I tre volti del Kenya di Ferruccio Borio

I tre volti del Kenya Fra grandi ricchezze e una desolante povertà I tre volti del Kenya Nelle splendide zone residenziali, "boys" negri servono per compensi da fame - Poco lontano, l'inumana miseria di quartieri dove ancora si muore per avitaminosi - In questo quadro di tensioni sociali che, cresciute in silenzio, potrebbero esplodere all'improvviso, s'inserisce l'attività generosa dei missionari (Dal nostro inviato speciale! Nairobi, dicembre. Al tramonto, tornando dai monti Aberdare, sul ciglione di Rift Valley, Nairobi appare di profilo, una sagoma a punte sulla fascia rossa dell'orizzonte. Sono i grattacieli delle banche e delle compagnie di automobili, le torri degli alberghi, il cilindro del Kenyatta Center su cui si posano gli elicotteri, la pagoda del Kanu, gloria e vanto dei Kikuyu, i padroni del Kenya. E' domenica, la gita si conclude come nelle città europee. A venti chilometri, dopo Thika, ci blocca l'ingorgo. L'autista Joseph Ngenga avverte: « E' il " Fox Drive-in ", passo sul prato ». La strada ha tre corsie, ci sono tre colonne che avanzano a strappi. Cominciamo a superare solcando l'erba, ci precede un bus dei trasporti pubblici. Tento di contare le auto, devo smettere perche le colonne diventano quattro, poi cinque. Infine vedo lo smisurato schermo del « Drive-in », il serpente delle macchine si snoda sulla strada laterale. la nostra è libera e puntiamo verso la città. "Paradiso,, Ma il traffico non aspetta la domenica. Ci assale tutti i giorni. L'ora dell'angoscia è alle cinque, quando negozi, uffici, magazzini, banche, ministeri e fabbriche chiudono e mezzo milione di persone si riversa nelle strade. Fa caldo, il sole prende d'infilata i viali. In Africa aver fretta non significa correre, si cammina svelti. 1 giovani sono maggioranza. Molte le ragazze, gambe lunghe e dritte, calze color caffellatte che attenua il nero lucido della pelle. Sono le impiegate del governo, le commesse dei 15 mila negozi, dei 4 mila bar e piccoli caffè, le operaie delle manifatture, della E. A. Coffee and Tea, della Mumias Sugar, della Food D. C, della Kabera Biscuit, della P. A. Paper Mill, della K. Firestone. La folla in attesa dei bus straripa dai marciapiedi. Nella confusione sfilano le Mercedes dei notabili, i wagons americani (taxisti, indiani o trafficanti neri), le Volkswagen, le Fiat dalla 850 alla 132, le invadenti Toyota giapponesi. In periferia, parcheggi enormi di biciclette: le usano gli operai, dalla fabbrica alla stazione dei bus. Calato il sole, Nairobi si riduce ai suoi 700 mila abitanti, più i turisti, 3040 mila ogni giorno. A sera la vita corre sulle auto (non è consigliabile andare a piedi) oppure negli alberghi, nei « nights » controllati da robuste guardie o nelle case della comunità bianca, 40 mila residenti di cui 25 mila inglesi. Anche qui ci sono agenti privati ai cancelli con caschi e pastrani che ricordano Verdun. Nelle ville dei bianchi, gli « expatriates » (cioè gente che serve, ma in pratica è senza diritti di fronte ai citizens neri), rivive un mondo antico, una incrostazione coloniale inglese. 11 bianco è ancora il « buana » che in forza di una istruzione superiore sa come devono essere fatte le cose. A Muthaiga, Lavington, Westland, le tre zone residenziali che cingono la città (a Sud si allarga l'area in dustriale), sembra di entrare in paradiso. Le strade sono gallerie verdi, alberi stupendi, siepi esuberanti, fiori mostruosi. Ora qui, ora là scopri le case tetti a cuspide, verande, arcate, erba pettinata e lustra. Frutti sorprendenti (banana, man go, papaia, ananas, avocado) orti e fontane da Gerusalemme Liberata, piscine, maneggi. In questi splendori le nuove ladies si riuniscono a sera nel party: abito lungo, pettegolezzi, noia e nostalgia. I « boys » in giacca e guanti bianchi servono, cucinano, puliscono. « Non sono mai meno di tre, qui sarebbe disdicevole non averli, come mettersi fuori della società, mi dice Mr. Nervini, giovane funzionario di una grande azienda. Due mogli 1 boys sono attenti nel porgere il drink, non parlano, non sorridono; nei loro occhi di automi si cerca invano una luce, odiano? Mrs. Strazzeri, una donna affascinante, mi dice: « Nairobi, il turismo, il verde, questo cielo sono il volto ingannatore del Kenya, E' il volto falso. Quello vero bisogna scovarlo dietro la facciata. Frughiamo nelle baracche del parco. Si trova il cuoco di prima categoria a 520 scellini al mese (24 mila lire) due mogli, undici figli. E l'irreprensibile boy di 55-40 anni paga nell'Eastland un affitto di 200 scellini, cento per ognuna delle stanze-lodge dove ospita le due famiglie. Poi c'è il domestico a 220 scellini (16 mila lire) e anche lui ha famiglia. Come possono vivere? Allora gli faccio la spesa, gli regalo 40-50 scellini. Ma rimane un assurdo. E' questo lo scandalo, il serpe che fa il nido sotto le belle case di Nairobi ». Mrs. Strazzeri, italo-francese, una voce che incanta, è sa di comunicativa: poi il serpe uscirà dalla tana e farà crollare le case. Vada fuori città, dimentichi il tempio di Salomone; a pochi chilometri troverà la gente che vive di " poslw " una polenta di mais, e mangiano solo "posho" e non j ce n'è mai per tutti. Si ha un \ bell'essere frugali, ma le patate si coltivano per venderle 20-40 cents il chilo e soltanto una minoranza fortunata possiede il piccolo campo. CU altri hanno i bambini scalzi, le donne vanno a raccogliere radici, portano fascine di legna con l'ultimo nato avvinto alla schiena ». Mrs. Francoise Chàtelet, moglie di un diplomatico: « Vada « Prima o \ I | al lago Rodolfo, nella terra dei, safari, forse non troverà il leo- jne, ma gli Olomoro, i Turcana, i Samburu, c'è gente che vive di pesci e muore di avitaminosi ». Facciamo un po' di conti. L'alimentazione è il settore più a buon prezzo: ortaggi da 1 a 3 scellini il chilo (70-200 lire), carne da 2,50 « dog meat » (la mangiano anche i cristiani) a 11 scellini il chilo (800 lire) « fillet steak ». 11 vestiario diventa un problema: una camicia 60-80 scellini (6 mila lire), abiti fatti 850-1500 scellini (120 mila lire). Altri oggetti: scarpe da 50 a 100 scellini per uomo e da 200 a 400 scellini per donna (30 mila lire), valigia di vinyl 50x60 da 120 a 150 scel- \ lini, borsa per donna da 200 a 600 scellini, orologi da 120 a 850 scellini (70 mila lire, non d'oro), letto comune 1700 scellini, tavolo e 4 sedie da 2500 a 5000 scellini, una sedia comune da 50 a 200 scellini (416 mila lire). Quanto costa una casa? Le ville non hanno mercato: nessuno mette radici in un terreno che balla, si preferisce subire affitti alti da 1000 scelli- Per un " Pal " (appartamento) in città a 3-4 mila scellini (250-300 mila lire) il mese per il cottage. Guardiamo la situazione operaia: una stanza dove vive l'intera famiglia costa 80100 scellini al mese, un «fiat» misero 200-300 scellini. I salari. Lasciamo i bianchi, 3-10 mila scellini, lasciamo i privilegiati neri che a volle sembrano pervasi dalla frenesia di fare soldi, come se la casa dovesse bruciare. Parliamo della povera gente. Mr. Calamartino, impresario, dice: « La manodopera rende poco, ma che I si pretende da gente che costa | uno scellino all'ora? Sono 220250 scellini al mese ». Un metalmeccanico per contratto ha al mese. Soltanto le grandi società straniere pagano 400-500 scellini. , j *"£P • .f2^)1™ Nevi e sole Sono uscito nelle campagne. La Central Province è la gemma di Kenyatta. Sino al monte Kenya dove William Holden ha costruito un hotel hollywoodiano, a 3 mila metri tra sole e nevi, la «Central Province» raccoglie i due terzi delle scuole dello Stato, le « farms » ridistribuite, le coltivazioni intense, gli allevamenti più curati. Ma ho visto gente senza scarpe, capanne di paglia e sterco, bimbi affamati. Ho incontrato manovali che guadagnano 5060 scellini al mese (4 mila li¬ re). Fortunato chi ha la « chamba » e fa coltivare l'orto dalle mogli, la più vecchia dirige, le altre con i figli eseguono: il « posho » è più abbondante e qualche volta ha anche il sapore della carne o del latte. Stamane ho scoperto il terzo volto del Kenya, forse il più sconosciuto. Meru è un piccolo centro a 260 chilometri da Nairobi. Arrivo davanti alla cattedrale che domina il villaggio e la foresta. Chiedo del vescovo Bessone, di Pinerolo, creatore di 30 missioni, scuole, ospedali, acquedotti; sta dicendo messa. Entro dalla navata laterale: una folla di mille persone. Gente modesta, ma con l'abito migliore, anche sbrindellato, tenuto per la domenica. Ai colori sono assuefatto, esplosioni di gialli, rossi, azzurri, verdi, viola. Mi infiltro verso il vescovo bianco che dice messa tra i preti e i chierici neri. Nel silenzio si diffonde un tremito, è una cascata ritmica, una cadenza che cresce come rullio di tam tam: musica africana. Al posto dell'organo trenta neri agitano grosse zucche gialle. la magnwanga, l'unico strumento oltre alla voce. Al suono si accompagna il canto delle donne nelle prime file di fronte all'altare; è una nenia che lacera l'animo e lo addolcisce. Sento un controcanto, altre donne battono sulla mano una piccola croce, il gindiri, squillante come un timpano. Ricordo i tempi della mia infanzia, 40 anni fa. nelle campagne del Piemonte. I mille muovono spalle e braccia a sussulti, ancheggiano con mosse leggere, il vescovo dice messa. A tratti il coro cessa, si prega; un segno di croce, la danza ricomincia. Rito pagano? Compromesso tribale? Il prete alza le braccia e i mille cadono in ginocchio. Un sommovimento circolare: ognuno porta la sua offerta, pochi cents, all'altare; e la marea si ricompone. Ho vissuto una scena mistica come forse in nessun'altra chiesa del mondo cristiano. 11 gindiri delle donne di Meru è un bastoncino su cui vibrano sei tappi di bottiglie della birra. Ferruccio Borio Nairobi. Il palazzo del ministero dell'Interno (a sinistra) e l'albergo Hilton