Roma papale e giacobina

Roma papale e giacobina LA SINGOLARE RASSEGNA DI PALAZZO BRASCHI Roma papale e giacobina Il diverso atteggiamento di nobili, borghesi e popolani davanti alla Rivoluzione francese Roma, dicembre. Furono anni tempestosi, per Roma, quelli dal 1780 al 1800: una società bigotta e stagnante fu investita da idee propagate e poi imposte dalla Francia rivoluzionaria: una raffica da far volare le tube e anche le mitrie. La città era intellettualmente angusta e non aveva altra cultura che un'erudizione provinciale, accademica: vent'anni dopo, il Leopardi scriveva a suo padre di non aver trovato nell'Urbe un solo letterato o studioso aperto a problemi di politica, di filosofia, di filologia: s'interessano soltanto di accertare se un dato frammento o una moneta « appartenne a Marcantonio o a Marcagrippa ». Tatti Cesari I francesi goffamente, bruscamente, proposero e poi imposero all'Urbe di inserire la tradizione nella realtà storica e quindi di valutarne i contenuti: erano anni in cui il classicismo, ravvivato da un recente amore per le antichità, improntava non solo l'arte, la letteratura, la scuola, ma anche le coscienze: l'amor patrio discendeva da 11. In Roma si riconosceva la prima potenza sovrannazionale e da questa visione ecumenica non dissentiva la coscienza cattolica, che riscontrava una continuità provvidenziale tra impero e papato; e, naturalmente, la identificazione di Napoleone a Cesare o ad Augusto era di prammatica. Nella rievocazione dell'antica Roma, d'altro canto, non mancava il filone repubblicano, riassertore di autonomia nazionale e persino di particolarismo municipale, avverso ai monarchi divinizzati: ancora una volta Catone si opponeva a Cesare. La Francia, mentre inondava l'Europa con i principi dell'89, attingeva da Roma antica più che dalla Grecia il prestigio delle sue ideologie, ne adottava in modo teatrale titoli, atteggiamenti, mode: lo stile impero, la pittura di David nacquero di lì. In che modo reagirono i romani, uomini di formazione chiesastica o grettamente erudita, alla sollecitazione straniera? Come adeguarono la romanità magnanima degli eroi plutarchei e le armature di latta del Metastasio alle necessità dell'ora? Una mostra allestita a Falazzo Braschi, l'edificio grandioso che il papa Pio VI costruì per la sua famiglia, ricostruisce la storia di quegli anni attraverso episodi romani. Vi sono esposti documenti di grande evidenza illustrativa, tutti provenienti da collezioni capitoline o scovati nel bellissimo archivio borrominiano, o prestati da « romanisti », studiosi, raccoglitori di carte su bancarelle o pii custodi di memorie di famiglia: istantanee dal vero. Acquarelli, stampe, disegni, caricature, manifesti, atti pubblici e privati, polizze del Monte di Pietà, cedole del Banco di S. Spirito, schede elettorali, proclami, poesie celebrative o satiriche, ordinanze, come quella che impone ai proprietari di case dì tenere acceso la notte un lampione a loro spese «perché l'oscurità favorisce i birbanti», o quella che precisa il colore degli abiti per i senatori (manto scarlatto foderato in nero) e tinte meno appariscenti per i funzionari repubblicani di grado inferiore; vediamo la lista dei doni ricevuti da Donna Co¬ stanza Falconieri, quando, a quindici anni, andò sposa al Duca Braschi Onesti, nipote del papa: nozze celebrate nella Cappella Sistina, monili da far struggere il visitatore patito di antiquariato. Una serie di disegni acquarellati o stampe illustra passo passo il pontificato di Pio VI: 10 vediamo promuovere scavi archeologici, erigere obelischi, fondare istituti assistenziali, intraprendere costose opere pubbliche, come il prosciugamento delle paludi pontine, via via fino all'esilio. Al primo rombo dell'uragano francese, vediamo il papa ricevere a braccia aperte i primi profughi, il clero, le zie di Luigi XVI; rifiuta 11 gradimento al legato del governo rivoluzionario, un laico, condanna la costituzione civile del clero, celebra funzioni funebri in suffragio dei sovrani decapitati: l'esecuzione di Luigi XVI è rappresentata con indignazione, addio straziante ai figli, nobili parole dal patibolo. / /orti d'arte Dopo il misero esito della guerra, il Trattato di Tolentino (1797) impose dure condizioni al papa: abolizione del potere temporale, proclamazione della Repubblica Romana. Tra le riparazioni imposte, la più dura, la più dolorosa fu la consegna di 445 opere d'arte antica: la mesta sfilata di noti capolavori è il soggetto di molti disegni. Nemici del dispotismo ce n'erano soltanto nella borghesia intellettuale: professionisti liberali, artisti; che il popolo, come l'aristocrazia e il clero, era per il papa. Nel 1793, l'incauta propaganda provocò una sommossa. Il se¬ gretario francese Hugo de Bassville fu trascinato giù dalla carrozza e pugnalato; nel 1793, fece la stessa fine il generale Dupout. Ma molti meno famosi finirono accoltellati nelle stradette dei vecchi quartieri: in alcuni proclami rivelatori, il generale Berthier ammonisce gli abitanti di Trastevere a cessare la violenza («molti francesi sono stati vilmente assassinati... »), avvisa i preti che saranno ritenuti responsabili; invita i « cittadini parrochi » a far opera di persuasione affinché il popolo si astenga da gesti temerari; ma lo stocco infilato nella cintura è tipico del bullo e, come scriverà il Belli pochi anni dopo, « bono assai l'abbozza, mejo er cortello». Tra le raccomandazioni fatte ai parroci ce n'è una che soltanto uno straniero poteva fare a un romano: che dica a! popolo di « tenere a freno la lingua». Un abate, in occasione d'un pranzo offerto dal Bassville, al quale parteciparono alcuni nobili, improvvisa un sonetto con allusioni irripetibili; e, quanto al popolo, consiglierei il regista impegnato che si proponga di fare un film di questi anni tumultuosi di non presentare i discendenti dei Gracchi mascherati da accesi contestatori, come recentemente è accaduto a Giordano Bruno. Prima di farlo, si legga le pasquinate. Sono quasi tutte del genere di questa: Complesso di briganti li più Ani nati da padri ebrei e musulmani, Agli di calvinisti e luterani, inumani, tiranni ed assassini. Sono barbari cuori, empi e ferini perturbator di regni e di sovrani, d'altari e templi distruttori insani. Ecco appunto chi sono 1 Giacobini. Lidia Storoni