Piccole e medie aziende "Siamo noi a pagare"

Piccole e medie aziende "Siamo noi a pagare" Industriali di cinque regioni ad Alessandria Piccole e medie aziende "Siamo noi a pagare" Hanno non più di 100 dipendenti ma rappresentano il 55% dell'occupazione industriale • "L'attuale politica favorisce le grandi imprese anche se noi paghiamo gli stessi oneri sociali" - Rischio di numerose chiusure se i listini non saranno sbloccati (Dal nostro inviato speciale) Alessandria, 11 novembre. Le piccole e medie imprese temono di essere travolte dalla spirale inflazionistica. Guardano con preoccupazione al futuro: i costi delle materie prime sono raddoppiati, è impossibile non ritoccare i listini dei prodotti. Per molte ditte sembra si profili la minaccia della chiusura o di un ridimensionamento. La nostra economia attraversa un momento delicato e i piccoli imprenditori non vogliono essere esclusi dalla «stanza dei bottoni». L'aspirazione è legittima, se si tiene conto che l'industria minore — costituita da un mosaico di stabilimenti con meno di cento operai — rappresenta il 55 per cento delle forze di lavoro nazionali (su tre milioni di addetti nel settore industriale, due milioni e 300 mila dipendono dalle aziende di «piccolo cabotaggio»). I problemi della categoria dopo i «cento giorni», e le sue prospettive nel quadro di una visione globale della congiuntura economica sono stati presi in esame stamane nel corso di un convegno ad Alessandria. Circa 300 delegati — titolari di piccole e medie industrie del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, della Liguria e dell'Emilia Romagna — hanno preso parte ai lavori nella sala del cinema «Alessandrino», di via Verdi. Al dibattito, presieduto dal presidente della Confapì, dottor Fabio Frugali, è intervenuto il ministro Coppo. Un singolare incidente ha movimentato l'assemblea. Durante la discussione, «strane» interferenze (sigle, numeri cifrati} provenienti dagli altoparlanti hanno costretto in più occasioni gli oratori a interrompersi. Qualcuno ha subito pensato all'eventualità di intercettazioni e il senatore Coppo ha creduto opportuno precisare, con una punta di ironia, che era « in grado di escludere tentativi di spionaggio da parte della Confindustria». Più tardi si è saputo che il disturbo era provocato dalle autoradio della Croce Verde. II dottor Benzi, assessore all'Urbanistica della Regione Piemonte e piccolo industriale, è subito entrato nel vivo della polemica. «Dobbiamo essere allarmati perché, ora che sono terminati questi famosi "cento giorni", per noi potrebbe prospettarsi una Waterloo. I nostri operai normalmente rendono un terzo di quelli delle grosse imprese perché lavorano con macchinari vecchi. I prezzi del ferro, del cemento, dell'acciaio e del legno sono saliti alle stelle. Ci troviamo in posizione sfavorevole rispetto ai grossi industriali, ma lo Stato ci obbliga a pagare gli stessi oneri sociali ». / successivi interventi hanno permesso di mettere a fuoco il ventaglio degli altri problemi che ostacolano l'attività imprenditoriale. Approvvigionamento delle materie prime — «E' sempre più problematico — ha detto il ragionier Bonan (Api di Padova) —. Manca il materiale sul mercato. Quel poco che si riesce a trovare costa carissimo. Le condizioni di pagamento sono sempre più gravose ». Oneri sociali — «Sono aumentati, così come gli scioperi e l'assenteismo — ha spiegato il dottor Castiglioni (Api di Milano) —. L'imprenditore, un tempo esuberante e amante del rischio, è divenuto prudente e frustrato. Un ulteriore aggravio sarebbe fatale: dovrebbe essere scaricato sul prezzo del prodotto e diminuirebbe la competitività con le industrie straniere». Politica sindacale — Secondo l'ingegnere Marengo, dell'Api di Torino, la Confapi viene sistematicamente dimenticata nei contatti governo-industriali. «L'evoluzione dei rapporti all'interno del mondo sindacale ha inoltre determinato una situazione che rischia di sfuggire a ogni controllo. Il diritto allo sciopero si esercita senza freno e il concetto di contrattazione collettiva ha perduto ogni contenuto ». Politica energetica — Il bilancio è negativo. «Le forniture sono ispirate a criteri discriminatori nei nostri confronti — ha spiegato il commendator Rossi (Api di Modena) —. Si tiene solo conto del principio della dimensione, a tutto favore dei grandi complessi. Ora si profila l'eventualità di razionamenti. Chiediamo di essere interpellati, prima della stesura di un piano che preveda "tagli" di energia». Crediti bancari — Negli ultimi dieci anni l'equilibrio tra costi e ricavi è stato turbato L'ingegner Ambrogi (Api di Milano) ha sostenuto che «l'utile tende sempre più a ze ro e il credito bancario è il senc—c solo mezzo per riportare in equilibrio la bilancia». Collocamento della manodopera — Il dottor Chisò (Api di Brescia) ha contestato il fatto che i collocamenti siano in pratica gestiti dalle organizzazioni sindacali. «A volte dobbiamo assumere maestranze che non possiedono i requisiti necessari per le nostre attività produttive». Un panorama «desolante» che — secondo il presidente della Confapi, dottor Frugali — desta preoccupazione anche perché la struttura della piccola impresa non è affatto superata. Gli economisti più moderni stanno infatti ridimensionando il ruolo dei giganti dell'industria (che creano con le loro dimensioni problemi umani, sociali ed economici) a tutto vantaggio delle aziende minori. Tra gli obiettivi della categoria Frugali ha poi ricordato: la revisione delle leggi di credito agevolato, l'approvazione del decreto legge per istituire un fondo centrale di garanzia e una corretta forma giuridica per costituire consorzi di servizi. Il ministro Coppo — più volte chiamato in causa dagli oratori quale rappresentante del governo — ha preso la parola al termine del dibattito. «Sono tali e tante le istanze che mi avete rivolto, che mi sembra di essere considerato una specie di "ministro del muro del pianto"», ha esordito, attenuando con una battu¬ ta l'atmosfera tesa che regnava nella sala. «Le gravi questioni che avete sollevato testimoniano le difficoltà che ci stanno ancora davanti ». «Tuttavia — ha proseguito — le statistiche degli utlimi mesi manifestano sintomi di miglioramento. L'occupazione ha registrato, dopo anni, una ripresa anche nel settore industriale. Il grado di utilizzazione degli impianti è stato più elevato: 78,5 per cento nel terzo trimestre '73, rispetto al 77,3 del 1972 e al 76,4 di due anni fa; gli indici della produzione industriale sono saliti del 10-15 per cento; sono ripresi gli investimenti, sia pure in modo non ancora soddisfacente». Roberto Bellato Piccole e medie aziende "Siamo noi a pagare" Industriali di cinque regioni ad Alessandria Piccole e medie aziende "Siamo noi a pagare" Hanno non più di 100 dipendenti ma rappresentano il 55% dell'occupazione industriale • "L'attuale politica favorisce le grandi imprese anche se noi paghiamo gli stessi oneri sociali" - Rischio di numerose chiusure se i listini non saranno sbloccati (Dal nostro inviato speciale) Alessandria, 11 novembre. Le piccole e medie imprese temono di essere travolte dalla spirale inflazionistica. Guardano con preoccupazione al futuro: i costi delle materie prime sono raddoppiati, è impossibile non ritoccare i listini dei prodotti. Per molte ditte sembra si profili la minaccia della chiusura o di un ridimensionamento. La nostra economia attraversa un momento delicato e i piccoli imprenditori non vogliono essere esclusi dalla «stanza dei bottoni». L'aspirazione è legittima, se si tiene conto che l'industria minore — costituita da un mosaico di stabilimenti con meno di cento operai — rappresenta il 55 per cento delle forze di lavoro nazionali (su tre milioni di addetti nel settore industriale, due milioni e 300 mila dipendono dalle aziende di «piccolo cabotaggio»). I problemi della categoria dopo i «cento giorni», e le sue prospettive nel quadro di una visione globale della congiuntura economica sono stati presi in esame stamane nel corso di un convegno ad Alessandria. Circa 300 delegati — titolari di piccole e medie industrie del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, della Liguria e dell'Emilia Romagna — hanno preso parte ai lavori nella sala del cinema «Alessandrino», di via Verdi. Al dibattito, presieduto dal presidente della Confapì, dottor Fabio Frugali, è intervenuto il ministro Coppo. Un singolare incidente ha movimentato l'assemblea. Durante la discussione, «strane» interferenze (sigle, numeri cifrati} provenienti dagli altoparlanti hanno costretto in più occasioni gli oratori a interrompersi. Qualcuno ha subito pensato all'eventualità di intercettazioni e il senatore Coppo ha creduto opportuno precisare, con una punta di ironia, che era « in grado di escludere tentativi di spionaggio da parte della Confindustria». Più tardi si è saputo che il disturbo era provocato dalle autoradio della Croce Verde. II dottor Benzi, assessore all'Urbanistica della Regione Piemonte e piccolo industriale, è subito entrato nel vivo della polemica. «Dobbiamo essere allarmati perché, ora che sono terminati questi famosi "cento giorni", per noi potrebbe prospettarsi una Waterloo. I nostri operai normalmente rendono un terzo di quelli delle grosse imprese perché lavorano con macchinari vecchi. I prezzi del ferro, del cemento, dell'acciaio e del legno sono saliti alle stelle. Ci troviamo in posizione sfavorevole rispetto ai grossi industriali, ma lo Stato ci obbliga a pagare gli stessi oneri sociali ». / successivi interventi hanno permesso di mettere a fuoco il ventaglio degli altri problemi che ostacolano l'attività imprenditoriale. Approvvigionamento delle materie prime — «E' sempre più problematico — ha detto il ragionier Bonan (Api di Padova) —. Manca il materiale sul mercato. Quel poco che si riesce a trovare costa carissimo. Le condizioni di pagamento sono sempre più gravose ». Oneri sociali — «Sono aumentati, così come gli scioperi e l'assenteismo — ha spiegato il dottor Castiglioni (Api di Milano) —. L'imprenditore, un tempo esuberante e amante del rischio, è divenuto prudente e frustrato. Un ulteriore aggravio sarebbe fatale: dovrebbe essere scaricato sul prezzo del prodotto e diminuirebbe la competitività con le industrie straniere». Politica sindacale — Secondo l'ingegnere Marengo, dell'Api di Torino, la Confapi viene sistematicamente dimenticata nei contatti governo-industriali. «L'evoluzione dei rapporti all'interno del mondo sindacale ha inoltre determinato una situazione che rischia di sfuggire a ogni controllo. Il diritto allo sciopero si esercita senza freno e il concetto di contrattazione collettiva ha perduto ogni contenuto ». Politica energetica — Il bilancio è negativo. «Le forniture sono ispirate a criteri discriminatori nei nostri confronti — ha spiegato il commendator Rossi (Api di Modena) —. Si tiene solo conto del principio della dimensione, a tutto favore dei grandi complessi. Ora si profila l'eventualità di razionamenti. Chiediamo di essere interpellati, prima della stesura di un piano che preveda "tagli" di energia». Crediti bancari — Negli ultimi dieci anni l'equilibrio tra costi e ricavi è stato turbato L'ingegner Ambrogi (Api di Milano) ha sostenuto che «l'utile tende sempre più a ze ro e il credito bancario è il senc—c solo mezzo per riportare in equilibrio la bilancia». Collocamento della manodopera — Il dottor Chisò (Api di Brescia) ha contestato il fatto che i collocamenti siano in pratica gestiti dalle organizzazioni sindacali. «A volte dobbiamo assumere maestranze che non possiedono i requisiti necessari per le nostre attività produttive». Un panorama «desolante» che — secondo il presidente della Confapi, dottor Frugali — desta preoccupazione anche perché la struttura della piccola impresa non è affatto superata. Gli economisti più moderni stanno infatti ridimensionando il ruolo dei giganti dell'industria (che creano con le loro dimensioni problemi umani, sociali ed economici) a tutto vantaggio delle aziende minori. Tra gli obiettivi della categoria Frugali ha poi ricordato: la revisione delle leggi di credito agevolato, l'approvazione del decreto legge per istituire un fondo centrale di garanzia e una corretta forma giuridica per costituire consorzi di servizi. Il ministro Coppo — più volte chiamato in causa dagli oratori quale rappresentante del governo — ha preso la parola al termine del dibattito. «Sono tali e tante le istanze che mi avete rivolto, che mi sembra di essere considerato una specie di "ministro del muro del pianto"», ha esordito, attenuando con una battu¬ ta l'atmosfera tesa che regnava nella sala. «Le gravi questioni che avete sollevato testimoniano le difficoltà che ci stanno ancora davanti ». «Tuttavia — ha proseguito — le statistiche degli utlimi mesi manifestano sintomi di miglioramento. L'occupazione ha registrato, dopo anni, una ripresa anche nel settore industriale. Il grado di utilizzazione degli impianti è stato più elevato: 78,5 per cento nel terzo trimestre '73, rispetto al 77,3 del 1972 e al 76,4 di due anni fa; gli indici della produzione industriale sono saliti del 10-15 per cento; sono ripresi gli investimenti, sia pure in modo non ancora soddisfacente». Roberto Bellato

Persone citate: Ambrogi, Benzi, Castiglioni, Fabio Frugali, Roberto Bellato