Glisenti, presidente della Rinascente, ha affermato che non si deve pensare che l'Italia è al margine dell'Europa, ma che noi ne siamo esclusi se l'Europa corrisponde al modello esposto dal sindacalista Silvano Levrero della Cgil. Con un tocco di pessimismo Glisenti ha sostenuto la tesi che la nostra crisi (scioperi, indisciplina) anticipa quella dell'Europa. Egli ha affermato, in polemica con Levrero che aveva parlato ieri, il capitalismo è il modello attuale dell'Europa ed ha aggiunto di non pensare «che il nostro sistema vada cambiato». Il professor Goriely, dell'Università libera di Bruxelles, nel trarre le conclusioni dei lavori del gruppo culturale, ha sostenuto che «il destino europeo dell'Italia non può essere messo in discussione e che i problemi italiani ed europei possono essere risolti». Egli ha però aggiunto che «se l'Italia vuol essere in Europa, deve pensare ed agire in modo europeo». Piero Bontadini, professore dell'Università di Bologna, facendo un riassunto dei lavori sugli aspetti politici, ha detto che il quadro emerso impone un'opera di rifondazione dello Stato e che la stessa necessità è valida per l'intera Europa. Tra l'Europa e l'Italia sono state mosse accuse di contraddittorietà e di confusione, ma le proposte di riforme, egli ha detto, hanno gli stessi difetti. Il professore norvegese Galtung, infatti, ha sollecitato innovazioni radicali, Levrero ha proposto riforme, e il professor Prodi si è limitato a richiedere una razionalizzazione del sistema. In questo intervento, secondo noi, c'è il succo di tutto il convegno. Attualmente, la Cee funziona in base ad un accordo tra Stati (e quindi non è di tipo comunitario) che permette l'insorgere delle tendenze egemoniche nazionali. L'ingegner Gian Maria Capuani, presidente della Camera di commercio di Novara, ha pure fatto un discorso ben congegnato in cui ha ribadito che l'Europa si distingue come democrazia portante il cui rapporto di potere è favorevole ai capitalisti nonostante il contropotere dei sindacati e che la grande novità degli Anni Settanta è rappresentata dal «compromesso storico», secondo lui già operante nei fatti, in quanto i comunisti hanno accettato il parlamentarismo, il capitalismo come mezzo di produzione, l'economia di mercato, il riformismo e la Cee. Nei lavori di questo congresso, oltre alla risposta affermativa al quesito «l'Italia è in Europa?», emerge la convinzione che per ora esiste «l'Europa dei mercanti», che si deve democraticizzare la Cee per farla progredire in vera entità politica, che lo scontro dialettico tra sindacati e capitale fa parte integrale del nostro momento storico, che i vecchi valori borghesi non vanno tanto conservati quanto arricchiti, che la qualità della vita degli europei va migliorata, che noi dobbiamo esercitare il nostro ruolo nel mondo e contribuire allo sviluppo dei Paesi terzi. E' stato senza dubbio un convegno che ha raggiunto posizioni avanzate e non del tutto accettate nella stessa Bruxelles e in altre capitali d'Europa. Renato Proni Si, l'Italia è in Europa Chiuso il convegno a Bologna Si, l'Italia è in Europa (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 11 novembre. L'Italia è in Europa. Questa è la conclusione alla quale è giunto il dottor Piero Bassetti, presidente della Regione Lombardia, nel riassumere due giorni di dibattiti al convegno nazionale organizzato in un albergo cittadino del «Club 2000» sul tema dell'appartenenza o meno del nostro Paese all'Europa. Politici, accademici, industriali, economisti e giornalisti, infatti, hanno sostanzialmente, e sia pure con riserve, affermato che l'Italia, politicamente, socialmente, economicamente, ideologicamente fa parte dell'Europa che sta emergendo a Bruxelles attorno alle strutture della Comunità economica europea. E la posizione dell'Italia, ha aggiunto Bassetti, è irreversibile. Secondo Bassetti, il nostro Paese può dare un contributo all'Europa nonostante lo «stato di anarchia in cui si trova attualmente», perché è economicamente e sindacalmente avanzato, perché dispone di istituzioni dinami- che in grado di essere opportunamente modificate, perché contribuisce al miglioramento della qualità della vita europea ed anche perché porta con sé un'esperienza culturale marxista. Il professor Giampaolo Casadio, nel riassumere il lavoro del gruppo di studi sull'economia, ha sottolineato il fatto che l'Italia, pur essendo la settima nazione economicamente più forte del mondo, accusa sfasamenti di vario genere. Il dottor Giuseppe Glisenti, presidente della Rinascente, ha affermato che non si deve pensare che l'Italia è al margine dell'Europa, ma che noi ne siamo esclusi se l'Europa corrisponde al modello esposto dal sindacalista Silvano Levrero della Cgil. Con un tocco di pessimismo Glisenti ha sostenuto la tesi che la nostra crisi (scioperi, indisciplina) anticipa quella dell'Europa. Egli ha affermato, in polemica con Levrero che aveva parlato ieri, il capitalismo è il modello attuale dell'Europa ed ha aggiunto di non pensare «che il nostro sistema vada cambiato». Il professor Goriely, dell'Università libera di Bruxelles, nel trarre le conclusioni dei lavori del gruppo culturale, ha sostenuto che «il destino europeo dell'Italia non può essere messo in discussione e che i problemi italiani ed europei possono essere risolti». Egli ha però aggiunto che «se l'Italia vuol essere in Europa, deve pensare ed agire in modo europeo». Piero Bontadini, professore dell'Università di Bologna, facendo un riassunto dei lavori sugli aspetti politici, ha detto che il quadro emerso impone un'opera di rifondazione dello Stato e che la stessa necessità è valida per l'intera Europa. Tra l'Europa e l'Italia sono state mosse accuse di contraddittorietà e di confusione, ma le proposte di riforme, egli ha detto, hanno gli stessi difetti. Il professore norvegese Galtung, infatti, ha sollecitato innovazioni radicali, Levrero ha proposto riforme, e il professor Prodi si è limitato a richiedere una razionalizzazione del sistema. In questo intervento, secondo noi, c'è il succo di tutto il convegno. Attualmente, la Cee funziona in base ad un accordo tra Stati (e quindi non è di tipo comunitario) che permette l'insorgere delle tendenze egemoniche nazionali. L'ingegner Gian Maria Capuani, presidente della Camera di commercio di Novara, ha pure fatto un discorso ben congegnato in cui ha ribadito che l'Europa si distingue come democrazia portante il cui rapporto di potere è favorevole ai capitalisti nonostante il contropotere dei sindacati e che la grande novità degli Anni Settanta è rappresentata dal «compromesso storico», secondo lui già operante nei fatti, in quanto i comunisti hanno accettato il parlamentarismo, il capitalismo come mezzo di produzione, l'economia di mercato, il riformismo e la Cee. Nei lavori di questo congresso, oltre alla risposta affermativa al quesito «l'Italia è in Europa?», emerge la convinzione che per ora esiste «l'Europa dei mercanti», che si deve democraticizzare la Cee per farla progredire in vera entità politica, che lo scontro dialettico tra sindacati e capitale fa parte integrale del nostro momento storico, che i vecchi valori borghesi non vanno tanto conservati quanto arricchiti, che la qualità della vita degli europei va migliorata, che noi dobbiamo esercitare il nostro ruolo nel mondo e contribuire allo sviluppo dei Paesi terzi. E' stato senza dubbio un convegno che ha raggiunto posizioni avanzate e non del tutto accettate nella stessa Bruxelles e in altre capitali d'Europa. Renato Proni