E così va "Le Monde"

E così va "Le Monde" UNA VISITA ALL'AUTOREVOLE GIORNALE FRANCESE E così va "Le Monde" La sede è in un sobrio palazzo - I redattori detengono il quaranta per cento delle azioni della società Come i lettori forse ricordano. Stampa Sera ha seguito la guerra in Medio Oriente con i servizi dei propri collaboratori e degli inviati di Le Monde. Le corrispondenze dai fronti venivano pubblicate contemporanea mente a Parigi e a Torino. Da Parigi le traduceva Gianni Gambarotta, nostro redattore, che ora racconta come si lavora nel più autorevole giornale europeo. (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 4 novembre. « C'est la " Le Monde "? ». «Evidemment» Avevo letto che la sede era vecchia, un palazzo fine secolo, con grande orologio bordato in oro, abbastanza modesto e persino un po' triste. La strada però la immaginavo diversa, almeno la immaginavo una strada: invece rue des Italiens è quasi un budello fra due boulevards. L'atrio di «Le Monde» (tiratura 471 mila copie, più di un milione di lettori) è al numero 5: una scala con una decina di gradini, larga sì e no tre metri. René, il nipote del presidente del Senegal, Léopold Senghor, è nella guardiola. Deve chiudere la porta del suo sgabuzzino per permettermi di aprire quella che immette nel vano ascensore (al singolare perché ce n'è uno soltanto): è un locale di 8-10 metri quadrati; sulla sinistra una bacheca con comunicati sindacali, poi la scala con i gradini coperti di moquette azzurra. Sono le 23 passate. Al secondo piano c'è una centralinista, al quarto Gilbert (camicia di cotone a fiori con maniche corte; e il clima a Parigi è già freddo e piovoso) che fa la guardia alle telescriventi: tre per la «France Presse», non ricordo se due o una per la «Upi», una per la «Reuter», una per l'«Associated Press», e mi pare un'altra ancora. I non giornalisti non apprezzeranno questo particolare, ma non ce n'è una di troppo per un quotidiano che dà tanto spazio alla politica estera (una media di 25 colonne contro le 12 dedicate alla politica interna). In fondo al corridoio a sinistra, dopo l'ufficio di Michel Tatù, capo dei servizi esteri, filtra un po' di luce dalla stanza dei redattori del Medio Oriente: il conflitto è scoppiato da poco, qualcuno sta preparando un pezzo per domani. Per il resto il palazzo è deserto: «Le Monde» (contrariamente a quanto molti pensano) è un giornale della sera la cui prima edizione «va in macchina» verso le 13,20. C'è una «ribattuta» alle 15, poi redattori e tipografi vanno a casa e tornano la mattina dopo verso le 7,30-8. Speàalizzazione A vederlo così, fuori dagli orari di lavoro, non sembra neppure un giornale. Voglio dire: l'architettura interna è differente da quella di tutti gli altri quotidiani che ho visitato. La redazione, la cronaca, quegli stanzoni nei quali i giornalisti lavorano tutti assieme, non esistono. Ci sono tanti uffici, tutti stipati di libri: personali per i capi e con più scrivanie per i redattori, che stanno raggruppati a secon da delle varie specializzazioni: Medio Oriente, Europa Orientale, America Latina, economia politica interna, ecc. Dato che ho parlato di specia lizzazione, voglio subito dire qualcosa che a mio avviso è essenziale, uno dei fattori princi pali della serietà del giornale e dei servizi chiari, completi e in¬ formati che pubblica. La figura dell'«iiiviato speciale», di quel giornalista cioè che va ovunque ci sia la notizia, che scrive su qualsiasi argomento, che oggi fa un pezzo sulla guerra in Medio Oriente e domani ne farà uno su un sequestro di persona, non esiste. Qui ognuno segue solo argomenti che rientrano nel suo settore e nei quali è competente. "Veto" dei redattori Prendiamo ad esempio il ramo «Europa Occidentale». Quando succede qualcosa, per dire, in Italia che il corrispondente Nobécourt non può «coprire», è uno di questo settore che parte e fa il servizio. Quando ha finito ritorna in sede e riprende il lavoro redazionale, continuando sempre ad occuparsi della sua materia. Questa è una delle regole fondamentali sulle quali si basa «Le Monde». Mi hanno raccontato che solo una volta stava per essere assunto un inviato speciale, ma la cosa non andò in porto perché i giornalisti posero il loro veto. Ho detto «veto», e non proteste e scioperi che fecero desistere la direzione. «Veto» perché i redattori di «Le Monde» hanno il potere di opporsi a qualsiasi decisione non condividano. Questo può avvenire perché proprietaria di «Le Monde» è una società a responsabilità limitata, le cui azioni sono divise tra fondatori e associati (40 per cento), direttore politico e amministrativo (11 per cento), dipendenti (9 per cento), e società dei redattori (40 per cento). E' in base a questa quota del pacchetto che i giornalisti partecipano alla gestione dell'azienda e possono dire una parola definitiva su qualsiasi decisione, compresa la nomina del direttore. 11 loro assenso, ad esempio, è stato determinante il 21 dicem|bre 1969 quando il fondatore, Hubert Beuve-Méry, raggiunti i limiti d'età, è voluto andare in pensione per dare il buon esempio a tutti i colleghi, designando come successore Jacques Fauvet, tuttora in carica. Dunque i proprietari di «Le Monde» sono tutti quelli che lo fanno ogni mattina dell'anno, tranne le domeniche e il Primo Maggio: direttori, giornalisti, tecnici, tipografi, impiegati. Insomma tutti quelli che vi lavorano e i cui rappresentanti compongono un organo di controllo che verifica il bilancio. Questo — in base ai dati pubblicati recentemente su un opuscolo illustrativo — è così composto: entrate nette per circa 14 miliardi (dei quali il 59 per cento derivano dalla pubblicità), e uscite per 12 miliardi e mezzo. La voce principale tra le spese è la retribuzione del personale: 158 giornalisti (compresi 15 corrispondenti dall'estero e 10 stenografi), 388 dipendenti dell'amministrazione e 573 tipografi. Vediamo come lavorano queste persone seguendo la preparazione di un numero di «Le Monde». /I menò del giorno Il «via» viene dato in una riunione nell'ufficio del direttore alla quale partecipano i capi redattori e i capi servizio. In questi vertici (che hanno un loro cerimoniale imposto dalla tradizione e si svolgono ad esempio in piedi attorno al tavolo di Jacques Fauvet) viene deciso quello che si chiama il «menu» della giornata, cioè si compila un elenco di massima di tutti gli argomenti che entreranno in pagina, e si fissa lo spazio approssimativo che sarà dedicato ad ogni notizia. Questo in base ai servizi di agenzia, a quelli mandati da inviati e corrispondenti, a quelli (analisi, commenti, ecc.) scritti dai redattori, ciascuno secondo il proprio campo di competenza. Quando tutto questo materiale è «passato», arriva in quella che si chiama «segreteria di redazione». Qui c'è un apparente sdoppiamento redazionale: queste persone (circa una decina) sono di nuovo giornalisti. Ma hanno altri compiti: rivedono i pezzi, spesso fanno i titoli, e soprattutto decidono i caratteri da dare agli articoli e la loro collocazione, e infine dirigono l'impaginazione. Curano insomma tutta l'impostazione grafica. Altri personaggi importantissimi sono le segretarie, che non vengono utilizzate per prenotare alberghi o per battere le lettere a macchina. Il concetto in base al quale ne sono state assunte molte è questo: dal momento che un redattore costa caro bisogna farlo rendere, perciò è meglio sollevarlo da tutti quegli incarichi che possono essere svolti da altro personale. Di qui le segretarie che hanno compiti delicati, come ad esempio le ricerche d'archivio. Insomma, aiutano il giornalista a documentarsi in modo che possa poi dare al lettore un'informazione completa e obiettiva, che è lo scopo che «Le Monde» si prefigge. Scopo che — come ammettono gli stessi redattori — non sempre viene raggiunto, perché non sempre è possibile. Ha scritto Jacques Fauvet: «Il giornalista può astrarsi dalle sue convinzioni e dai suoi pregiudizi, ma mai dalla sua educazione, dalla sua scala di valori, dal suo ambiente, dalle sue esperienze». Gianni Gambarotta E così va "Le Monde" UNA VISITA ALL'AUTOREVOLE GIORNALE FRANCESE E così va "Le Monde" La sede è in un sobrio palazzo - I redattori detengono il quaranta per cento delle azioni della società Come i lettori forse ricordano. Stampa Sera ha seguito la guerra in Medio Oriente con i servizi dei propri collaboratori e degli inviati di Le Monde. Le corrispondenze dai fronti venivano pubblicate contemporanea mente a Parigi e a Torino. Da Parigi le traduceva Gianni Gambarotta, nostro redattore, che ora racconta come si lavora nel più autorevole giornale europeo. (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 4 novembre. « C'est la " Le Monde "? ». «Evidemment» Avevo letto che la sede era vecchia, un palazzo fine secolo, con grande orologio bordato in oro, abbastanza modesto e persino un po' triste. La strada però la immaginavo diversa, almeno la immaginavo una strada: invece rue des Italiens è quasi un budello fra due boulevards. L'atrio di «Le Monde» (tiratura 471 mila copie, più di un milione di lettori) è al numero 5: una scala con una decina di gradini, larga sì e no tre metri. René, il nipote del presidente del Senegal, Léopold Senghor, è nella guardiola. Deve chiudere la porta del suo sgabuzzino per permettermi di aprire quella che immette nel vano ascensore (al singolare perché ce n'è uno soltanto): è un locale di 8-10 metri quadrati; sulla sinistra una bacheca con comunicati sindacali, poi la scala con i gradini coperti di moquette azzurra. Sono le 23 passate. Al secondo piano c'è una centralinista, al quarto Gilbert (camicia di cotone a fiori con maniche corte; e il clima a Parigi è già freddo e piovoso) che fa la guardia alle telescriventi: tre per la «France Presse», non ricordo se due o una per la «Upi», una per la «Reuter», una per l'«Associated Press», e mi pare un'altra ancora. I non giornalisti non apprezzeranno questo particolare, ma non ce n'è una di troppo per un quotidiano che dà tanto spazio alla politica estera (una media di 25 colonne contro le 12 dedicate alla politica interna). In fondo al corridoio a sinistra, dopo l'ufficio di Michel Tatù, capo dei servizi esteri, filtra un po' di luce dalla stanza dei redattori del Medio Oriente: il conflitto è scoppiato da poco, qualcuno sta preparando un pezzo per domani. Per il resto il palazzo è deserto: «Le Monde» (contrariamente a quanto molti pensano) è un giornale della sera la cui prima edizione «va in macchina» verso le 13,20. C'è una «ribattuta» alle 15, poi redattori e tipografi vanno a casa e tornano la mattina dopo verso le 7,30-8. Speàalizzazione A vederlo così, fuori dagli orari di lavoro, non sembra neppure un giornale. Voglio dire: l'architettura interna è differente da quella di tutti gli altri quotidiani che ho visitato. La redazione, la cronaca, quegli stanzoni nei quali i giornalisti lavorano tutti assieme, non esistono. Ci sono tanti uffici, tutti stipati di libri: personali per i capi e con più scrivanie per i redattori, che stanno raggruppati a secon da delle varie specializzazioni: Medio Oriente, Europa Orientale, America Latina, economia politica interna, ecc. Dato che ho parlato di specia lizzazione, voglio subito dire qualcosa che a mio avviso è essenziale, uno dei fattori princi pali della serietà del giornale e dei servizi chiari, completi e in¬ formati che pubblica. La figura dell'«iiiviato speciale», di quel giornalista cioè che va ovunque ci sia la notizia, che scrive su qualsiasi argomento, che oggi fa un pezzo sulla guerra in Medio Oriente e domani ne farà uno su un sequestro di persona, non esiste. Qui ognuno segue solo argomenti che rientrano nel suo settore e nei quali è competente. "Veto" dei redattori Prendiamo ad esempio il ramo «Europa Occidentale». Quando succede qualcosa, per dire, in Italia che il corrispondente Nobécourt non può «coprire», è uno di questo settore che parte e fa il servizio. Quando ha finito ritorna in sede e riprende il lavoro redazionale, continuando sempre ad occuparsi della sua materia. Questa è una delle regole fondamentali sulle quali si basa «Le Monde». Mi hanno raccontato che solo una volta stava per essere assunto un inviato speciale, ma la cosa non andò in porto perché i giornalisti posero il loro veto. Ho detto «veto», e non proteste e scioperi che fecero desistere la direzione. «Veto» perché i redattori di «Le Monde» hanno il potere di opporsi a qualsiasi decisione non condividano. Questo può avvenire perché proprietaria di «Le Monde» è una società a responsabilità limitata, le cui azioni sono divise tra fondatori e associati (40 per cento), direttore politico e amministrativo (11 per cento), dipendenti (9 per cento), e società dei redattori (40 per cento). E' in base a questa quota del pacchetto che i giornalisti partecipano alla gestione dell'azienda e possono dire una parola definitiva su qualsiasi decisione, compresa la nomina del direttore. 11 loro assenso, ad esempio, è stato determinante il 21 dicem|bre 1969 quando il fondatore, Hubert Beuve-Méry, raggiunti i limiti d'età, è voluto andare in pensione per dare il buon esempio a tutti i colleghi, designando come successore Jacques Fauvet, tuttora in carica. Dunque i proprietari di «Le Monde» sono tutti quelli che lo fanno ogni mattina dell'anno, tranne le domeniche e il Primo Maggio: direttori, giornalisti, tecnici, tipografi, impiegati. Insomma tutti quelli che vi lavorano e i cui rappresentanti compongono un organo di controllo che verifica il bilancio. Questo — in base ai dati pubblicati recentemente su un opuscolo illustrativo — è così composto: entrate nette per circa 14 miliardi (dei quali il 59 per cento derivano dalla pubblicità), e uscite per 12 miliardi e mezzo. La voce principale tra le spese è la retribuzione del personale: 158 giornalisti (compresi 15 corrispondenti dall'estero e 10 stenografi), 388 dipendenti dell'amministrazione e 573 tipografi. Vediamo come lavorano queste persone seguendo la preparazione di un numero di «Le Monde». /I menò del giorno Il «via» viene dato in una riunione nell'ufficio del direttore alla quale partecipano i capi redattori e i capi servizio. In questi vertici (che hanno un loro cerimoniale imposto dalla tradizione e si svolgono ad esempio in piedi attorno al tavolo di Jacques Fauvet) viene deciso quello che si chiama il «menu» della giornata, cioè si compila un elenco di massima di tutti gli argomenti che entreranno in pagina, e si fissa lo spazio approssimativo che sarà dedicato ad ogni notizia. Questo in base ai servizi di agenzia, a quelli mandati da inviati e corrispondenti, a quelli (analisi, commenti, ecc.) scritti dai redattori, ciascuno secondo il proprio campo di competenza. Quando tutto questo materiale è «passato», arriva in quella che si chiama «segreteria di redazione». Qui c'è un apparente sdoppiamento redazionale: queste persone (circa una decina) sono di nuovo giornalisti. Ma hanno altri compiti: rivedono i pezzi, spesso fanno i titoli, e soprattutto decidono i caratteri da dare agli articoli e la loro collocazione, e infine dirigono l'impaginazione. Curano insomma tutta l'impostazione grafica. Altri personaggi importantissimi sono le segretarie, che non vengono utilizzate per prenotare alberghi o per battere le lettere a macchina. Il concetto in base al quale ne sono state assunte molte è questo: dal momento che un redattore costa caro bisogna farlo rendere, perciò è meglio sollevarlo da tutti quegli incarichi che possono essere svolti da altro personale. Di qui le segretarie che hanno compiti delicati, come ad esempio le ricerche d'archivio. Insomma, aiutano il giornalista a documentarsi in modo che possa poi dare al lettore un'informazione completa e obiettiva, che è lo scopo che «Le Monde» si prefigge. Scopo che — come ammettono gli stessi redattori — non sempre viene raggiunto, perché non sempre è possibile. Ha scritto Jacques Fauvet: «Il giornalista può astrarsi dalle sue convinzioni e dai suoi pregiudizi, ma mai dalla sua educazione, dalla sua scala di valori, dal suo ambiente, dalle sue esperienze». Gianni Gambarotta

Persone citate: Gianni Gambarotta, Hubert Beuve-méry, Jacques Fauvet, Michel Tatù, Senghor