Gli egiziani sono delusi dalla neutralità russa di Sandro Viola

Gli egiziani sono delusi dalla neutralità russa Gli egiziani sono delusi dalla neutralità russa C'è un discreto ottimismo nel Paese, ma Heikal, direttore di Al Abram, si fa portavoce di preoccupazioni per il ritiro delle truppe dal Sinai ( Dal nostro inviato speciale ) Il Cairo, 21 dicembre. «Di falchi» scrive oggi l'ut- ficioso Journal d'Egypte, «ce n'è dovunque: in Israele, cer- to, ma anche nel mondo ara-ho». Gli egiziani sì sono sedu- ti stamane, a Ginevra, al loro tavolo della conferenza di pa- ce, del tutto consci di esporsi verranno da alcuni «Paesi fra telli». Ma è un rischio che agli attacchi che potrebbero venire, che quasi sicuramente hanno voluto correre, perché la tesi prevalente, qui, è che il solo essere riusciti a giungere a una conferenza di pace (il cui oggetto fondamentale è. non bisogna dimenticarlo, il ritiro degli israeliani dai territori occupati) rappresenti comunque un successo. Il sentimento che sembra di cogliere, è una sorta di emozione. «Tutto il .mondo», ha detto radio Cairo stamane aprendo i programmi, «guarda a Ginevra». La conferenza | potrà dare — continuano a I credere gli egiziani — risili1tati i-mVortantì. E un edìI toriate di Al Ahram ne ìndica 1 con un impeto non privo di 1 Pathos, uno dei dati: la fine clel conflitto eliminerà le cau\ se del ritardo egiziano «da \ Quello che è il nostro obietti| vo principale, e cioè lo svilup- po economico, la crescita so ciale... perché il conflitto rap presenta un ostacolo che im pedisce agli arabi di stare al passo col progresso della civiltà moderna». Solo Heykal si dice pessimista. Nel suo articolo settimanale, il direttore di Al Ahram si dissocia dalle posizioni ufficiali quasi tutte improntate a una certa fiducia, e dice di non farsi alcuna illusione. E' la piccola sorpresa della giornata, perché ieri era corsa voce che l'articolo di Heykal (giornalista solo a metà, e per l'altra uomo di Stato) avrebbe avuto toni di attesa cauta, ma non negativa, nei confronti dei lavori della conferenza. Sì, certo, dice pressappoco i Heykal: Ginevra può essere utile nella misura in cui servirà a saggiare le vere intenzioni delle parti. «Ma non ere- ] do», aggiunge, «che essa pos-1 sa rappresentare la passerella tra la guerra e la pace». Perché? Per tre ragioni sostanziali. Israele non vorrà concedere che poco, e questo poco al prezzo di trattative interminabili, dilazioni, cavilli. Al massimo — prevede Heykal — lo sgombero della sacca costituita dal generale Sharon sulla riva africana del Canale, e il ritiro delle sue truppe nel Sinai sino ai passi montagnosi, una quarantina di chilometri dalla via d'acqua. Ciò che per l'Egitto non è affatto sufficiente. Seconda ragione, l'atteggiamento dell'America. In esso non c'è, ritiene il direttore di Al Ahram. alcunché di nuovo. Basta pensare che Kissinger ha accusato gli europei di non avere capito che una sconfitta israeliana avrebbe rappresentato una sciagura per il sistema atlantico, lì ha rimproverati di non aver consentito l'uso dei loro aeroporti per l'invio degli aiuti americani a Israele, e infine ha promesso all'Olanda di rifornirla di tutto il petrolio che serve al Paese, vanificando così il blocco petrolìfero dei Paesi arabi. Israele, dunque l'America: ma Heikal non è molto soddi| sfatto neppure dell'atteggiamento sovietico. I sovietici i «parlano della crisi nel Medio | Oriente con un tono assai più i pacato di quanto non sarebbe | necessario, e in una chiave che tutto sommato impedisce a molti di capire esattamente cosa dicano...». E' vero, prosegue l'articolo, che l'amicizia con l'Unione Sovietica resta di importanza fondamentale. Ma insomma, per quanto riguarda la conferenza, l'apparente distacco di Mosca è uno dei fattori che non spingono ad essere ottimisti sui risultati. Quale significato bisogna dare alla sortita di Heikal, in che misura il suo articolo riflette la posizione di Anwar el Sadat? Non è facile rispondere perché diciotto anni di nasserismo hanno dato alla politica egiziana (al suo linguaggio, al gioco delle parti) caratteri in certo modo enigmatici. Ciò che ha le sue conseguenze anche ora, in piena «denasserizzazione». Ma l'opinione degli osservatori occidentali è che la posizione dì Heikal potrebbe essere tattica, un modo per tenersi — lui personalmente — un po' distaccato dall'incerta vicenda di Ginevra, o di costituire una via di ritirata, per quando si profilasse un fallimento, al gruppo dirigente del Cairo. Ma è innegabile che con tutte le cautele di linguaggio possibili, malgrado i timori circa le azioni di disturbo che potrebbero venire dai Paesi arabi che non volevano la conferenza, in ogni conversazione si finisca con l'avvertire un timbro speranzoso che rasenta l'ottimismo. Apparentemente, certo, non ce ne sarebbe ragione, visto che si sa come e quanto formale sarà questa fase della conferenza, e visto anche che sulle linee del cessate il fuoco si spara in questi giorni (68 incidenti martedì, 39 mercoledì) più che nelle prime settimane dopo l'armistizio. Forse c'è qualcosa sotto, forse è vera la voce che corre, secondo la quale Kissinger avrebbe assicurato Sadat che il disimpegno delle forze in campo (cioè, più o meno, il famoso ritorno alle linee del primo cessate il fuoco) avverrà senz'altro prima della fine dell'anno. Sandro Viola

Persone citate: Kissinger, Sadat